7/6/2025

Serie: Storia di un 74


Cronaca (che nessuno ha mai richiesto) di una maturità

Finisce così. Tredici anni che si concludono oggi. Non è strano? Tredici anni fa andavo in giro con la mia cartella rosa di Hello Kitty, oggi con il mio scalcinatissimo zaino grigio.

È finita, è finita per davvero, si sono aperte le porte e una fiumana di gente urlante si è riversata fuori dalla scuola. A un certo punto oggi ho provato così tante emozioni che il cervello si è spento, perché era tutto troppo e non ero in grado di sostenerlo.

Ho pianto parecchio, oggi.

Ho pianto quando ho rivisto per l’ultima volta i miei mitici professori, quando ho guardato oltre le sbarre della finestra e ho visto la vita, quando mi sono resa conto che da oggi in poi la 5E non esisterà più… O, almeno, la mia 5E.

Ma ho pianto soprattutto quando ho realizzato che non dovrò più studiare matematica. Che i 3 sono finiti. Che non ci saranno più esercizi tutti sbagliati alla lavagna né teoremi completamente inventati alle interrogazioni, niente più infiniti strani e irrisolvibili, e nemmeno verifiche da 5/16…

E abbandono anche il greco antico e i suoi duecento aoristi, abbandono le mie pietose versioni e il perfetto che non ho mai capito, posso finalmente salutare pure Platone e il suo Simposio…

Ora resta solo l’esame. Roba da poco, insomma, specie per quelli come me che hanno ansia di qualsiasi cosa.

Oggi la cantavano tutti insieme, “Notte prima degli esami”.

Ecco, appunto, cantavano.

Perché io me ne stavo nel mio consueto angolino a mangiarmi in tranquillità le mie patatine. Cioè ciò che ho fatto ad ogni intervallo per questi tredici anni.

Mi tornano in mente le elementari; gli intervalli da sola alla finestra, i pianti devastati il primo giorno di scuola, il fantasticare durante le lezioni…

E le medie, con i problemi ad integrarmi, i temi che mi ridavano autostima, la DaD…

Poi le superiori: crisi da sovraccarico, disegni durante le lezioni, dormite sul banco…

Infine, quest’ultimo anno: i momenti di pausa trascorsi a leggere, gli appunti scritti in una grafia illeggibile, lo studio che passava da “matto e disperatissimo” a “oggi sto sui libri massimo un’ora”…

E le speranze, la sofferenza, le stronzate sparate nelle verifiche, le scelte a caso nei test a crocette, le versioni in cui Socrate prima di morire si tagliava una gamba…

Ma in qualche modo siamo ancora qui, e siamo pure sopravvissuti. Non sono stati anni belli; parlo in particolare di quelli del liceo, ma in generale non ho mai amato la scuola.

Studiare? Assolutamente sì.

Andare a scuola? Mica tanto.

È sempre stata più di un Inferno che un Paradiso.

Ma ora posso finalmente dirle addio.

Addio alle finestre con le sbarre (in pieno stile carcerario), ai caloriferi che non funzionano mai, ai muri scrostati, alla muffa sul soffitto, all’acqua che entra in classe quando piove, alle accecanti lampade elettriche, alla LIM che si accende solo quando decide lei.

C’è qualcosa che mi mancherà, forse.

Forse forse certe persone che ho conosciuto, certi professori che mi hanno aperto la mente e gli occhi sul mondo.

Fine.

Tutto il resto è stato un disastro totale.

Sto esagerando un po’, credo, magari qualcosa in più mi mancherà… I bidelli (perdonatemi, personale ATA), almeno alcuni. E la biblioteca in cui andavo a studiare ogni sabato mattina, quando saltavo l’ora di religione.

E, parlando di persone, alcuni nomi li porterò per sempre nel cuore: mi riferisco ad Aristofane, Apollonio Rodio e Terenzio. Loro tre, da soli, mi hanno salvato dallo schifo di certi programmi.

