Tutto cambia

Serie: Il Segno della Spada


La famiglia di un importantissimo clan si ritrova orfana ad opera del padre del proprio fidanzato combinato, ma viene salvata e finisce a fare la guardia del corpo del fratello del proprio aguzzino. La ragazza cresce cercando vendetta, affilando le sue capacità da combattente.

    STAGIONE 1

  • Episodio 1: Tutto cambia

Mia madre minacciava sempre di farmi a pezzettini quando rovesciavo la giara contente il cibo, quando sbadigliavo senza mettere una mano davanti al viso, o quando preferivo fare un giro al crepuscolo rispetto allo stare seduta per minuti interminabili su una scomodissima sedia mentre qualche serva mi acconciava i capelli, preparandomi per la cena.

Tuttavia, quando tornavo a casa sporca di fango, con i capelli pieni di foglie e rami, e una volta addirittura con un ginocchio sbucciato a causa di una brutta caduta, lei mi guardava sconsolata sospirando e mandandomi a fare un bagno; per poi lamentarsi di me a cena, con il mio patrigno, dicendo che avevo già tredici anni e che essendo la primogenita della casata dei Clackmannanshire, nonchè futura erede , dovevo cominciare a comportarmi in modo da non farli sfigurare.

Alzai gli occhi al cielo nel sentire sempre le stesse cose uscire dalla bocca di mia madre, alle quali il mio patrigno rispondeva sempre allo stesso modo: alzando a malapena lo sguardo dal piatto che stavo mangiando per dire poi con un’occhiata di disinteresse: “Non possiamo farci niente se Sìne ha la sabbia al posto del cervello” per poi guardare di traverso mia madre. “Il comportamento di tua figlia è anche in parte colpa tua. Avevi solo da pensarci due volte prima di andare a letto con quel pescatore da quattro soldi.” 

Sentendo per l’ennesima volta queste accuse, mia madre stringeva le labbra in una linea sottile e non diceva una parola per tutto il resto della serata, ad eccezione di qualche rimprovero alle mie piccole sorellastre.

Una sera mi spinsi in un posto dove crescevano i mirtilli migliori e ne raccolsi un intero telo; erano tutti mirtilli selvatici, di un bel colore violetto/bluetto e pensavo che mia madre sarebbe stata contenta di vederli e che il patrigno avrebbe smesso di sgridarmi.

Feci tutti il viaggio di ritorno immaginandomi sul viso di mia madre un bel sorriso, con le mie sorellastre che le si aggrappavano alla veste per avere un assaggio di quei frutti di bosco così dolci mentre il mio patrigno mi dava una pacca sulla testa.

Giunta al limitare del bosco sentii i cani abbaiare come di loro solito alla fine del giorno, al quale però si aggiungeva qualcosa di molto insolito “Odore di fumo” commentai tra me e me.

Non avevo paura, non ancora.

Gli incendi erano frequenti nelle nostre zone, essendo le nostre case fatte per la maggior parte di legno ad eccezione  della mia che era fatta di pietra.

Però questa volta non sentivo nè gridare nè imprecare come accadeva di solito; non sentivo il rumore dei secchi d’acqua passati di mano in mano mentre i bambini piangevano spaventati.

Un tuono in lontananza mi fece rabbrividire.

Il sudore mi si gelò sulla fronte mentre saltavo su un tronco in mezzo al sentiero per poi addentrarmi nel mio villaggio.

Tutto le case bruciavano, ma allora dov’erano tutti?

Percorsi a passo svelto le vie di quel posto che conoscevo così bene, sperando che ad ogni angolo girato comparisse davanti a me il panettiere, il fabbro, o perfino quel pignolo del mio maestro.

Fu allora che udii delle urla.

Volsi istintivamente lo sguardo verso la direzione da cui mi sembrava provenissero e come un fantasma che si muove tra gli edifici in fiamme mi avvicinai alla fonte dell grida.

Mentre mi avvicinavo cercavo di ragionare; non capivo dove fossero andati tutti, forse erano scappati.

Mia madre doveva aver preso le mia sorellastre e le avrà condotte al sicuro nella foresta.

Cercai di convincermi che questa fosse la spiegazione e che le avrei cercate una volta che avessi trovato chi urlava.

In quel momento sbucai nella strada principale e vidi due uomini a terra sotto la pioggia che aveva cominciato a cadere.

Avevano un viso stupito, come se non capissero come mai fossero lì stesi ad inzupparsi i vestiti.

Ma ormai poco importava che i loro vestiti si stessero inzuppando, dato che erano morti.

Tremante, mi avvicinai per vedere se era qualcuno che conoscevo e una volta appresa la realtà, mi misi istintivamente una mano sulla bocca e lasciai cadere il telo contenente i miei tanto amati mirtilli; uno di loro era il consigliere dei miei genitori.

Non riuscendo a staccare gli occhi dal suo cadavere lo osservai, con ancora indosso la sua veste più bella, di una pregiata stoffa azzurra, scurita a causa del sangue.

Facendo una piccola preghiera affinché la sua anima riposasse in pace, scavalcai il suo cadavere per andare nella piazza centrale.

