After Dusk – 4

Serie: Orrore ispiratore


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Gli autori di questa raccolta si ispirano ciascuno a uno scrittore diverso, che si tratti del suo stile o di un testo in particolare. Autore: @Nicolarighetti00

Scavalcò il telaio della finestra, e senza accorgersene il frammento aguzzo lo tagliò al braccio sinistro. Si ritrovò nella cucina di Hill House. Le pentole di rame appese emanavano barlumi rossi, riflettendo la luce della luna. Un lavandino gocciolava, e l’acqua cadeva sul fondo del lavello ticchettando come un orologio. Davanti a sé, oltre il piano da lavoro centrale in marmo, c’erano tre porte, la terza delle quali era aperta.

Senza indugiare varcò la soglia della terza porta, e fu nell’atrio d’ingresso. Si guardò attorno, scrutando le scale che portavano al piano di sopra, i finestroni di vetro colorato coperti di polvere, i teschi posti ad ornamento sulla pietra dell’ampio camino. Alla sua sinistra una parete tinta di viola scuro, spoglia, ad eccezione di un quadro di cui non si capiva la raffigurazione. Sotto al quadro, un’altra porta aperta.

Varcò anche quella soglia, e percepì l’umidità insinuarsi tra i pori della sua maglietta, appesantendola, e un odore verdastro gli sfiorò le narici. Davanti a lui le fronde del giardino d’inverno si fondevano con l’oscurità creando forme orrende. Stava per tornare indietro, quando con la coda dell’occhio scorse qualcosa. Tra le foglie di un albero intravide un bagliore bianco, che si muoveva, e si spostò fino a raggiungere l’estremità del corridoio di piante. La figura luminosa aveva sembianze umanoidi, e aleggiò qualche istante nell’aria, poi si mosse attraversando una porta di vetro.

Chiedendosi se avrebbe dovuto seguire quell’apparizione, o se avrebbe fatto meglio a scappare (diavolo, avrebbe benissimo potuto scavalcarla quella maledetta ringhiera), si accorse tuttavia che non provava paura. Si sentiva come quando si era trovato a casa da solo, di notte, e qualcuno aveva graffiato la porta. Subito aveva pensato a un malvivente, ma quando, dopo un’ora, nessuno aveva ancora fatto irruzione nella casa, la tensione era svanita, e lui era rimasto vigile, ma consapevole che tutto era sotto controllo. La sensazione che provava ora era simile… sebbene la situazione non fosse per nulla sotto controllo. Gli venne in mente un passaggio di un romanzo gotico che aveva letto l’estate scorsa: la consapevolezza di questo finale inevitabile rende il dolore più piacevole, o almeno accettabile. E non hai più paura.

Non andò oltre con i pensieri, e si mosse seguendo la figura luminosa, seguendola oltre la porta di vetro, e si trovò in una stanza enorme, ai piedi di gigantesche statue di marmo bianco. Donne che danzavano immobili, uomini muscolosi avvolti da foglie di pietra, e bambini – bambini come lui – che sedevano immobili a guardare il soffitto. Un soffitto stellato che rapiva lo sguardo, ma lui non poteva perdersi in ciò.

Si voltò e, al centro della grande stanza, alla base di un’immobile donna bianchissima dal volto malinconico, giacevano due corpi. Uno era quello della sua mamma. Sopra di lei aleggiava la figura umanoide luminosa. Restò un istante sospesa nell’oscurità, poi si spense, portando con sé la luce fredda.

L’altro corpo, appena più piccolo e molto più magro, era quello di un bambino dell’età di Matt; e indossava una camicia rossa. All’improvviso avvertì un forte bruciore al braccio, e si portò la mano sulla ferita che non si era accorto di essersi procurato. Sentì il calore del sangue, e l’odore di ferro, e si ricordò della scritta sul muretto.

Non puoi andare via.

Era come se la casa lo avesse prima anestetizzato, e poi avesse voluto ricordargli l’avvertimento.

La ignorò (se avesse voluto ucciderlo, quella maledetta casa, che lo facesse), così come non si curò del cadavere della donna che era stata sua madre, e si gettò sul corpo di Will. Lo abbracciò – anche se lo sentiva rigido e freddo – stringendolo più forte che poteva.

Pianse, ricordando le corse nei campi, con il grano appena cresciuto che gli faceva solletico alle caviglie; e il bagno nell’acqua gelida del fiume; la corteccia ruvida delle querce, sulle quali si erano arrampicati.

Nel frattempo un frastuono riempì la stanza; era un rumore di pietre che grattavano e sbattevano l’una contro l’altra. Matt alzò lo sguardo, e vide che le donne non stavano più danzando, e i bambini avevano smesso di guardare all’insù. Quelle figure bianche, dure e insensibili stavano avanzando verso di lui.

A quel rumore si unì lo scricchiolio delle assi di legno, mentre le pareti e i soffitti sembravano deformarsi, alzandosi e abbassandosi, espandendosi e ritraendosi, come i tessuti di un vecchio cuore ancora vivo.

Hill House era stata risvegliata, disturbata da una presenza a lei sgradita. Avrebbe eliminato quelle persone, come aveva sempre fatto, e come avrebbe continuato a fare. Forse, come diceva qualche superstizioso giù in paese, se ne sarebbe addirittura cibata.

Matt non tentò di sfuggire a quella morsa, e si strinse più forte al cadavere del fratello. Solo all’ultimo, prima che una mano gelida di marmo gli afferrasse la caviglia spezzandogliela, decise di prendere per mano sua madre.

Serie: Orrore ispiratore


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