
3 AMICI AL BAR
Serie: Le Venti Clessidre
- Episodio 1: 3 AMICI AL BAR
- Episodio 2: LA PIRAMIDE DEL MEGALOMANE
- Episodio 3: NeferTARI
- Episodio 4: DUNE E ADUNATE
- Episodio 5: LA TRIPLICE “L”
- Episodio 6: ETIMOLOGIA
- Episodio 7: PROLOGO
- Episodio 8: EPILOGO DEL PROLOGO
- Episodio 9: IL PACCO
- Episodio 10: QUESTIONE DI SHARM
STAGIONE 1
La storia di Nef continua in un’oasi che per Anton o Masia è di pace; se li conoscete date loro una carezza e dite: “Questa è la carezza di Fabius P.”. Quella pace venne interrotta da uno dei quattro venti: Ghibli, Khamsin, Karif o Shamal che soffiano nel deserto e che, forse, hanno preso nome da altrettante Maserati. Il vento portò scompiglio e Nef in compagnia di due amici trovò riparo all’interno di un locale che definire di pace è poco: era un’oasi in un’oasi di pace. Bene, questo è l’inizio del capitolo che più mi pace (piace). Sentiamo cosa stanno dicendo.
“Quando organizziamo il tour delle 5 oasi? Da Siwa a Kharga passando per Bahariya, Farafra e Dakhla?” chiese Achmed.
“Ma fatti il giro delle 5 terre e falla finita!”
rispose Nef stizzito continuando,
“Non ho voglia di andare a cavallo di un cammello,” attimo d’esitazione,
“di andare a cammello di un cammello,“
momento di riflessione e dopo aver trovato la “locuzione” ottimale, tagliando la testa al povero toro (ma non era che tra due litiganti il terzo gode?)
“perché non ho proprio voglia di montare su di un cammello puzzolente per giorni e giorni in mezzo a questo schifo di deserto!”
Nef rispose così per le rime, per niente baciate, a quella proposta riproposta da Achmed a ogni loro incontro.
Erano 3 amici al BAR (Berber African Resort), che non volevano cambiare il mondo (G. Paoli riveduto e scorretto), e che pensavano solo al loro tornaconto. Stavano giocando ai dadi in un locale di un’oasi vicina al Viale delle Venti Clessidre.
La posta in gioco era, come al solito, qualche schiavo.
La posta in fondo alla via era, come al solito, chiusa la sera.
È una precisazione che ho fatto apposta per sgomberare ogni possibile relazione della posta (PP.TT.) con la posta in gioco (degli schiavi), posto che a qualcuno con qualche rotella fuori posto possa interessare. Una relazione forse c’è con “C’è posta per te”, il format televisivo dove la posta (PP.TT.) si mette in gioco con una bellissima postina in bicicletta (Chiara Carcano ex Donnavventura); Maria lo sa e lo fa apposta per te, e solo la sera quando la posta è chiusa.
Scusate, non lo faccio apposta, mi vengono. Forse un giorno metterò la testa a posto. Al momento le mie battute le posto sui social.
Achmed era un importante e conosciuto trafficante di schiavi: un persona per bene che svolgeva con scrupolo una professione rispettabilissima per l’epoca. Hassan era il vice di Nef, Nef invece era Nef, da non confondere con Nek che non conta niente in questa storia, al massimo canta quando Laura non c’è.
Nef: “Bravo Hassan, hai fatto davvero un bel lancio!”
Achmed: “Ma che bravo d’Egitto! (Era un modo di dire comune non solo nel lontano e Alto Egitto ma anche nella vicina e Bassa Mesopotamia) Ha solo un culo grande come quello di un elefante!”
Nef: “La tua è tutta invidia, oggi è il suo giorno fortunato” poi girando lo sguardo “vero Hassan?”
Hassan: “Oggi sì. È che sono preoccupato per domani, l’oroscopo delle stelle non è dei migliori; non ci credo anche se…”.
Nef: “Ma tu credi agli astrologi? Sono solo un Branko di imbroglioni che non ne azzeccano una, forse un domani, chissà. Comunque da domani ti concederò un aumento, vedrai, così il nuovo giorno di luglio ti porterà fortuna (R. Del Turco) smentendo le stelle, e forse troverai anche qualche bella e giovane ragazza che ti farà perdere la testa. Ho visto che ti piace Laetitia, è una ragazza di buona famiglia perché appartiene a una buona casta, fa Castà di cognome ed è anche una “bona” (come Edwige Fenech che è nata “bona” a Bona, nome italiano di Annaba città dell’Algeria, l’antica Ippona). Hassan datti da fare o hai altri gusti?”
