
L’imprevisto
Serie: La moka
- Episodio 1: L’imprevisto
STAGIONE 1
La macchinetta per il caffè espresso si è bloccata, nulla di particolare, dopo sei anni di onorato funzionamento si è intasata e ieri l’ho portata a riparare.
Ho un senso di vuoto, la colazione del mattino è un fatto serio, non rinviabile e irrinunciabile, è il mio rituale per abbandonare il residuo torpore della notte e affrontare poi il caos strambo della luce del giorno. Per fortuna dietro una batteria di pentole c’è la moka, da tempo rimasta in paziente attesa, che sa il fatto suo e poi, in fondo al ripiano c’è pure a sorridermi la mezza confezione di caffè macinato residuo del campeggio di mia figlia.
Quando lei viene a trascorrere qualche giorno di ferie da noi si impadronisce della mia auto, porta via tutti gli ombrelloni che trova, mette a soqquadro la casa, compra viveri per un mese, «no papi, il tuo bancomat non lo voglio» e prima ancora che riesca a capire, la mia tessera è nelle sue mani, «ma sì , lo prendo così ti faccio il pieno».
A me fa il pieno, a me che poi son costretto a stare a casa a far la guardia alla sua gatta padrona del mio bagno mentre lei con il mio pieno e la mia auto parte per il mare di Calagonone!
Mi sono familiari quei tre pezzi della moka, quella base esagonale offre una sicura presa per aprirla o chiuderla, sono solo tre pezzi, nulla di complicato, l’acqua va giusto fino alla valvola, il filtro non deve bagnarsi. Quanti ricordi in quei semplici gesti. Ci si svegliava all’alba nella piccola tenda in riva al mare con la testa piena di sogni e di punture di insetti, erano i campeggi allo stato brado della mia gioventù, tre sassi con al centro un piccolo fuoco e la caffettiera sopra un po’ sbilenca che borbottava. I genitori che finanziavano le vacanze dei figli esistevano solo su Marte.
Mi fermo, metto un po’ di latte a scaldare sul fuoco e poi inizio a riempire il filtro con i cucchiaini di caffè. Mi piace questo rito calmo e affidabile, il caffè macinato lo devi far scivolare nel filtro senza schiacciarlo, un cucchiaino dietro l’altro fino a tirar su un piccolo monticello leggero e delicato. Ci vuole attenzione, se ne metti troppo avrai un caffè dal gusto bruciato, se ne metti poco vien fuori una ciofeca, ogni cosa ha una sua dimensione, un suo spazio da rispettare. Già, gran bella cosa il rispetto, quello di sé e quello verso degli altri. Mi chiedo se ho questa accortezza anche nel resto delle mie giornate.
Oramai abbiamo tutti una macchinetta espresso in casa, fa tutto lei in un attimo e se il caffè non è buono la colpa è della macchinetta. Devo ricordarmi di comperare altre fette biscottate, il pacco è quasi terminato.
Sempre più spesso utilizziamo qualcosa di preconfezionato, insalate, fettine di carne già condita, scatolami vari, cibi già cotti e pasticceria varia. Certo ci fanno risparmiare tempo e fatica preparatoria, così magari, recuperiamo lo spazio per fare anche qualcos’altro, naturalmente di fretta e senza che poi lasci alcuna traccia su di noi.
Ho notato che persino su Facebook, degna cornice dei nostri tempi, la maggior parte delle persone comunica postando frasi o immagini create da altri, non ci si prende neppure la briga di mettere giù due righe scritte di proprio pugno. Pigrizia espressiva? vuoto interiore da colmare con i pensieri di altri? O più semplicemente abitudine a servirsi di qualcosa di pronto e che ci faccia apparire come vorremmo essere e non come siamo. E allora vai con citazioni di proverbi, frasi fatte profonde e intense che dicono tutto ed il contrario di tutto, tranne forse ciò che veramente si pensa.
In un attimo abbiamo ciò che vogliamo senza fatica e senza doverci impegnare più di tanto e qualunque cosa ci accada siamo portati a pensare che comunque non siamo noi i responsabili. Si va di fretta e non c’è tempo di riflettere se ciò che stiamo facendo ha senso oppure no, se abbiamo esaminato altre possibilità o implicazioni e quanto le nostre azioni possono o meno avere riflesso sugli altri, tutto deve essere già pronto e predisposto. Una capsula e via, tutto già preconfezionato, nulla a cui pensare, da dosare, decidere, fa tutto lei.
Mi alzavo e uscivo per primo dalla tenda in riva al mare, mi piaceva preparare il caffè con pochi mezzi di fortuna, due legnetti sottratti alla spiaggia, un po’ d’erba rinsecchita erano sufficienti, poi l’odore del fumo si mischiava a quello del mare e del caffè, eravamo padroni del mondo, l’avremmo salvato a mani nude. Subito dopo però, rientravo in tenda e riprendevo a dormire.
La gatta di mia figlia mi guarda perplessa, non si fida più di tanto dei miei movimenti strani, sta ferma accanto alla porta pronta a schizzar via al minimo segno di pericolo.
Dopo aver sistemato il caffè nel filtro, la parte superiore della moka va stretta per bene, magari aiutandoti con panno per far più presa sulla base. Questa azione non la puoi fare distrattamente perché ci devi mettere forza, impegno, la pressione sviluppata dal fuoco del fornello va imbrigliata nella giusta direzione, non deve essere inutilmente dispersa da una giuntura
Serie: La moka
- Episodio 1: L’imprevisto
Un’interessante riflessione. Abbiamo fretta di avere altra fretta… mi consola il fatto, essendo “a-social”, di perdermi per lo meno una parte di vacuità, senza rimpianti; ma credo che il personaggio che ha davvero capito tutto sia la gatta, non tradisce la sua natura e i suoi ritmi. Grazie per la lettura
Bello squarcio di vita quotidiana.
Davvero bella l’associazione tra un insieme di gesti tipicamente italiani come preparare il caffè con la moka e tutto il resto, dalla capsula a facebook.