Dopo la battaglia

Serie: La maledizione di Arianrhod


Scese la sera sul campo dove il nostro re – l’unico re al quale avrei sacrificato la vita se solo avessi avuto l’occasione di proteggerlo – trovò la morte, sopraffatto dal suo nemico. Avrei in seguito scoperto che anche il tiranno aveva subito delle ferite mortali per mano di Mordred, seguendolo nell’aldilà dopo pochi minuti. L’usurpatore si era macchiato di crimini così indegni di un uomo, che chiunque al posto suo si sarebbe accecato piuttosto che osservare ogni giorno il frutto dei propri peccati. Ma lui non era un uomo, era un essere selvaggio, ed uno scettro tra le fauci non fa di un lupo un re: quando la sua posizione s’indebolì e tutti gli consigliarono di abdicare a favore di Mordred, l’erede legittimo, suo parente e mio amato signore, egli preferì la via della guerra, che portò solo tanta rovina. Il suo sanguinario regno meritava di essere ricordato come il peggiore della nostra storia: la sua superbia rese infatti il paese troppo debole per respingere, tempo dopo, gli invasori provenienti dal continente. Ma i ricordi, ahimè, anelano all’oblio… e la verità si disperde nei secoli, mischiandosi alla fantasia, e ciò che consideriamo il male diventa poi il bene, giacché la storia si costruisce sulle illusioni e i grandi eventi su astute falsificazioni, e fu così che a lungo i poeti, accecati dalle favole, celebrarono le gesta di Arthur Pendragon, il falso re.

La battaglia si era dunque conclusa con la fuga generale di entrambi gli eserciti, quando all’improvviso mi ritrovai nell’oscurità. Udii la voce di Sir Gareth chiamarmi nella notte: “Avanti Sir Hardwin, svegliati subito, dobbiamo andare via di qui!”. Dovevo essere svenuto mentre scappavo insieme al resto dei nostri uomini. Afferrai la mano del valoroso paladino e, sollevandomi fino a raggiungere le sue spalle, lo abbracciai piangendo: “Oh Sir Gareth, sei proprio tu? Siamo perduti, amico mio, siamo perduti!” – “Ti prego, sta venendo il freddo. Siamo sopravvissuti alla guerra, vuoi diventare cibo per le bestie proprio ora che è tutto finito?”. Senza aspettare la mia replica, Sir Gareth s’incamminò trascinandomi per il braccio. Vagammo a lungo, nel buio, alla ricerca di un riparo, chiedendoci che fine avessero fatto i nostri compagni. Il mio ultimo ricordo prima di perdere i sensi era stato la vista intollerabile del corpo del sovrano, abbandonato per terra, dimenticato persino dai suoi soldati. La disperazione stava per sopraffarmi, quando all’improvviso ci imbattemmo in quello che, alla luce della luna e delle stelle, pareva un antro scavato nella roccia, all’interno di un piccolo colle. “Siamo stati molto fortunati, credevo che avremmo passato la notte sull’erba”, gioì Sir Gareth, e ci addentrammo nella caverna.

Una volta sistemati nella posizione più comoda per dormire, stretti l’uno accanto all’altro e riscaldati dal mantello logoro del mio compagno, ripresi a piangere nel silenzio della notte. Sir Gareth se ne accorse e, sospirando, disse: “Rassegnati, Hardwin, ormai la battaglia è finita” – “Sì, ma perché siamo stati sconfitti? Non riesco ad accettare che Arthur l’abbia ucciso…” – “E io non riesco a capirti”, reagì innervosito il cavaliere, aggiungendo poi con tono più calmo: “Abbiamo seguito il sovrano in cui credevamo, combattendo per lui anche a costo della vita. Ma ora Mordred ha perso, e niente ci lega più a lui”. Replicai con rabbia che non avrei accettato di servire nessun altro sovrano. Poi sollevai gli occhi verso l’alto, rivolgendomi forse a me stesso, forse al mio compagno, forse a Dio, e mormorai disperato: “Che senso ha vivere, e combattere fino a esaurire ogni forza, se poi sbagliamo, falliamo, moriamo? Ci toccherà proseguire sempre a tentoni sul sentiero della vita, cadendo in mille trappole e imboscate? Giurai che sarei morto per difendere il re: son valse a qualcosa quelle mie parole? Ora egli giace su un campo sterile e i corvi litigano per dividersi la sua carcassa. Non mi è nemmeno venuto in mente di tornare indietro, di cercarlo tra i cadaveri per dargli una degna sepoltura… un uomo giusto e valoroso come lui meritava forse il destino che ha avuto? Povero infelice, assassinato da chi portava il suo stesso sangue…” – mi afferrai la testa tra le braccia, premendo con forza – “…il sangue, da cui la vita inizia… eppure è nel sangue che ci danniamo…”. Allora sentii Sir Gareth russare, e mi addormentai anch’io, sfinito. 

Serie: La maledizione di Arianrhod


Avete messo Mi Piace1 apprezzamentoPubblicato in Fantasy

Discussioni