Hassan non rispose. Fece finta di non aver capito senza però riuscire a mascherare un certo imbarazzo. Il gioco continuò con un lancio di Achmed che andò su tutte le furie per il deludente risultato ottenuto:
“Ma che ca….mmello, con questo ho perso altri due schiavi!”
Nef: “Dai, non prendertela, in fin dei conti non ti puoi lamentare, con tutti gli schiavi che ti ho comprato!”
Nef aveva ragione. Gli affari per Achmed andavano a gonfie vele senza andare al massimo (e neanche in Messico – V. Rossi). Dopo la strage degli schiavi, avvenuta nel Viale delli Venti Clessidre per mano dei testimoni di Geo & Geo, Nef ne aveva comprati molti ultimamente da Achmed, tutti Ittiti. Ittiti tutti dai nomi simili perché provenienti dalla stessa città Ittita. Ittito Livio, Ittito Tullio, Ittito Stagno, Ittito Josip Broz, Ittito Boia (di chiara connotazione anticomunista ante litteram), ecco alcuni nomi di per sé esemplificativi. Si trattava di una grossa fornitura che serviva a rimpiazzare gli schiavi uccisi nella strage senza testimoni perpetrata dai testimoni di Geo & Geo, e per costituire una task force di pronto intervento immediatamente operativa in caso di emergenza. Nef si circondava anche di persone di sua fiducia e Hassan era il suo braccio destro. Nef lo sapeva anche se era mancino. Ma chi era mancino? Questo non lo si saprà mai. Comunque né Nef né Hassan erano tipi da immaginare qualche tiro mancino perché entrambi si fidavano ciecamente uno dell’altro e tra l’altro non erano nemmeno fan di Federico Zampaglione! A Hassan Nef aveva affidato la direzione operativa della complessa macchina “clessidrica” nata dalla sua mente eclettica (un archetipo tipo Musk).
I tre fecero tardi quella sera: le ore piccole e anche quelle più piccole come le ore piccoline; ma tanto non avevano una moglie che li aspettava a casa, ma solo qualche serpente, solo di passaggio però.
La casa di Nef era una bella casa arredata da “Mobili Casabella” (lo posso confermare perché i mobili li ho comprati anch’io a Pavia di Udine), dotata di tutti i pochi confort dell’epoca, con doppi e tripli servizi, tutti “en plein air” per una maggiore aerazione.
Aveva dormito poche ore quella notte perché era rientrato tardi: aveva fatto le ore piccole – se ve lo siete scordati -. Nef, dopo aver smaltito tutte le sue esigenze corporali, che non sto a dettagliarvi per salvaguardare la sua privacy, era solito lavarsi il viso servendosi di una tinozza piena d’acqua gelida; chinatosi davanti al recipiente, dove solitamente vedeva riflesso il suo viso, scorse qualcosa d’inquietante, e non era la sua faccia, a quella, bene o male, era abituato.
“HASSAN, MALEDIZIONE” gridò Nef alla vista di quella testa mozzata così familiare. Si alzò di scatto istintivamente, l’urlo che ne seguì, potente e dirompente, squarciò il silenzio del deserto facendo sobbalzare uno scorpione giallo di passaggio (Leiurus quinquestriatus) dal potente veleno, niente a confronto di tante lingue avvelenate. Sulla fronte di Hassan le solite due “G” rosse, ormai un marchio di fabbrica non ancora tutelato dal copyright. “VI SCOVERÒ, ASSASSINI! VI SEPPELLIRÒ TUTTI SENZA ALCUNA PIETÀ! PAROLA DI NEFERNEFERUATON!
Ti vendicherò amico mio, stanne certo.”
Nef si precipitò a tutto “shedeh” verso la prima grande clessidra (tradotto “a tutta birra”. Lo Shedeh era un prezioso vino rosso al tempo dei faraoni). Giunto sul posto col suo cammello puzzolente (la stessa cosa pensava di lui il cammello perché entrambi erano sudaticci) vide una scena già vista ma non meno repellente: teste mozzate in ogni dove, anche dove non poteva immaginare e sangue, tanto sangue e tanti cadàveri (cadavèri, non finti), dappertutto. Una scena ancor più repellente per via di quell’odore acre e rivoltante che i corpi sgozzati emanavano, corpi bruciati dal sole rovente del deserto dove non pioveva da anni (un po’ come sul Po): una scena, è il caso di dirlo, più che repellente: idrorepellente.
