
Non esistono donne frigide
Mi ero alzato alle sei, un po’ prima del solito, ma, sveglio nel letto e senza desiderio di dormire non sapevo stare. Dopo un caffè e una sigaretta accesi il computer e cominciai a scrivere. Sono impagabili quei momenti in cui il racconto esce da solo, senza sforzo, e ogni parola, ogni frase e ogni paragrafo non bisognano di ritocchi, crei una realtà che è solo tua, un universo parallelo dove ciò che immagini accade davvero.
Mi uscì un racconto quasi fiabesco, ambientato nei boschi slovacchi, mi piaceva e non vedevo l’ora di mandarlo a Nives, la correttrice di BooksEdition che, peraltro, era sempre entusiasta di ciò che la costringevo a leggere.
Decisi che meritavo un altro caffè e mentre lo zuccheravo entrò in cucina Elly.
«Buongiorno amore!» dissi con sincero slancio.
Lei bofonchiò qualcosa di incomprensibile e si impossessò della tazzina bevendone il contenuto senza neanche chiedere cosa fosse. Poco male: rifeci immediatamente ciò che mi meritavo.
«Ho scritto un bel racconto stamattina, vuoi leggerlo?»
«Fanculo, lascia che mi svegli» rispose infastidita.
Non replicai considerando fosse giusto lasciarle il tempo di rientrare tra i vivi. D’altronde, conciliai, me l’ero preso anch’io quel tempo, mentre lei dormiva.
Attesi che terminasse tutte le operazioni mattutine che la trasformavano in donna adorabile e desiderabile e quando uscì dal bagno le ripetei:
«Ho scritto un bel racconto stamattina, vuoi leggerlo?»
«Ma sei un deficiente?» mi urlò, «me l’hai già detto! Fammi un caffè, piuttosto!»
Preparai caffè per entrambi. Lei, sorseggiandolo, si accese una sigaretta, poi, un po’ più morbida, schiacciando il mozzicone nella tazzina, sbuffò e disse:
«Andiamo a leggere questo capolavoro, chissà che non mi raddrizzi la giornata».
Girai con premura lo schermo verso il suo viso, che non avesse da sforzarsi nel leggere. Vedevo i suoi occhi scorrere sulle righe senza nessuna emozione. Considerai avesse letto cinque o sei righe prima che sbottasse:
«Sei il solito coglione, ti atteggi a scrittore ma sei di una banalità assoluta, le tue storielle vanno bene per ragazzini scemi e lacrimosi! Ma cresci che è ora. Non vali niente, non riuscirei a leggere due pagine di ciò che scrivi».
Era il suo modo di fare ma sapevo, dentro di me, che amava i miei racconti.
«Perché non vai nell’orto? Almeno non rompi le palle e fai qualcosa di utile» suggerì.
In silenzio scesi in garage, mi infilai gli stivali, e uscii dietro casa: decisamente l’orto, dopo la pioggia primaverile, necessitava di una sistemata. Affrontai con coraggio il fango sprofondando fino alle caviglie, ogni vangata era una fitta alla schiena e dopo un po’ ero stufo:
«Basta! Porca Puttana!!!»
Ripassai dal garage senza togliermi gli stivali e rientrai in casa lasciando vistose macchie di fango sul pavimento, lei stava aspirando con cura i pochi peli che il nostro gatto lasciava, con parsimonia, sul tappeto. Era già piegata quando le tolsi la scopa elettrica dalle mani lasciandola cadere sul pavimento. Le torsi il braccio dietro la schiena e la costrinsi a novanta gradi contro la spalliera del divano:
«Bastardo, mollami, mi fai male!» gridò.
Incurante del suo imprecare e del suo dimenarsi le alzai la gonna sulla schiena e le strappai le mutandine bianche, le macchie di fango che le mie dita lasciavano sulle sue natiche mi eccitarono e così la presi.
Come sempre fu accogliente.
«Sei un figlio di puttana, un sadico, un maiale!»
Più imprecava e più vigore davo ai miei colpi.
«Sei una cagna, non dirmi che non ti piace, troia!»
Nell’insultarla la schiaffeggiavo sulle natiche lasciando sulla sua pelle lattea impronte che mi ricordarono la visita fatta in estate alle grotte di Lascaux.
Avvertii la sua prossimità all’orgasmo da quanto strizzò le cosce e dal suo mugolio continuo, lamentoso ed estremamente eccitante che portò anche me al meraviglioso inno alla vita. Mi ritrassi a metà del suo urlo e inondai la sua schiena, poi la abbracciai, incurante di impiastricciarmi con ciò che avevo spruzzato. Dopo qualche minuto, ripristinata la regolarità del respiro le sussurrai:
«Questo sì che è amore»
«È stato anche più bello dell’altro giorno» rispose, girandosi sorridente.
Guardai il suo pallido culo e il pavimento.
«Ho fatto un bel macello» dissi.
«Non importa amore, ne è valsa la pena.»
