After Dusk – 2

Serie: Orrore ispiratore


Gli autori di questa raccolta si ispirano ciascuno a uno scrittore diverso, che si tratti del suo stile o di un testo in particolare. Autore: @Nicolarighetti00

Quando le lacrime si furono asciugate, Matt non ricordava quanto tempo fosse passato, ma non poté fare a meno di notare un dettaglio: il sole era calato dietro le cime delle colline oltre Hill House.

«Will?» chiamò. Dalle fronde sopra la sua testa si levò un fruscio; poi ci fu uno sbattere di ali, e un uccello nero volò nel cielo tinto di nero.

«William!» disse ad alta voce; si ritrovò a voltarsi di scatto prima in una direzione – verso la casa – e poi verso quella opposta, dove il bosco si perdeva in una sfumatura di verde scuro e nero. Gli sembrava che qualcuno avesse parlato. O era stato l’eco della sua voce? Avrebbe avuto senso, se quella voce fosse giunta da oltre la casa, dove le colline riflettevano i rumori della valle. Ma dal bosco…

Restò in silenzio per qualche minuto, sforzandosi di cogliere il minimo fruscio, lo schiocco di un ramoscello spezzato, o il richiamo di qualche rapace notturno. Ma tutto era avvolto dal silenzio. Alla sua sinistra la ringhiera continuava fino al punto in cui svoltava ad angolo retto; dove Will era sparito quando il sole era ancora in alto nel cielo.

Si guardò attorno un’altra volta; deglutì a forza. Gli sembrava che Will fosse sparito da mesi. Come la mamma. Di colpo si ritrovò a realizzare che, giù in paese, aveva una casa, e che suo padre lo aspettava insieme a Will. Erano tutte informazioni alle quali non aveva mai pensato con concretezza perché, ora lo sapeva, le aveva sempre date per scontate. La sua cameretta, la cena preparata in tavola, la scuola al mattino, i professori e gli amici…

Ricordò di quando il professore aveva spiegato alla classe quanto fosse importante preservare i valori della democrazia. Per farlo aveva preso come esempio un racconto di un ragazzino polacco, che si era trovato prigioniero dei nazisti nel 1939. Il succo della storia era che, quando si è liberi, non si capisce fino in fondo la fortuna che si ha. Quando invece si finisce sotto al gioco di un dittatore, quando si perde la possibilità di determinare la propria vita o quella del proprio gruppo o nazione, allora tutto appare limpido, e si capisce cosa non si ha più. Quelle parole gli sembravano così vicine… eppure, lì al limitare del bosco, di dittatori non ce n’erano.

O forse sì? si chiese guardando Hill House.

Il cuore gli batteva in gola. Cercò di controllarsi, respingendo il panico incipiente e sforzandosi di respirare con regolarità. Funzionò, e dopo qualche istante sentì l’affanno scemare. Quindi tornò a guardare la ringhiera, che correva perdendosi nell’oscurità, avvolta da una foschia che arrivava dal bosco e, quasi che avesse una sua coscienza, si spostava volontariamente verso Hill House, accarezzando i pali della recinzione con le sue dita fredde, avvolgendo i muri e le finestre della casa. La foschia si infittiva, e l’angolo della recinzione non era più visibile. Matt si incamminò.

***

A metà del lato est della proprietà il muretto aveva ceduto, e un paio delle stecche della recinzione si erano incrinate, offrendo un’apertura grande a sufficienza perché ci potesse passare un ragazzino della sua stazza. Si avvicinò e si fece strada, stando attento a non toccare con le mani o con il collo nudo il ferro arrugginito della recinzione, quasi che sulla sua superficie ruvida si annidassero batteri mortali.

Con un balzo scese dall’altra parte del muretto; fu come varcare la soglia di un altro mondo. Mentre camminava lungo il perimetro esterno della proprietà si era più volte scosso la maglietta, per staccarsela dalla pelle sudata e far passare un po’ di aria. Aveva i capelli appiccicosi, aderenti alla fronte imperlata di sudore. Ora invece sentiva la pelle d’oca, e avrebbe indossato volentieri pullover di cotone, se solo lo avesse avuto con sé. Incuriosito da quel cambio repentino, allungò la mano verso l’apertura nella ringhiera da dove era passato, portandola al di fuori del confine. La sensazione era quella di infilare la mano dentro a un forno spento da un po’, ma ancora caldo. La ritrasse, e avvertì il freddo pizzicante di quando si cerca l’ultimo gelato in fondo al freezer. Quel posto era freddo. Di nuovo, il panico prese a minacciarlo di impossessarsi delle sue facoltà mentali. Di nuovo, lo respinse.

Davanti a sé Hill House si stagliava imponente, solida nei suoi muri di pietra e mattoni, con il tetto a punta che rifletteva la luce fredda della luna. Le imposte erano crepate, incrinate, o addirittura assenti in alcuni punti, e davano alla casa l’aspetto di una bocca sdentata; eppure capace di un morso fatale.

Si incamminò misurando ogni passo, fino a scorgere una finestra dal vetro infranto. Si bloccò. Respirò profondamente – senza azzardarsi a chiudere gli occhi, però – e riprese a camminare.

Dal telaio in legno scolorito sporgeva un frammento aguzzo di vetro, dal quale pendeva qualcosa. Matt si avvicinò, e raccolse un pezzo di cotone rosso; un lembo di camicia rossa.

«Will! Vieni fuori!» azzardò affacciandosi alla finestra. Non lo avesse fatto. Balzò all’indietro, in preda al terrore. Il vetro era infranto, quindi non c’era nulla a frapporsi fra lui e l’interno della casa. Eppure, la sua voce non aveva rimbombato nei corridoi, su per la tromba delle scale, o tra i cristalli impolverati del lampadario. Invece, sembrava essersi scontrata contro una parete invisibile, appena oltre il suo naso. Una parete che non poteva vedere… ma c’era.

E allora un pensiero gli balenò nella mente: se lì c’era una parete, cos’altro c’è, che io non vedo?

Continua...

Serie: Orrore ispiratore


Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Horror

Discussioni

  1. In questo episodio siamo proprio all’interno di quello che sembra sarà il protagonista della vicenda: seppur breve mi è piaciuto, sembra che ci prepari a una catastrofe imminente.