Prima della guerra

Serie: Eva e i segreti di Itky


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Eva ha raccontato a Lisa della sua conversazione con Ef.

Eva non voleva ammetterlo nemmeno a sé stessa, ma l’avvertimento di Ef l’aveva colpita profondamente: se un amico quasi dimenticato aveva cercato di dissuaderla dalla lotta, forse valeva la pena rifletterci. Quando la rabbia e il risentimento si placarono un po’, la ragazza cominciò a sentirsi triste, rimpiangendo di aver mandato via Ef. Non aveva idea di chi fosse davvero, perché pensasse di doverle stare accanto, perché fosse apparso all’improvviso per poi scomparire di nuovo nello stesso modo. Era una persona reale o soltanto un’ombra? Forse era come Ami e Tioa, una parte perduta dell’Universo di Oa? E se fosse stato così, anche altri bambini lo conoscevano? Eppure Eva voleva credere che Ef fosse soltanto il suo amico e di nessun altro.

Mancava una settimana al Capodanno, e gli studenti stavano facendo piani per le feste, quasi senza preoccuparsi dello studio, nonostante gli esami imminenti. In una scuola normale, verifiche, recuperi e l’ansia di colmare le lacune avrebbero riempito ogni momento, lasciando poco spazio al relax. Ma qui era diverso. Che senso aveva costringere gli studenti a memorizzare centinaia di pagine di informazioni inutili che non capivano e che avrebbero dimenticato nel giro di poche settimane? E perché forzare, urlare e fare pressioni, ottenendo in cambio solo ostinato silenzio e lacrime? Se uno studente non capiva una parte del programma, non era forse colpa dell’insegnante, incapace di spiegare bene e catturare l’interesse? Negli ultimi giorni, quindi, nessuno studiava da capo i materiali: tutti si limitavano a ripassare.

Lisa, invece, aveva deciso di dedicare più attenzione ai libri presi in biblioteca. Fin dal mattino, appena Eva si era svegliata, Lisa era già immersa nella lettura, con una brioche in una mano e una tazza di tè nell’altra. Intorno al suo letto c’erano cartacce di caramelle e fogli accartocciati di appunti, mentre il suo taccuino, ormai ridotto a pezzi, giaceva abbandonato sul tavolo. Mentre Eva si lavava, si vestiva e si pettinava, la sua amica non le aveva rivolto nemmeno uno sguardo, completamente assorta. Dopo qualche esitazione, Eva si decise a interromperla: «Buongiorno, Lisa! A che ora sei andata a dormire ieri sera? Io nemmeno ricordo quando mi sono addormentata».

«Ah, ciao, Eva!» borbottò Lisa con la bocca piena. «Non sono andata a dormire.»

«Come non sei andata a dormire? Hai passato tutta la notte sui libri?» chiese Eva, stupita e leggermente preoccupata. «Forse dovresti riposarti un po’. Potrei continuare io al posto tuo.»

«No…» sbadigliò Lisa. «È già ora di andare a lezione. Oggi daranno le liste degli esami: non possiamo perdercele.»

«Non mi avevi detto nulla. Non faremo tutti gli esami insieme, scrivendo risposte su carta come nelle altre scuole?»

«Eva, a volte mi dimentico che non hai studiato qui fin dall’inizio. No, non facciamo così. Ti immagini il povero insegnante che deve leggere cento compiti?»

«Beh, nella mia scuola era proprio così. E poi si aspettavano i risultati per circa tre giorni. Non mi sembra così complicato.»

«E se uno sapesse rispondere bene ma non fosse bravo a scrivere temi? O volesse spiegarsi con parole sue? Non sarebbe giusto avere un brutto voto per questo.»

«E quindi, come li fate, gli esami?» chiese Eva.

«Individualmente, con ogni insegnante, come in una normale conversazione. Certo, in matematica bisogna anche scrivere qualcosa – una formula non la spieghi solo a parole. Ma se hai difficoltà, ti aiutano e poi riprendono l’argomento nel semestre successivo, per assicurarsi che non dimentichi nulla.»

«Sembra tutto troppo bello per essere vero…»

«Secondo te ho tempo di raccontarti favole? Sei pronta? Allora andiamo, e vedrai con i tuoi occhi!» disse Lisa, alzandosi dal letto e scrollandosi le briciole di dosso. «Poi pulirò!» assicurò all’amica. Presi i libri, le due ragazze si avviarono verso l’aula comune. Eva guardava di tanto in tanto Lisa, preoccupata per la sua salute: passare tutta la notte sui libri e poi andare tranquillamente a lezione sembrava quasi impossibile. Ma Lisa non mostrava alcun segno di stanchezza: camminava energicamente per il corridoio, raccontando ciò che aveva scoperto leggendo.

Si scoprì che creare Itky era meno difficile che poi uscirne. Le ragazze sapevano già la regola principale: la completa corrispondenza con la vita reale, fino ai minimi dettagli. Ma esistevano anche alcune regole molto importanti: non trascorrere più di alcune ore in Itky, non fare lì cose che non si possono fare nella vita reale e non creare immagini di persone che sono passate a miglior vita. Ogni avvertimento aveva un solo scopo: impedire al viaggiatore di innamorarsi dell’illusorio Itky e desiderare di rimanervi per sempre. Il tempo lì scorreva in modo completamente diverso, come in un normale sogno, quindi qualcuno doveva necessariamente svegliare il dormiente dopo due ore.

All’inizio tutti rispettavano le regole senza cercare di infrangerle. La vita normale era meravigliosa e non si desiderava nulla di più straordinario. Itky veniva usato principalmente dai capi dei villaggi per condurre trattative riservate tra partecipanti distanti tra loro. Ad esempio, un messaggero veniva inviato a centinaia di chilometri di distanza in un altro villaggio, e il viaggio richiedeva molto tempo. Per evitare di aspettare altrettanto a lungo per il suo ritorno, l’anziano e il messaggero entravano in Itky, che rappresentava la casa del primo o un altro luogo familiare a entrambi. Dopo aver conversato e scambiato notizie, i partecipanti si svegliavano ciascuno nel proprio letto e condividevano le informazioni con gli altri. Il messaggero poteva così tornare a casa senza esporsi ai pericoli e alla fatica di un lungo viaggio.

Questo metodo di comunicazione fu utilizzato per secoli, fino a quando scoppiarono guerre tra le città. 

Serie: Eva e i segreti di Itky


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