After Dusk – 1

Serie: Orrore ispiratore


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Gli autori di questa raccolta si ispirano ciascuno a uno scrittore diverso, che si tratti del suo stile o di un testo in particolare. Autore: @Nicolarighetti00

Nessun organismo vivente può mantenersi a lungo sano di mente in condizioni di assoluta realtà; perfino le allodole e le cavallette sognano, a detta di alcuni. Hill House, che sana non era, si ergeva contro le sue colline, chiusa intorno al buio; si ergeva così da ottant’anni e avrebbe potuto continuare per altri ottanta. Dentro, i muri salivano dritti, i mattoni si univano con precisione, i pavimenti erano solidi, e le porte diligentemente chiuse; il silenzio si stendeva uniforme contro il legno e la pietra di Hill House, e qualunque cosa si muovesse lì dentro, si muoveva sola.

Shirley Jackson, L’incubo di Hill House

«Che schiena storta» bisbigliò Matt a William, additando il Signor Dudley, occupato a inveire contro la serratura arrugginita del cancello.

«Shh!» fece William, e gli tirò un pugno sulla spalla. A sua volta indicò un punto.

Matt si zittì imbronciato, e guardò là dove gli indicava il fratello. La Signora Dudley aspettava il marito in macchina, con il finestrino abbassato. Doveva aver sentito qualcosa muoversi nel bosco, perché era intenta a scrutare il bosco circostante.

I due ragazzini si acquattarono dietro ai rovi; dopo un po’ la donna si convinse che non c’era nessuno, o quantomeno che se qualcuno (o qualcosa) ci fosse stato, non avrebbe potuto farle nulla. Il sole era ancora sopra le colline, e attorno a Hill House brillava l’ultima luce del giorno. Se qualcosa doveva accadere, sarebbe stato quando ogni bagliore si fosse spento.

I ragazzini osservarono la coppia di custodi avviarsi per la sterrata, lasciandosi dietro una nube di polvere. Quando l’eco dello scricchiolio dei sassi sotto gli pneumatici si spense, uscirono allo scoperto.

«È alto». Matt era dubbioso, e guardava il cancello.

«Cacasotto.»

«Io lì non mi ci arrampico. Guarda che spuntoni» disse indicando le punte di lancia della recinzione che circondava Hill House.

William gli tirò un altro pugno sulla spalla; Matt indietreggiò di un passo, guardandolo torvo.

«Non sono scemo, Matt» disse William picchiettando l’indice sulla tempia. «C’è un punto» disse avvicinandosi al fratello, «dove si è aperto un passaggio nella ringhiera.»

Matt annuì, spostando lo sguardo sugli angoli acuti formati dal tetto della casa. Le pareti di mattoni e in pietra erano ancora rivestite del loro intonaco viola, anche se sbiadito e leggermente scrostato. Il vialetto d’entrata era costeggiato da una fila di scheletri che un tempo potevano essere stati cespugli rigogliosi.

Il tetto era nero come il carbone, e anche da laggiù, davanti al cancello, si potevano scorgere le onde di calore risalire verso il cielo, distorcendo la vista delle colline retrostanti.

«È inquietante» commentò Matt osservando un corvo che si posava sulla superficie del tetto, per poi prendere il volo subito dopo. Forse per il calore eccessivo. O forse perché quel posto non gli piaceva per nulla.

William lasciò cadere le braccia, e un’espressione seccata gli comparve sul volto.

«Che vorresti dire?»

Matt deglutì; si fece coraggio, e poi disse: «Voglio dire, che lì la mamma non c’è».

«E tu che ne sai?»

Matt indugiò, chiedendosi se avrebbe fatto meglio a chiudere la bocca. Invece, diede voce ai suoi pensieri; non quelli del momento, ma quelli che di notte – ogni notte da un anno e mezzo ormai – lo tenevano sveglio.

«Mamma non ha mai voluto bene a papà. E nemmeno a noi». Esitò, osservando il volto di suo fratello accipigliarsi. Raccolse il coraggio e proseguì: «È una tossica. In questo momento sarà in qualche roulotte, stordita al punto da non ricordarsi che noi–»

La frase gli morì in gola, e lui si trovò la nuca a grattare contro la ruggine delle sbarre della cancellata. Attorno il suo collo era serrata la mano destra di William; la sinistra stretta in un pugno sospeso nell’aria.

«Checca» sibilò William. «Apri ancora bocca su mia madre e ti ritroverai a mangiare pappine con la dentiera.»

Matt provò a scalciare, ma il fratello accentuò la presa sul collo, impedendogli di respirare. Lui smise di divincolarsi, e la presa si allentò.

