Il Sistema della mappa

Serie: L'ombra del Sole


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Federico si sottopone a un enigmatico test, che rivela il suo legame con un bambino speciale

Erchomai è piccolino, appoggiati al naso ha due occhiali decisamente troppo grandi per il suo viso smunto. 

Non ho capito bene dove stiamo andando, so solo che Eike gli ha ordinato di “farmi vedere una cosa”, e ora sto scendendo nei cosiddetti sotterranei, che, da quanto ho capito, sono costituiti da tutto ciò che si trova sotto Aleria.

Erchomai mi prende la mano; al contatto con la sua, fredda, sento l’istinto di ritrarmi. 

È minuscola, composta da ossicini un po’ storti che affiorano da sotto la pelle.

È incredibile come conosca perfettamente la strada; sembra praticamente casa sua, questa, come se avesse percorso questi corridoi già centinaia di volte. 

I suoi occhi dall’espressione dolce vedono perfettamente nell’oscurità, e permettono al suo corpo di bambino di muoversi con sicurezza, a differenza del mio, goffo e decisamente non in forma.

Ecco, ha trovato una lastra che fa da porta. La porta.

Afferra la maniglia di metallo e la lastra si apre cigolando.

La luce esterna dei lampioni viene inghiottita e scompare, mi ritrovo in penombra, la flebile luce viene dal fondo del corridoio.

L’unico suono che sento è il palpitare del cuore del bambino e il suono ritmato delle gocce d’acqua che scendono dal soffitto. 

Per il resto, un silenzio desolante.

Non ho la più pallida idea di dove siamo, né di cosa ci facciamo qui.

Vedo Erchomai allontanarsi di qualche passo, dandomi la schiena, e, qualche secondo dopo, lo sento rovistare tra alcuni barattoli di vetro; le mani del bambino si muovono rapide, sembrano due grossi ragni spaventati.

“Cosa stai facendo?” sussurro, preoccupandomi del rimbombo delle mie parole.

“Ecco” dice Erchomai soddisfatto, ad alta voce. Non vedo il suo volto, ma so che sta sorridendo. Si volta e mi mostra una mappa dall’aria antica, piena di scritte indecifrabili e linee curve, con una cancellatura grumosa che mi incuriosisce.

Me la mostra, ma io non ci capisco niente. Vedo solo tre lettere in basso, scritte grosse con dell’inchiostro nero: ATP.

“Che è?”

“Aleria. L’ATP è il Governo. Il capo è Eike. Controlla e gestisce tutto, e studia sempre per farci uscire da qui. Guarda, ci sei anche tu.”

Indica in alto al centro.

“Fari” leggo ad alta voce, senza però capire.

“Ecco. vuol dire che è il tuo nome. E qui vicino ci sono io.”

“No, non è il mio nome… Io mi chiamo Federico” protesto: la mia identità è l’unica cosa che mi resta, che non mi tolgano pure quella.

“Tu ti chiami Fari. Il nome è importante, Fari. Se c’è, deve avere un senso, e può aiutarci ad uscire” mi comunica con fare saccente, e io devo impegnarmi per non lasciare intravedere la mia irritazione: in base a cosa si è deciso che mi devo chiamare così?

Realizzo ora che probabilmente nessuno si chiama per davvero Erchomai o Tauta o Eike, sono nomi inventati… Ma continuo a non afferrare pienamente i concetti. E il motivo di tutte queste scelte idiote.

“Scusa, ma in base a cosa io sono Fari? L’avete deciso voi?” lo interrogo, lasciando trapelare una punta di fastidio nella mia voce.

Erchomai si lascia andare a una risata.

“No, compare sulla mappa!” risponde, come se fosse cosa ovvia.

“Cioè, spiegami, io entro in questo posto e, a caso, esce il mio nome su questo foglio?”

“Esatto! So che sei Fari perché sei vicino a me, vedi?” mi spiega.

Sto iniziando a chiarirmi qualche punto, ma ho bisogno di sapere di più.

Fisso gli occhi sulla mappa e vedo un grumo di scritte isolate; curioso, lo indico a Erchomai, anche perché, tra le scritte, intravedo il suo nome.

Lui batte le mani felice.

“I politematici! Li devi conoscere, li devi conoscere! Sono fantastici!”

“I che?”

“I politematici, il gruppo più famoso di Aleria! Vedrai che ti piaceranno un sacco, vieni!”

Mi prende all’improvviso per il polso, buttando a terra la mappa con la cancellatura e guidandomi fuori dai sotterranei, per una strada sconosciuta.

“Erchomai, penso che sia meglio avvisare Eike…” gli faccio notare.

“Chissenefrega di Eike! I politematici sono più importanti.”

***

Ci stiamo dirigendo verso un palazzo dall’aria elegante e fine; farei volentieri a meno di entrarci, soprattutto perché sono piuttosto sicuro che non mi sia permesso farlo.

“Eccoli!” mi tira Erchomai, rischiando di farmi inciampare.

Indica due ragazzi solitari, persi nella nebbia. Vicini sono bizzarri, uno segaligno e l’altro mastodontico; se ne stanno ognuno nel proprio mondo, a leggere seduti sul ciottolato davanti all’imponente edificio.

“Aireo!” chiama a voce alta Erchomai, scuotendo il braccio libero.

Il ragazzo magro alza la testa, indirizzandogli un’espressione gioiosa e furba; sposta lo sguardo su di me e si fa più cupo, ma non smette di sorridere. Ha un cappotto troppo largo e una camicia bianca, che in realtà tanto bianca non è: ha un’enorme macchia di succo al centro.

È un bel ragazzo. 

Occhi da gatto, capelli mossi che gli nascondono parte del volto, pelle quasi trasparente coperta di stelle di lentiggini.

E un sorriso beffardo che mi inquieta; i denti un po’ storti che gli danno un’espressione ancora più malevola.

“Guarda! Lui è Fari, il mio Corrisposto!” esordisce eccitato Erchomai. 

Il suo entusiasmo mi fa sorridere, è una scintilla di luce in questo buio eterno.

Aireo non risponde, voltandosi invece verso l’altro ragazzo, ancora immerso nel proprio libro. 

Lo guarda con i suoi occhi vispi e limpidi; sono verdi, verdi come il fondo di una laguna, come il muschio che cresce a fine ottobre sui pini.

Gli scuote lievemente la spalla, richiamando la sua attenzione.

“Oh, il nostro fratellino ha trovato il Corrisposto” lo informa con voce leggermente stridula.

“Bene.”

Erchomai sembra ferito, ma copre tutto con un sorriso tirato e continua la propria spiegazione.

“Loro sono i miei fratelli; cioè, due dei miei fratelli, ce ne sono altri quattro. Comunque, loro sono Aireo e Orao e li trovi spesso qui davanti al Palazzo. Gli altri invece stanno sempre in giro, tipo nei magazzini, o nei sotterranei, o in biblioteca, o al mare, o nell’osteria… Siamo politematici, siamo speciali! E siamo speciali perché-“

“Senti, logorrea, non è che puoi toglierti dal cazzo?” gli toglie la parola Aireo, con una bruschezza che non mi sarei mai aspettato.

Erchomai annuisce malvolentieri, afferrandomi nuovamente il polso e trascinandomi dentro il Palazzo.

Serie: L'ombra del Sole


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