Nef doveva fare presto perché in quel giorno il faraone passava di sicuro lungo il Viale delle Venti Clessidre; l’oligarca straniero, che nel frattempo aveva fondato un partito personale, era partito verso il centro, centro-destra con una carovana interminabile di schiavi, igieniste dentali, olgettine, avvocati e uomini di Fede (Emilio). Il silenzio a Sharm era tornato e le cene eleganti al Bunga-Love erano terminate. La task force, da poco costituita con un numero sufficiente di schiavi addestrati, si rivelò provvidenziale per far partire la prima clessidra. L’orologio ad acqua, utilizzato per avere un’ora certa che le meridiane non potevano dare nelle giornate nuvolose, segnava le 07:20: la sabbia doveva già scorrere nella clessidra da venti minuti. Il tempo passava inesorabile; l’unica soluzione praticabile era di far partire la clessidra con un’ora di ritardo segnando un’ora sfasata, sperando che il faraone non se ne accorgesse. La prima clessidra iniziò la rotazione alle ore otto precise segnando invece le sette. Le altre clessidre, che regolarmente erano ripartite alle sette, dovevano essere poste in stand by facendole ruotare di 90° restando in posizione orizzontale, giusto il tempo necessario per allinearle con l’ora segnata dalla prima. Così tutto il complesso e macchinoso apparato clessidrico si uniformò con la stessa ora di sfasatura segnando un’ora legale al contrario (l’ora legale a quel tempo era illegale), così il ritardo di un’ora era garantito. Il cartello “clessidre non operative” non era previsto, ne andava della sua reputazione.
Bravo Nef, concorderete con me che un applauso se lo merita per davvero!
Serie: Le Venti Clessidre
- Episodio 1: 3 AMICI AL BAR
- Episodio 2: LA PIRAMIDE DEL MEGALOMANE
- Episodio 3: NeferTARI
- Episodio 4: DUNE E ADUNATE
- Episodio 5: LA TRIPLICE “L”
- Episodio 6: ETIMOLOGIA
- Episodio 7: PROLOGO
- Episodio 8: EPILOGO DEL PROLOGO
- Episodio 9: IL PACCO
- Episodio 10: QUESTIONE DI SHARM
“Non pretendo di ascoltare totalmente gli aneliti delle galassie più remote, ove i tuoi fratelli si sono adombrati. La mia carne non è distesa come una parabola nell’attesa di ogni stilla subatomica di eventi remoti gocciolanti su di essa. Forse la goccia proveniente dalle nebulose più remote scivolerà sui petali d’un calice di un fiore assetato avvertendo il mio spirito che le celle spazio temporali che occupano la sua massa usciranno finalmente dall’imperturbabile silenzio del loro comune cuore segreto”. Ho giocato con parole tue e mi sono divertito. Se i tuoi racconti piacciono lascia che sotto i tuoi occhi scorrano anche cantanti faraoni e politici perché, in fondo, entrambi scriviamo storie sopra le righe.
•
Ora il tutto mi sembra un misto fra il film La Mummia, un giornale di nota matrice politica (il Bunga…) e un settimale di Gossip…dove guardo? Da nessuna parte, lascio che tutto scorra innanzi ai miei occhi; Cantanti, Faraoni, Politici, chissà dove andrà tutta quella gente!
Geniale l’ora legale “al contrario” 😀 Achmed diventerà più ricco del Faraone se andiamo (e la coniugazione del verbo non è a caso) avanti a tagliar teste…
Vista la tua osservazione potrebbe essere Achmed il capo dei testimoni: stragista e affarista al contempo.
“Bravo Nef, concorderete con me che un applauso se lo merita per davvero!” Bravo Fabius, concorderete con me che un applauso se lo merita davvero! Oltre ai soliti elogi, qui mi ha colpito la parte descrittiva, soprattutto del “lavaggio” serale di Nef. Certo che qui stanno a fà na carneficina, sarà il caldo a provocare tutti questi “colpi di testa”? (Che battuta idiota, lo so 😂)
Grazie Carlo per la battuta. Pensa che l’intera serie nasce e si sviluppa tutta su di una sola battuta finale demenziale. Parafrasando un film famoso: “Nessuno è perfetto! “
“Questa carezza e` di Fabius P.” Ora ho capito, finalmente. La P. di Fabius sta per Papa. La storia non ne parla; forse e` durato meno di Papa Luciani. Scherzi a parte, con questa serie, ogni volta mi sembra di andare sulle montagne russe, su e giu`, tra passato e presente, dall’ alto in basso e viceversa; fino alle bassezze estreme di certi nostri piccoli “papi” del bunga.
Nel lunapark della sagra piu` importante del mio paese, le montagne russe erano il massimo del divertimento e dell’ adrenalina. Un po’ come fare banking jumping. Anche la tua scrittura, in questi episodi, mi fa pensare a un certo genere di lanci estremi nell’ imaginario umoristico. Non facile; tutt’ altro che banale.
La P. di Fabius P. è l’iniziale del cognome e non è la P. di Poeta né di Papa. Vedo che ti stai impegnando nel decifrare questa mia scrittura che definirei un non sens sensato. Spero di non deluderti con i prossimi capitoli. Grazie del commento.