Sìracus

Serie: I Dormienti


Dopo che Sotrianic, una guardia imperiale, da' la notizia a Volcan che l'Eternity è sparita dai cieli di Phobos, quest'ultimo punta una pistola disgregatrice su di lui e preme il grilletto con l'eliminarlo sul posto.

Gli alloggi delle guardie imperiali misuravano quattro seste per quattro ed erano arredati con poche suppellettili: un letto, un tavolo, quattro sedie, due poltrone, una scrivania e l’immancabile sfera con all’interno un’Essenza vitale a dare energia e calore all’ambiente. Agli ufficiali spettava anche uno schermo olografico, che Sìracus aveva sulla scrivania, ma lui lo teneva sempre spento per via di quel fastidioso cicalino che lo avvisava dei messaggi in arrivo. Accortezza che non bastò a farlo stare tranquillo, bussarono alla porta e lui, tra un’imprecazione e l’altra, si chiedeva chi mai poteva essere. Perché non avrebbe voluto alzarsi, ma poi si era detto che poteva essere importante e, preso un telo da sopra la sedia posta accanto al letto, lo legò alla vita e andò ad aprire.

Alla vista chi si trattava, si pentì d’averlo fatto: «Ah, è lei. Cosa vuole? Sono stanco e spero per lei che sia importante, altrimenti le farò… Niente, lasci stare, mi dica cosa l’ha portata a disturbarmi nel cuore della notte e poi se ne vada.»

Triglot non se lo fece ripetere, ma prima di sviscerare il motivo, si accomodò su una delle due grosse poltrone mentre il suo superiore, in piedi e a gambe divaricate, lo esortava a vuotare il sacco: «Su, parli e faccia in fretta. Sono stanco morto e vorrei tornare a riposare.» Però il subalterno continuava a fissarlo e dovette esortarlo: «Cosa c’è. Perché quella faccia cupa? Su, spari. Non mi tenga sulle spine. Ah, ho capito. Si tratta di Volcan, vero?»

«Infatti, signore. Il grande capo come al solito si è lasciato sopraffare dalla rabbia e questa volta ha eliminato Sotrianic. Ha disgregato quel poveretto senza una ragione valida e adesso ha chiesto di vedere lei, signore. A tal proposito, se posso darle un consiglio da amico, farebbe bene a non presentarsi se non vuole fare la stessa fine. Direi che l’unica via di salvezza che le rimane è quella di sparire per qualche tempo dalla circolazione.» Alzatosi dalla poltrona, si accostò a Sìracus e poi, con fare cospiratorio, continuò a elencare il suo piano per salvarlo da morte certa: «C’è un cargo in partenza su cui potrebbe imbarcarsi e-»

«No. Grazie. Io resto. Un sottoposto ha perso la vita per colpa mia e se non mi assumessi la responsabilità sarei un vigliacco. Come lei, pressappoco. E poi non ho fatto nulla di male, anzi. Però questi non sono fatti che la riguardano. Piuttosto, parliamo di lei. Crede che io non sappia a cosa mira per davvero? Questa sarebbe l’occasione per subentrare al mio ruolo. Non è forse così? Senza più me tra i piedi avrebbe campo libero. Questo ha pensato. Non è forse vero? Però non finirà in questo modo, dovrà sudarsela la promozione, perché io non vado da nessuna parte.»

Triglot iniziò a tremare: se Volcan lasciava vivere il comandante, lui non avrebbe avuto più vita facile e doveva rimediare. «Scusi, ha frainteso. Io volevo solo salvarle le squa-»

«La smetta di girarci intorno. E poi non sono un suo amico. Quindi adesso esca da qui e non si faccia più vedere. Vada via, tanto qualsiasi cosa direbbe in sua discolpa non mi farebbe cambiare idea su ciò che è in realtà. Un opportunista della peggiore specie, direi.»

Uscito il sottoposto, Sìracus afferrò i calzoni verde chiaro e una giubba intonata agli stessi su cui spiccavano i gradi di un colore arancione intenso, lo stesso dei suoi occhi. Divisa che indossò senza perdere tempo e, calzati gli stivali neri lucidi e sistemate le squame, affinché non si incagliassero nel tessuto ruvido, aprì la porta e imboccò il corridoio che l’avrebbe portato dritto alla sala del consiglio.

Il comandante delle guardie Imperiali sapeva che si recava verso un destino incerto, ma se calcolava bene i tempi, avrebbe evitato almeno la morte. Ottimismo che svanì come neve sciolta al Sole non appena arrivò davanti alla porta della sala del consiglio e udì la voce imponente di Volcan: «Vieni pure avanti, Sìracus, noi due dobbiamo parlare.»

La figura imponente del Signore di Horcobolus si rifletteva sul pavimento nero tirato a lucido mentre lui, testa bassa, girava intorno all’enorme tavolo di forma ovoidale posto al centro della grande sala. Ricavato da un unico pezzo di granito rosso, gli facevano da contorno novantanove poltrone rivestite da velluto dello stesso colore della tavola e su di esse si accomodavano i grossi e grassi deretani di coloro che detenevano il potere sull’intero pianeta.

Nel camminare come se non avesse una meta precisa, Volcan passava in rassegna gli ologrammi tridimensionali che raffiguravano le pose austere dei Signori di Horcobolus che lo avevano preceduto: poste una accanto all’altra, arredavano tutte le pareti.

Lasciate le immagini tridimensionali, Volcan alzò lo sguardo a osservare, quasi con disgusto, l’enorme sfera che fluttuava al centro della tavola. Tenuta al guinzaglio da quattro raggi traenti che scaturivano da altrettanti ugelli posti agli angoli della sala, all’interno vi erano centinaia di Essenze vitali la cui energia illuminava a giorno la sala, oltre a dare vita agli ologrammi e ai novantanove schermi olografici posti sulla tavola dinanzi a ogni poltrona.

Abbassato lo sguardo di poco, il Signore di Horcobolus lo puntò dritto sulla parete di fronte dove si trovava appeso un quadro che ritraeva la sua figura austera. E, all’ammirare se stesso tronfio, rise compiaciuto per poi tornare serio e accomodarsi sulla sua poltrona posta a capo tavola, dove di solito presiedeva le riunioni del consiglio. E da lì iniziò a  guardare Sìracus con un ghigno che non prometteva bene.

Al notare che il Signore di Horcobolus teneva stretta nella mano destra una pistola disgregatrice, il comandante delle guardie imperiali non ebbe dubbi sul fatto che la sua vita sarebbe dipesa da ciò che avrebbe detto o fatto di lì a poco. Per cui, prima di proferire una sola parola, si concesse una pausa di riflessione.

  • Una sesta equivale a circa un metro.

Serie: I Dormienti


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