Andammo in bagno a lavarci, lo facevamo vicendevolmente, con piacere.
Poi pulimmo garage, scale e sala: nessuno che fosse entrato avrebbe mai immaginato quanto accaduto tra quelle mura.
Uscimmo sul terrazzo a fumarci una sigaretta, Elly mi guardò, più o meno seria:
«Ernest, ma siamo normali io e te a fare queste sceneggiate?»
Era una domanda che mi ero posto molte volte e le risposi:
«Se piace a te come piace a me e considerando che non facciamo del male a nessuno, direi di sì, amore mio».
Raquel lesse le due pagine tutte d’un fiato.
«Non sognarti di mandarlo a Nives! Tutti quelli che ci conoscono penserebbero che noi… no, no, no, se mi ami ancora un po’ non farmi questo!» sembrava sul punto di piangere.
«L’ho fatto apposta» replicai, «devi smetterla di pensare che ogni cosa che metto nero su bianco sia riferita a noi due. Mi fai pesare storie d’amore che non ho mai avuto, mi rimproveri per viaggi da solo che non ho mai fatto e ti lamenti perfino di ciò che sognano i miei personaggi. Questo dovrebbe convincerti che ciò che scrivo è solo fantasia visto che sono almeno sette mesi che non ci sfioriamo neppure» Lo dissi con stizza sapendo che me lo potevo risparmiare.
«Quindi è per questo che dai sfogo alla tua libidine scrivendo queste porcherie. Mi rinfacci la mia frigidità?»
Patetica e disonesta pensai.
«Non esistono donne frigide ma solo uomini stupidi ed io lo sono, evidentemente.»
Era il momento di affondare la lama e non esitai:
«So che hai trovato una cura: la tua frigidità sparisce quando varchi la soglia del Blue Swallow Motel.»
Impallidì.
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“Sono impagabili quei momenti in cui il racconto esce da solo, senza sforzo, e ogni parola, ogni frase e ogni paragrafo non bisognano di ritocchi, crei una realtà che è solo tua, un universo parallelo dove ciò che immagini accade davvero.”
Frase che descrive benissimo questa sensazione. Bravissimo, mi trovi d’accordissimo. Per il resto, racconto ben riuscito e piacevole da leggere. Complimenti!!! 👏 😃
Scrivi benissimo Giuseppe. Il racconto l’ho trovato geniale nella sua costruzione. Ciò che descrive è rude e teso. Ammetto però che in alcune parti mi è sembrato leggero e divertente e in altre parti ancora delicato e quasi tenero. C’è un mix di così tante cose in così poche parole che mi spinge davvero a riflettere e a farti i complimenti.
Grazie Guglielmo è un commento che mi fa molto piacere. Grazie!!!
Ciao Giuseppe, il racconto mi ha lasciato un pò interdetto, ma non per la qualitá, tuttaltro, scritto benissimo e che arriva forte, solamente, per quello che ho letto di te, mi ha spiazzato. Questo non è un male, assolutamente. Essere poliedrici è un tassello fondamentale per uni che scrive. Vivere la vita di altri comporta questo delicato aspetto. Ecco invece dove il tuo racconto ci ha spinto, un po’ a tutti. Il pudore o il timore di scrivere qualcosa che possa svelare delle intimità. Molte volte fraintese. Il diritto-dovere di scrivere(parlare) come il personaggio “esige” è non solo obbligatorio e doveroso, ma onesto. E questo non necessariamente vorrà dire che tu sei il tuo personaggio. È un aspetto delicato e un po’ ci trattiene, almeno a me provoca questo timore e scrupolo. Comunque bravo anche nel raccontare scene “piccanti”. Ciao
.Caro Nino ti ringrazio per l’apprezzamento. Sul discorso ‘libertà nella scrittura’ potremmo scrivere giornate intere senza arrivare mai a una conclusione perché, se in teoria siamo tutti liberi nel creare storie e personaggi, sappiamo anche che ci poniamo limiti da soli: di pudore, di buon senso, di paura. Un esempio: mi piacerebbe scrivere una storia su due omosessuali uomini, perché sono convinto che potrebbe essere dolce, poetica ed anche piena di amore ma so che non la farò mai per tutti quei motivi elencati prima. Sarebbe, paradossalmente, molto più semplice, per me uomo, se la storia gay fosse fra due donne, più tranquillizzante ed accettabile ma mi sentirei molto ipocrita e quindi evito. Tantissimi freni a parlare di sesso, soprattutto se si ha un’educazione cattolica alle spalle. Però, invece, quei freni saltano quando raccontiamo di uccisioni, violenze e soprusi. Lì andiamo all’ingrosso: più efferatezza e sangue ci mettiamo più riscontro otteniamo quasi che la violenza fosse una celebrazione cento volte migliore del sesso. Ma la guerra porta solo morte e il sesso invece è vita e porta la vita.
