Una morte indolore

Serie: I Dormienti


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Bargund si arrende all'evidenza e attende di ricevere la punizione da parte del fratello per quel che ha tatto. Volcan invece ce l'ha con se stesso e soprattutto con il Primo Creatore per non avergli concesso di avere, come tutti, un'Essenza vitale.

Per non essere da meno agli aethernani, Volcan aveva iniziato a catturare per poi costringerle a entrare nei loro corpi rettili le Essenze vitali. Purtroppo con scarsi risultati: dopo una breve permanenza, uscivano con il farli morire tra atroci sofferenze. Però gli scienziati non si arresero e, a furia di sperimentare, avevano scoperto che se si fossero “cibati” dell’energia oscura che le Essenze Vitali producevano se costrette a farlo, avrebbero potuto ottenere la tanto bramata immortalità, a patto che se ne nutrissero per sempre.

Imbrigliarle era abbastanza facile: attraversato un buco nero, raggiungevano il primo pianeta abitato da Umani e lì attendevano pazienti che questi giungessero alla fine dei loro giorni. E allorché la morte sopraggiungeva e le Essenze vitali a loro proprie lasciavano i corpi, le imbrigliavano in campi elettromagnetici che i rettiliani avevano avuto l’accortezza di avvolgere tutt’attorno al pianeta. Dopodiché le trasferivano su uno dei pianeti satellite di Horcobolus, dove le istigavano a produrre l’energia oscura per i loro fabbisogni quotidiani. Sì, perché non se ne servivano soltanto per allungare la vita, le utilizzavano per far muovere le astronavi e anche per gli usi domestici: in ogni abitazione insisteva almeno una sfera di contenimento con all’interno un’Essenza vitale e per tale motivo erano conosciuti da tutti come i “divoratori di Essenze vitali”.

Albert dal canto suo non era a conoscenza di questa loro deplorevole usanza, altrimenti non sarebbe mai entrato in contatto con gli horcobolani.

***

La luce emanata dalle Essenze vitali, racchiuse in una sfera che fluttuava al centro dell’enorme stanza del piacere del Signore di Horcobolus, si rifletteva sui corpi squamosi di tre femmine horcobolane. Le giovani picchiettavano le loro lingue sul suo corpo al fine di procurargli piacere, ma lui aveva troppi pensieri che gli frullavano per la testa e non si sentiva dell’umore giusto per godersi appieno il loro sforzo di farlo godere. Per cui si alzò per andare a immergersi in una enorme vasca colma d’acqua bollente e alle femmine non restò che rivestirsi e uscire in ossequioso silenzio: se avessero detto una sola parola, sarebbe stata per loro l’ultima.

Vista la sua statura imponente, Volcan prediligeva cingere il proprio corpo con del vestiario che scivolasse sulla pelle squamosa senza incagliarsi nelle trame. Per cui indossò una tunica intessuta apposta per lui della stessa tonalità che caratterizzava le sabbie che occupavano un terzo del pianeta e, una volta a suo agio, coccolato nel proprio manto, uscì a testa alta: il vezzo di coprirsi con delle vesti nasceva dal fatto che gli horcobolani volevano somigliare sotto ogni aspetto agli Umani e per tale ragione alla nascita troncavano addirittura la coda che li contraddistingueva.

Dopo aver seguito un lungo corridoio, il Signore di Horcobolus si ritrovò davanti all’enorme porta che dava accesso al suo studio.

Le due guardie, poste dinanzi all’entrata, quando lo videro arrivare si posero sull’attenti per poi spostarsi di lato e lasciarlo passare, e anch’esse senza proferire una sola parola.

Raggiunta la scrivania, Volcan si accomodò sulla poltrona retrostante a meditare, mentre fuori attendeva preoccupata un’altra guardia imperiale che doveva entrare per dargli una notizia importante.

Sotrianic sapeva che il grande capo non amava essere disturbato durante la meditazione e lo turbava non poco doverlo fare. Però aveva ricevuto l’ordine da Sìracus, il suo comandante, e disubbidirgli non era un’opzione. Pertanto aveva da scegliere quale punizione preferire e comunque, in ambedue i casi, sarebbe stata assai spiacevole. Perciò, quando le porte si aprirono silenziose di lato, si fece coraggio e un passo dopo l’altro entrò titubante.

Non appena le porte scorrevoli si acquietarono dietro le sue spalle, Sotrianic s’incamminò all’interno dell’immenso studio e ci mise un po’ ad arrivare dietro le spalle del suo Signore e padrone: lì dove si fermò in attesa che lui si voltasse. Ma Volcan fissava il vuoto, perso in chissà quali pensieri di conquista, e la guardia, per tornare al più presto alle sue faccende, si annunciò senza riflettere sulle conseguenze: «Perdoni il disturbo, mio signore. Mi è stato ordinato di dirle che l’Eternity ha lasciato il nostro sistema planetario e non si sa dove sia an-»

Volcan non lasciò che la guardia finisse di parlare. Si voltò di scatto e, presa la pistola disgregatrice, che teneva in una fondina posta sul fianco destro, la puntò verso il poveretto e fece fuoco.

Una luce intensissima scaturì dalla canna con l’andare a impattare sul petto del povero Sotrianic, che subito dopo si smaterializzò e di lui restarono solo alcune particelle elementari che vorticarono su se stesse e infine furono assorbite dall’etere.

Per fortuna la morte era giunta istantanea e Sotrianic non aveva avuto modo di soffrire: la sua dipartita era stata indolore.

Con ancora la pistola disgregatrice stretta nella mano destra, Volcan urlò tutto il suo disappunto: «Se non sbaglio vi avevo avvertito. Nessuno. E dico nessuno. Deve osare disturbare le mie meditazioni. Mai. Soprattutto se si recano brutte notizie. Poi dite che il crudele sono io.» E schiacciato un pulsante posto di lato alla scrivania: «Informate Sìracus che voglio vederlo, e prima di immediatamente.»

Se ora Bargund si fosse trovato lì, davanti a lui, Volcan gli avrebbe stretto il collo fino a spezzarglielo, e mimò l’atto con fredda ferocia per poi dire a se stesso che se doveva dare la colpa a qualcuno andava addebita a sé stesso. Aveva rivelato al fratello di volersi disfare dei Dormienti e di certo non poteva biasimarlo per quella scelta. Tuttavia non poteva fargliela passare liscia, avrebbe perso la nomea di spietato assassino e, se voleva che tutti continuassero a temerlo, doveva dargli una punizione esemplare. E si sarebbe pure gustato ogni attimo della sua sofferenza. Non subito, prima aveva da sistemare delle questioni urgenti le quali non potevano essere differite ancora.

Serie: I Dormienti


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