150 RAGAZZE PRIMO GIORNO, PRIMO LOCALE

Serie: 150 RAGAZZE


C’è stato un momento in cui qualcosa mi è scoppiato dentro. Con un mio amico, abbiamo deciso di parlare con ragazze sconosciute, ogni giorno, per un mese intero.

In questo mese abbiamo conosciuto circa 150 ragazze diverse, e quello che vi sto per raccontare è stata la prima sera di questa meravigliosa esperienza.

Sperando che possa essere d’aiuto a chi, ha paura di relazionarsi con le donne.

Subito dopo il lavoro io e Giovanni uscivamo quasi ogni sera. E quasi ogni sera la situazione rimaneva invariata. La nostra sete svuotava un paio di bottiglie di vino rosso, facendoci ritrovare una sorta di fiducia immotivata nel mondo . In più, a condire questa nuova vitalità, sorgevano discorsi che toccavano contemporaneamente mille argomenti diversi, dalla voglia di vivere, di guadagnare, di cambiare il mondo e di fare finalmente la differenza. Ogni tanto i nostri sguardi cadevano su gruppetti di ragazze che, come se avessero dei radar, cominciavano a ridere più rumorosamente quando i nostri occhi cadevano su di loro.

Non andavamo mai a parlarci.

Anzi, quando uno dei due cominciava a pensarci, l’ansia prendeva il sopravvento, e entrambi ci irrigidivamo un po’.

La sensazione era quella di star facendo qualcosa di estremamente stupido e di rischiare di ricevere una vagonata di botte dai loro fantomatici ragazzi, nascosti chissà dove in quel locale.

Alla fine quindi, nonostante la voglia ci fosse, la lasciavamo andare via. Tornavamo a casa col rimpianto, il rimpianto di chi poteva ma non ha fatto.

Una sera come tante, al nostro solito tavolo, la prima bottiglia finì prima del previsto. Era estate, e i tavolini fuori erano pieni di ragazzi e ragazze che ridevano, scherzavano e bevevano . Era una di quelle sere dove il vento ti sfiora, e sembra che ogni cosa sia al suo posto. L’aria era carica e frizzantina. Noi, come sempre, guardavamo da lontano, senza entrare, come se ci fosse una grande festa e noi non fossimo invitati.

D’improvviso mi sentii estremamente presente. Come se la mente, per un attimo si spegnesse, lasciandomi a tu per tu con la realtà intorno. La sensazione è come quella di guardare un film che ti appassiona, ma per un attimo ritorni alla realtà, e ti rendi conto che da due ore sei immobile sul divano guardando un televisore.

Ero in quell’istante , e sentivo i profumi, i rumori, e le sensazione come se non ci fossero più filtri.

<< Cos’è che ci impedisce di andare a parlare con quelle due..?>>

Chiesi a Giovanni, che intanto col dito percorreva il cerchio del bicchiere.

<< Emm.. non lo so, la paura di fare una figura di merda..?>>

Già. Aveva ragione.

Aspettai qualche secondo.

<< E anche se fosse..?>>

<<Mica rischiamo la vita.>>

Incalzai.

<< Se sei così sicuro puoi anche andare…>>.

Calò il silenzio.

Stavo cercando di convincere lui, così da convincere anche me stesso. Ma la realtà era che non era così semplice. Siamo programmati per evitare le situazione di pericolo.

La sensazione, che fosse caduto un velo, però mi dava forza.

Avevo tolto ogni pensiero dalla testa, ogni cosa potesse fermarmi, ma la paura alla bocca dello stomaco, quella era rimasta.

<< Dobbiamo squarciare il velo di maya. Dobbiamo eliminare, quel filtro che ci tutela e non ci permette di vivere.>>

Aspettai ancora una volta che passasse qualche secondo.

Ho deciso. Dissi.

<<Ascolto le loro conversazioni, e mi introduco. Poi cominciamo a parlarci del più e del meno.. ok?>>

Giovanni annuì.

Era magnifico, perché se gli avessi detto voglio andare sulla luna dopo un minuto era lì con me a ragionare su come arrivarci.

Mettemmo in pratica il piano.

Cominciammo ad origliare la conversazione.

<< No, tesò non te lo posso dì >>

<< Amò ma perché..?>>

<< Perché no..>>

<< So la tua migliore amica, a me me poi dì tutto! >>

Di certo non avevano studiato ad Oxford, ma andavano bene lo stesso, erano veramente carine.

Continuarono con questo botta e risposta per un minuto.

Sentii che stava per arrivare il momento giusto, il momento per introdurmi come un gatto nella piccola fessura di una porta.

<< Cos’è che non gli puoi dire…? >> dissi in un fiato.

Calò il silenzio.

Ero terrorizzato, ma quella cazzo di frase finalmente era uscita.

Eravamo in ballo, adesso dovevamo solo ballare.

Il mio imbarazzo cresceva ad ogni secondo che passavamo in silenzio . Cercai di forzare un sorriso rilassato, ma sapevo che da fuori sembravo uno psicopatico in un luna-park.

Mi guardarono.

Si guardarono.

E scoppiarono a ridere.

La mia tensione scivolò via come la pioggia su un impermeabile, e mi rilassai per un secondo.

<< Allora cos’è che non le puoi dire..?>>

Ricalcai.

Ridendo imbarazzata la ragazza mi ripeté che non poteva dirlo.

<< Dai coraggio, neanche mi conosci.. quando mi rivedi? A me puoi dirlo..>> Cercavo di convincerla.

Dopo qualche minuto me lo disse. Aveva avuto una storia lesbica con una loro amica in comune. L’altra ragazza rimase un po’ scandalizzata, noi eravamo profondamente divertiti.

Al tavolo si aggiunsero altre due ragazze, loro amiche. Noi finalmente ci sentivamo al centro della festa.

Ogni tanto i ragazzi degli altri tavoli ci guardavano con un punto interrogativo in fronte, chiedendosi come caspita eravamo riusciti nell’impresa.

Parlavamo con tutte, anzi, proprio con tutti. Avevamo messo la quinta marcia e ormai quello che capitava, predavamo. E come se per una volta giravamo insieme al mondo, e non in senso opposto.

La conversazione filava estremamente liscia, e ogni tanto degli sguardini erotici ,tagliavano l’aria.

Ho capito, in quei minuti passati al tavolo, che non dovevamo fare tutto noi.

Anzi erano le ragazze che ci davano la possibilità di andare avanti, riempiendo i nostri silenzi, facendoci da spalla, perché se vogliono continuare a parlare con te, fidati, sono abbastanza furbe da farlo senza che sembri palese.

E se sei positivo ed energico, è tutto in discesa.

Erano circa le due, e il locale stava per chiudere. Rimanemmo con le ragazze che ci saremmo visti l’indomani, sempre alla stessa ora.

Salimmo in macchina e cominciammo ad urlare elettrizzati. Era stato fighissimo.

<< E ADESSO DOVE ANDIAMO??>>

Disse Giovanni con un entusiasmo da vincitore della lotteria.

<<C’è un chioschetto qui vicino, è aperto fino alle cinque.>>

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