Ad ogni modo, eccomi fuori da quel buco nero chiamato liceo.

Ora abbiamo davanti l’esame, ultima prova da superare per poter finalmente aprire le ali e fuggire da qui.

Serie: Storia di un 74


Avete messo Mi Piace4 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. “Perché io me ne stavo nel mio consueto angolino a mangiarmi in tranquillità le mie patatine. Cioè ciò che ho fatto ad ogni intervallo per questi tredici anni.”
    Un’immagine potente.👏

  2. Ciao Viola. Inizio adesso a leggere questa serie che si presenta molto bene. Il mio esame di maturità risale a “un po’” di tempo fa, ma leggere questo tuo diario mi ha riportato a quel periodo, alla fine di un lungo percorso di vita, alle speranze di andare oltre, alla paura di rimpiangerlo…
    Vado senz’altro avanti con la lettura!

  3. Mi ha colpito perché è vero: la fine della scuola è un miscuglio di sollievo, vuoto e ansia per il dopo. Anch’io, il giorno dell’esame, mi sono sentito dire dal mio professore di italiano: “Ora so C*** tuoi.” Ed è esattamente così.
    Mi è piaciuta la schiettezza del racconto, senza fronzoli né retorica. Anche le cose brutte, alla fine, diventano parte dei ricordi. E sì, forse ci mancherà più di quanto pensiamo.

    1. Sono felice che siano c**** miei, ora!
      Eh, purtroppo la retorica non è il mio forte… Nel bene e nel male, vince sempre la schiettezza, anche quando forse sarebbe meglio avere un po’ più di tatto.
      Ti ringrazio molto per il tuo commento 🖤

  4. Una cronaca, quasi sepolcrale. L’epilogo di un ciclo della vita che si concentra sull’imposizione didattica. E’ come se non fosse stato interessato da altro fuorché quella costrizione, che persino le sbarre alle finestre riconducono a una privazione di libertà. Ho letto con interesse e ciò che più mi ha colpito è l’assenza di aspettative, di uno sguardo che va oltre… L’immagine che proponi, purtroppo rispecchia l’inadeguatezza che pare contraddistinguere il mondo dell’istruzione: una giovane non dovrebbe sentirsi così. Ma la buona notizia è che la vita è fatta anche di un sacco di cose (e persone) belle che possono sorprenderci, fino diventare passioni. E, se è vero che “gli esami non finiscono mai”, è pure vero che questi possono trasformarsi in qualcosa di diverso, che ci intriga e ci appaga, basta seguire i nostri sogni. Grazie per la lettura e… auguroni!

    1. Ciao Paolo, ti ringrazio per il tuo prezioso commento. Penso che un grosso problema sia l’annullamento del “fuori”. A quante esperienze avrei dovuto rinunciare, per conseguire risultati migliori scolasticamente! Non l’ho fatto, e ne sono felice: ora non mi sento persa. È vero però che, durante questi anni, guardare al futuro è stato molto difficile; è sempre stato un “qui e ora”, mai un “dopo”… Spesso l’unico “dopo” a cui riuscivo a pensare era il famoso Esame di Stato. Ora che anche quello se n’è andato, posso finalmente guardare a un “dopo” più roseo.
      Grazie a te per aver letto e per l’augurio!

  5. In bocca al lupo, carissima Viola.
    Apri sempre le ali per spiccare il volo, adesso come a ottant’anni. Non farti ingannare mai dai rimpianti: spesso i ricordi sono belli perché hanno quella cornice che si chiama nostalgia.❤️❤️❤️

    1. Grazie mille! L’esame è ormai (finalmente) parte del passato, e mi sono chiesta: perché non pubblicare alcune pagine di diario? Anche perché certi avvenimenti che racconterò hanno portato l’esame a prendere una piega surreale; è stato un parto trigemellare, ma sono ancora tutta intera, e abbastanza sana mentalmente da poter raccontare il periodo forse più angosciante della mia vita ❤