48 ore di follia 

Serie: Diario di un folle bipolare


Prime 24 ore:

Non riesco a distinguere se sono realmente sveglio o se sto ancora dormendo. Mi desto con grande difficoltà. Il buio tutt’intorno mi impedisce di capire se sono davvero sveglio. Non riesco a comprendere dove mi trovo, non riesco a rammentare cosa sia successo; faccio fatica a ricordare, dentro la mia testa c’è un grande vuoto. Riesco solo a distinguere una piccola luce che si accende a intermittenza, ma non ho la lucidità per capire di cosa si tratti; i miei pensieri sono lenti e confusi. Sono circondato da un silenzio assordante.

Provo a muovermi, ma qualcosa che non riesco a identificare mi tiene strette le caviglie e i polsi. Improvvisamente, un sentimento di paura prende il sopravvento: mi rendo conto di essere legato a un letto. Comincio ad agitarmi, sento il battito cardiaco accelerare, lotto contro le cinghie che mi tolgono ogni libertà di movimento. Sento il letto tremare sotto la mia forza, ma nulla accade, e l’unico risultato è un dolore acuto. Allora comincio a urlare, non tanto per il dolore quanto per la sensazione di non essere più padrone del mio corpo; provo a chiedere aiuto, ma solo l’eco della mia voce mi risponde. Urlo ancora più forte e, con tutte le mie energie, cerco di liberarmi, fino a sentire i muscoli tendersi fino a strapparsi, ma non importa: urlo ancora più forte. Le corde vocali iniziano a bruciare, mi manca il respiro, forse sto davvero soffocando. Cerco di respirare, ma non ci riesco. Improvvisamente, le forze mi abbandonano e vengo inghiottito completamente dall’oscurità, sparendo dentro questo incubo, sperando che al mio risveglio non sia ancora legato. Piombo in un sonno pesante.

Dopo 24 ore

Una luce forte e improvvisa acceca le mie pupille, abituate al buio al  cui sono stato costretto non so per quante ore. Un dolore intenso e incontrollabile mi colpisce, come se mi avessero spruzzato spray al peperoncino o una sostanza irritante. Faccio fatica a tenere gli occhi chiusi. È impossibile descrivere a parole lo strazio che sto vivendo. Mi dimeno nel tentativo di proteggere gli occhi da quei flash di luce, ma le contenzioni mi tengono prigioniero: sono incatenato come un animale pronto per il macello. Realizzo di essere in una stanza d’ospedale, sedato, e comprendo che i miei “carnefici” sono dottori. Riesco a distinguere delle forme di persone in camice bianco. Ho una flebo attaccata al braccio, e un’infermiera sta cambiando la sacca. Intorno a me, sento voci che continuano a ripetere di stare calmo. Faccio fatica a comprendere le loro parole; il dolore provocato dalla luce inizia lentamente ad attenuarsi. Sono stordito, e tutta quella gente intorno a me mi agita ancora di più. Mi rendo conto di essere nudo, ma i miei pensieri sono troppo confusi per reagire.

Un dottore con folti capelli ricci, che sembra più umano degli altri, mi parla con voce calma: “Sa dove si trova? Come si sente?”. Non riesco a rispondere. Lui continua con voce pacata: “Si ricorda cosa è successo?”…

Serie: Diario di un folle bipolare


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Discussioni

  1. La sensazione di un impeto nero che soffoca con il suo vento sferzante il grido dell’anima……facendo vibrare sonorità impossibili che scivolano in acque troppo profonde e troppo tenebrose……

  2. Il disturbo mentale è un tema forte e coraggioso quando si decide di affrontarlo in un testo. L’inizio mi sembra buono e sicuramente sei riuscito a trasmettere l’angoscia del protagonista. Non voglio immaginare cosa sarebbe risvegliarsi in una condizione simile a quella che hai saputo descrivere così bene.