Quello che mi si parò davanti agli occhi fu uno spettacolo a dir poco raccapricciante.

Raccolti intorno alla fontana principale dalla piazza c’erano un gruppo di uomini a torso nudo che parevano intenti a un rito festoso; avevano una fascia rossa legata intorno alla testa e tenevano le braccia alzate, dandomi le spalle e guardando qualcosa al centro del loro cerchio.

Mi spostai di qualche centimetro per vedere di cosa si trattasse e per poco non rigurgitai tutta il pranzo avvenuto ormai molto ore prima.

Su una picca al centro del loro cerchio c’era la testa del mio patrigno, con la bocca ancora aperta nello spasmo supremo.

Riconobbi lo stemma sulle giubbe degli assassini posate su una colonna: era un trifoglio verde, il simbolo del clan dei Fraser, nonché il più grande delle nostre zone; gli appartenenti a questo clan avevano più volte tentato di prendere possesso del grande territorio del mio patrigno.

Dapprima proponendo una alleanza che sarebbe stata suggellata con un matrimoni tra me e il primogenito Yuselt, e in secondo luogo, vedendo più volte rifiutata la loro offerta, provando ad invaderci per distruggerci, fallendo però ogni volta.

I motivi per i quali i miei genitori non avessero consentito al matrimonio non mi erano chiari, e più volte avevo chiesto a mia madre se da un giorno all altro il nostro villaggio non sarebbe stato invaso dal loro esercito; ma lei aveva liquidato il discorso, dicendo che c’erano dei patti di non belligeranza da rispettare.

Quindi cosa era cambiato?

Perché dopo anni di silenzio si rifacevano vivi distruggendo la mia casa e decapitando il mio patrigno?

Mentre facevo dei passi indietro intenzionata poi scappare, sentii alle mia spalle uno scalpiccio di zoccoli non molto lontano.

Con qualsiasi fibra del mio corpo che gridava per il pericolo, mi girai lentamente, incrociando due occhi penetranti coperti da un elmo da cavaliere; con questo gesto capii immediatamente due cose: la prima, quell’uomo non aveva paura della morte; la seconda, uccideva solo per il gusto del farlo.

Vidi la spada al suo fianco, il modo regale con cui stava seduto composto su quello splendido cavallo nero come la notte e anche senza averlo mai visto capii che quello davanti era il capo del clan Fraser.

Il sangue mi si gelò nelle vene paralizzandomi sul posto, mentre quegli occhi affilati da falco mi scrutavano da capo a piedi, per poi scoppiare a ridere vedendo la spilla con il simbolo del mio clan cucita sulla mia maglia.

“Oh ma guarda cosa abbiamo qui! Una discendente del famoso clan Clackmannanshire. E a giudicare dall’età devi essere anche la primogenita..come è che ti chiami..umh.” Ci pensò qualche secondo poi schioccò le dita. “Ah, ora ricordo! Tu devi essere Sìne” lo vidi chinarsi un pochino di più verso di me scrutandomi in viso “Che bel nome che ti hanno dato i tuoi genitori. Vuol dire ‘figlia della ricchezza e della bellezza’ vero? Devo dire che ti calza a pennello.”

Il cuore mi rimbombava nelle orecchie quasi non permettendomi di sentire quello che stava dicendo, mentre il mio cervello cercava un modo per scappare da lì al più presto.

Feci qualche passo indietro “Eh no piccola Sìne ormai non puoi più scapparmi! Deve essere un segno del destino.” Lo vidi aprire le braccia. “Ora che i tuoi genitori non possono più interferire finalmente tu e mio figlio vi sposerete” poi mi porse la mano “Quindi forza, vieni a vivere nella mia reggia.”

Non so proprio cosa mi prese in quel momento, so solo che la rabbia prese il sopravvento e con un’impeto di stizza, gli schiaffeggiai via la mano, sibilando furente: “Può pure scordarsi che io viva nello stesso posto di chi ha assassinato il mio patrigno e bruciato il mio villaggio.”

Vidi il suo sguardo scurirsi e la mascella indurirsi “Forse non hai capito che tu non abbia la possibilità di scegliere” diede un colpo con il piede per far avanzare il cavallo, ma quest’ultimo non sembrava intenzionato ad avanzare probabilmente a casa del tanfo di sangue e dell’odore acre dal fuoco.

Il cavaliere stizzito gli diede un colpo più forte, ma questo non fece che spaventare il cavallo che impennò, facendo perdere un po’ l’equilibro al suo cavaliere.

Questo mi salvò.

Il capo Fraser chiamò gli uomini intorno alla picca del mio patrigno che non appena mi videro cominciarono subito a seguirmi imprecando.

Scattai in avanti recuperando un bastone in fiamme li vicino, appoggiando su un fianco del cavallo la punta avvolta nel fuoco; il dolore fece impennare il cavallo e ciò fece cambiare traiettoria al colpo di spada che stava per darmi e che mi avrebbe ucciso sicuramente.

L’uomo, sbilanciato dal colpo andato a vuoto e dall’impennata del cavallo, cadde pesantemente di schiena con un rantolo di dolore e io mi fiondai nel bosco dietro di lui.

Serie: Il Segno della Spada


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