«L’ho vista» disse William. «L’ho vista!» gridò, e la sua voce si fece stridula. I suoi occhi brillavano. «In quel cazzo di sogno, io l’ho vista camminare fino al cancello. Ed era aperto… era notte…» Ora la voce di William aveva perso ogni traccia di collera, e i singhiozzi spezzavano il discorso in tanti pezzetti di due o tre parole.

«Era ubriaca, maledizione. Lo era nel sogno» piagnucolò, e mentre le lacrime iniziavano a rigargli il viso, tornò a stringere la mano attorno al collo del fratello.

«Non sapeva quel che stava facendo, ed è entrata». Fece una pausa, durante la quale lanciò una lunga occhiata alla casa alle spalle di Matt. Poi lo lasciò andare; Matt si accasciò a terra, massaggiandosi la pelle su cui stavano comparendo due grossi lividi.

«E io sono sicuro che è ancora lì. Intrappolata. Sta aspettando noi.»

Si voltò a guardare Matt, e i suoi occhi tornarono a infuocarsi. «O solo uno di noi» disse digrignando i denti. Fece un passo verso il fratello, che d’istinto si rialzò e portò le mani a proteggersi il collo. Non ce ne fu bisogno.

«Parla ancora in quel modo» lo avvisò, «e sarai tu a sparire». E così dicendo, si incamminò seguendo la recinzione.

Matt restò a fissarlo, fino a quando la sua sagoma non si ridusse a una camicia rossa svolazzante, che sparì dietro all’angolo retto del perimetro di Hill House. Quindi si sedette a terra, e ascoltò il suo corpo che gli parlava. C’era rabbia nei confronti della loro madre, e ce n’era anche nei confronti di quell’idiota buono a nulla del padre. C’era risentimento nei confronti di un fratello che non c’era mai. E, sempre nei suoi confronti, tanta tristezza; e pena. Si portò le mani sugli occhi, e pianse, senza badare al rumore del suo pianto.

Dava per scontato che nessuno, nel bosco attorno a lui, o dietro alle finestre di Hill House, lo avrebbe sentito.

Serie: Orrore ispiratore


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Discussioni

  1. Uno dei miei romanzi preferiti. Ho visto anche le trasposizioni cimatografiche. Mi piace l’idea che hai sviluppato e il modo in cui l’hai inserita all’interno della trama originale. Anche i dialoghi tra i due ragazzini sono ben studiati. Attendo il seguito. Bravo.

  2. Ciao Nicola. Ti perdoniamo l’attesa 🙂
    Anche perché questo prima parte del racconto è molto interessante, per i dialoghi e per i personaggi disagiati “kinghiani”, come dice Gabriele, sia per la descrizione del luogo e per il senso di attesa che sei riuscito a generare.

  3. In poche righe di dialogo ci catapulti dentro una situazione da incubo e disastrosa allo stesso tempo. Mannaggia a me non ho ancora avuto modo di leggere questo famoso romanzo di Shirley Jackson, dunque non saprei dire quanto c’è di fedele alla scrittrice in questo testo. Però, da quel poco che so anche di quest’altro autore, cioè Stephen King, le situazioni familiari complicate sembrano essere un fattore distintivo di quest’ultimo. Hai per caso mischiato le ispirazioni anche in questo senso, o mi sbaglio? Magari anche la Jackson era solita dare questo tipo di contesto ai suoi personaggi.
    Ad ogni modo rimane un ottimo primo episodio, arricchito anche dall’incipit de L’incubo di Hill House (unica parte del romanzo che effettivamente conoscevo), che rimane fra i più riusciti all’interno di questo genere immortale.
    @Nicolarighetti00

    1. Ciao Gabriele! Grazie mille, per le tue parole 🙂
      effettivamente lo stile non è molto simile a quello della Jackson; come hai notato è più simile a quello di King, ma questo è dovuto più al fatto che si tratta del mio stile (avendo letto tantissimo King, ne sono influenzato, come lo siamo tutti con ciò che leggiamo).
      Quello che ho “usato” del romanzo della Jackson è – oltre al nome della casa e all’ambientazione, sia fuori che dentro di essa – l’idea di una dimora quasi vivente, e con un’indole malvagia.
      Concludo consigliandoti di leggere il romanzo; ho notato con dispiacere nelle recensioni che non tutti lo apprezzano, ma a me è piaciuto molto!

      1. Capisco, beh sì le lettura fatte con particolare coinvolgimento finiscono per influenzare inevitabilmente anche la scrittura, c’è poco da fare!
        Parli per caso delle recensioni su siti come amazon? Perché di solito, le recensioni in quelle sedi lasciano un po’ il tempo che trovano ahaha. Una volta ho sentito che qualcuno si era imbattuto in un commento lasciato sotto “Il grande Gatsby”, che valutava il libro “noioso” e nulla più…