
La figlia del regicida.
26 febbraio 1455.
“è stato come bere un infuso di belladonna” mi disse l’archivista della prigione “la rivoluzionaria più ricercata della città, Irene Reggioli in persona, era proprio davanti a me, con le mani libere, accompagnata solo dal capitano Eleonora che non la teneva nemmeno sotto tiro: nessun tentativo di fuga, nessuna minaccia e nemmeno una parola. I documenti li ho compilati solo grazie al capitano. L’unica mossa spontanea da parte sua è stata porgere i polsi per farsi mettere i ceppi. Basta”
Qualche giorno prima, il neo-consiglio del regno di Antisi mi spedì via carrozza una missiva al monastero di San Barbero, dove risiedevo, per ritornare a far da giudice proprio a Irene Reggioli. Nonostante i miei settant’anni suonati non ho atteso un secondo a fare le valige.
Una volta giunto al massiccio tribunale, l’archivista mi diede un plico di due fogli: uno era il suo manifesto più recente e l’altro di un uomo dai lineamenti austeri: il padre Fiero Tela, rinominato Fiero Reggioli. Era tutto ciò che ci era dato conoscere di lei. Durante l’udienza preliminare i testimoni delineano ritratti contrastanti ed è con questa visione laconica che il 21 marzo mi siedo al banco del giudice in attesa di sottoporla a giudizio.
Sotto gli occhi bendati della Dea della giustizia si apriva una sala fremente. Il banco dei giudici è tutto un mormorio. Afferrai il martelletto con mano tremolante. Tre colpi e detti il permesso di portare l’imputata.
La porta cigolò. Passi scanditi rimbombarono sul legno degli spalti. La sala cadde nel silenzio. Allungai il collo verso il sottile corridoio tra gli spalti e, finalmente, la vidi.
Vidi i suoi capelli unti e cadenti, il viso pallido, gli occhi scuri e il corpo scarno sotto la camicia sfilacciata. Non aveva affatto un aspetto imponente eppure notai le guardie starle ad una distanza superiore ai due passi e il pubblico trattenersi dal gettare invettive.
Lei alzò lo sguardo su di me e, destabilizzato mio malgrado, iniziai a fare domande di routine:
«Mi confermi il tuo nome e cognome?»
«Irene Reggioli» rispose lei con freddezza.
«Quanti anni hai?»
«Venticinque»
«Professione?»
«Direi… la ladra?» la vidi tremare e stringere le catene tra le mani.
«Dov’è nata?»
«I miei genitori viaggiavano di continuo, non lo ricordo»
Qui vengono in aiuto le ricerche preliminari usando il nome del padre:
«Nell’anagrafe del Borgo di San spirito della Costa vi è segnata una Irene da Lis, nata nel 13 novembre del 1430, da Maria da Lis e Fiero Tela»
«Sì, mi riconosco» risponde lei indifferente.
«Il cognome Reggioli, lo hai adottato o ti è stato dato dalle autorità»
«Me lo hanno dato perché ero la figlia di un regicida e quindi l’ho accettato come mio» risposta interessante.
«Bene, vediamo… lei è accusata di omicidi, brigantaggio, ribellione e tentato regicidio plurimo. Vuoi confermare le accuse?»
«Sì» quell’affermazione era insolitamente decisa.
«Se volete, questo è il momento propizio per rivalutare queste tremende accuse, ne sei sicura?»
«Sì, signor giudice» risponde decisa
Mi tolsi gli occhiali e la guardai confuso:
«Scusa la domanda personale ma… quante speranze credi di avere nell’ottenere un perdono ufficiale?»
Lei emise una risata nervosa:
«Speranze?» mormora «quelle le ho perse già da diciotto anni»
Si appoggiò sullo schienale della sedia e fece un profondo e tremante respiro:
«Io… sono qui solo per vedere che fine farò»
Guardando gli elementi che componevano la giuria, non riuscii a darle torto: se fosse riuscita ad ad essere perdonata, sarebbe stato niente meno che un miracolo.
Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Fantasy
La triste consapevolezza di chi non deve temere nulla in quanto non ha mai avuto nulla da perdere, avendo perso tutto prima di iniziare
Bellissima questa frase <3
Ho trovato la protagonista Irene Reggioli, una figura enigmatica e complessa, con un passato oscuro e un atteggiamento che oscilla tra la determinazione e la disperazione.
Il giudice, invece, un personaggio più riflessivo e empatico, che sembra cercare di capire la verità dietro le accuse.
Il linguaggio, secondo me, è ben inserito, nel contesto storico che hai scelto e mi ha lasciato con molte domande e riflessioni.
Son felice di aver incuriosito.
☺️