Sai che io non ci credo quando ci racconti che è stato un esperimento? 🙂
Secondo me è semplicemente qualcosa che hai scritto benissimo perché lo fai e lo sai fare. Che sia di getto, si sente e gli conferisce freschezza e quel tocco frizzantino che sfrigola come la carne sulla graticola. Mi sono divertita leggendo, ho pensato anche io ‘ma quanto sono pazzi?’ O meglio ‘ma quanto siamo pazzi fra le mura di casa nostra?’ Chissà quanto non raccontiamo di noi e chissà quanto invece raccontiamo e poi diciamo bugie e magari che ci conosce bene lo sa e fa finta di niente. Hai però toccato una corda davvero vibrante che è quella della libertà nello scrivere. Il diritto di mettere su carta quello che vuole andarci, su quella carta e che invece ci fanno ricacciare nella mina e anche, a volte, giù per la gola. Il tuo racconto è pluri stimolante e, fra i tanti stimoli di cui non possiamo parlare, c’è quello dell’imparare a fregarsene, davvero e sempre. Adesso ti aspetto sull’horror. Bravissimo e baci.
Beh, di erotismo ne ho sempre messo poco in ciò che ho scritto però mi sono proprio divertito con questo raccontino e non è detto che non ripeta. 😜 Come dici tu dovremmo essere liberi di scrivere ciò che sentiamo ma a volte cediamo alle critiche, alla paura di passare limiti o a una errata concezione di pudore e ci autocensuriamo rinunciando a una parte considerevole di noi stessi. Dobbiamo liberare la nostra spontaneità. Baci a te carissima Cristiana 🌹❤️🌹
@cristiana Per inciso “Non esistono donne frigide ma solo uomini stupidi” era una frase, uno slogan molto usato negli anni ’70 dalle femministe. Secondo me avevano ragione!
Concordo 🙂
Ecco il motivo per cui non faccio leggere quasi mai i miei racconti a mia moglie, pensa sempre che debba esserci un riferimento alla nostra vita o al mio passato e il problema è che il più delle volte ha ragione! 😀
Ho trovato che il Blue Swallow Motel esiste davvero. Come ti è venuto di citarlo, è noto per qualche canzone, libro o film?
Ciao Francesco, l’ho fatto leggere alla mia compagna che, ovviamente, ha disapprovato la pubblicazione!😂. Come per il protagonista è solo fantasia e non si riferisce a nessun episodio realmente vissuto, ma vaglielo a spiegare. Il nome del Motel è casuale: ricerca rapida con Google e scelta per simpatia del nome… Anche questo alla fine era un esperimento, ora mi manca l’horror.
Fai bene, esplorare nuovi campi è stimolante.
Quando ti metti al pc e decidi che non ce n’ è per nessuno, scrivi come un fenomeno. Hai messo in scena i meccanismi più complessi di tutte le coppie, quelli che tendiamo a ignorare ma che sono i piu veri. il mistero di come possano funzionare…”siamo normali io e te?” Chi non se lo è mai chiesto? E ancora, la sottilissima linea tra realtà e finzione. Quante volte ci siamo sentiti chiedere se lo abbiamo inventato oppure lo abbiamo vissuto davvero? (Io, personalmente, quando lo chiedono mento sempre 🤭)
Bellissimo il finale. Un “tana per tutti” e chissà chi è il vincente…
Grazie Dea. Il racconto è uscito da solo, veloce e mi è piaciuto scriverlo. Credo che nelle pieghe dell’animo umano si celino comportamenti che meritano maggior considerazione, spesso possono essere banali e altre volte interessanti, tacerli o fingere non esistano sarebbe comunque sbagliato.
Ho scritto e modificato il commento almeno dieci volte. Poi lʼho cancellato. Dico solo: complimenti! È un racconto bellissimo. E grazie…
Grazie a te Karina, sono felice tu lo abbia apprezzato.🌹
La lama, alla fine, è uscita. Anzi, LE lame. Questo racconto mi ha ricordato Wolverine, l’antico personaggio dei fumetti Marvel, poi diventato personaggio di film e ben impersonato da Hugh Jackman. Non te lo aspetti, e d’un tratto dalle nocche delle sue mani escono delle temibili e pericolosissime lame d’acciaio. Un racconto potente, apparentemente sfacciato, e invece triste e, in un certo senso, passivo-aggressivo, come me. Bravo Giuseppe.
Grazie a te Karina, sono felice tu lo abbia apprezzato.🌹
Grazie Giancarlo. Questi raccontini sono, per me, un ottimo esercizio per rilassare la mente quando sono alle prese con una serie lunga che spesso mi succhia tutta l’attenzione. Uno stacco brusco ma piacevole che poi ti permette di riprendere con nuove energie. Come una doccia fresca in una torrida giornata d’agosto.
Che dire, molto intenso! Scritto davvero bene, complimenti.
Grazie Arianna. Solo un esperimento in un genere che pensavo non fosse nelle mie corde e che invece mi ha divertito.