Akhenaton

Serie: Dalle sabbie del caldo Egitto al gelido mare d’Irlanda


Fatti strani

Molti di noi ricorderanno il film che parla di Sinuhe l’egiziano, giovane cresciuto alla corte del faraone e poi divenuto medico al servizio dei poveri; e del suo sovrano Amenhotep IV, il faraone eretico che prese il nome di Akhenaton, uno dei sovrani dell’antico Egitto più famosi, che ha fatto scorrere fiumi di inchiostro dalle penne di storici, archeologi, moralisti, romanzieri.

Akhenaton sposo di Nefertiti, Signore delle due Terre, colui che aveva liberato l’Egitto dalla dominazione degli Hyksos, colui che abbandonò la religione dei multiformi dei dell’antico Egitto col loro aspetto umano o animalesco per sostituirla con l’austero monoteismo di un simbolo astratto. L’adoratore del Sole. La vittima dell’Esodo ebraico, il mentore di Mosè, l’ispiratore del monoteismo ebraico. Colui la cui terza figlia, Ankhes-en-pa-Aton, divenne la moglie del successore del padre, Tut-ankh-Amun, il cui sepolcro stipato d’oro ha costituito la scoperta più spettacolare degli annali dell’archeologia.

Sotto l’impero dell’uomo di cui il grande egittologo James Henry Breasted dirà: “uno spirito quale il mondo non aveva mai veduto prima, un’anima coraggiosa, che intrepidamente affronta la spinta di una tradizione stabilita da tempi immemorabili e che si discosta da una lunga serie di faraoni convenzionali e incolori per poter disseminare idee troppo al di là e al di sopra della possibilità di comprensione del tempo in cui visse. Noi cercheremo un uomo simile fra gli Ebrei, setto o otto secoli più tardi; ma il mondo moderno deve ancora adeguatamente apprezzare o perfino conoscere quest’uomo che in epoca tanto remota e in condizioni così avverse, divenne non solo il primo idealista del mondo e il primo personaggio significativo della storia, ma anche il primo monoteista e il primo profeta dell’internazionalismo. La figura di maggior spicco del mondo antico prima degli Ebrei.” Sotto questo impero fiorì un culto innovativo e straordinario, che parlava di un concetto teistico centrale, onnicomprensivo, simboleggiato dal sole, “Aton, vivo, che dai inizio al vivere” e dall’uguaglianza di tutti gli uomini di fronte a tale sublime onnipotenza.

A Tell el-Amarna, moderno nome composito di una zona dove le cappelle tombali tagliate nelle rocce vicine erano decorate con scene del sovrano e della sua corte, in una zona situata sulla sponda orientale del Nilo, nel Medio Egitto; in un “uadi” abbandonato, a circa sei chilometri dalla pianura vennero trovati delle grandi stele intagliate nelle rocce le quali delimitavano un’antica circoscrizione cittadina chiamata Akhet-Aton, cioè l’Orizzonte (o luogo di riposo), dell’Aton. E, in una di queste tombe, una delle sacerdotesse del nuovo culto di Aton, venne sepolta. Per settanta giorni, tanto era il tempo necessario al processo di mummificazione, la Terra delle piramidi trattenne il respiro. Il rito chirurgico preparatorio venne rigorosamente rispettato: il rosso bagliore delle fiaccole e quello verde-azzurro delle lampade ad olio popolarono la notte di spettri.

Un’equipe di specialisti seminudi sezionarono il cadavere. La loro umile origine contrastava con l’alta missione. Mentre i sacerdoti urlavano preghiere, squarciarono la parte addominale con gli scalpelli di pietra. Con mani rese sicure dalla lunga esperienza estrassero con cautela le interiora. Il cuore, il fegato, i polmoni e i reni furono messi in appositi canopi: con le ciotole versarono la soda nelle cavità interne della salma, la quale poi con la soda venne tutta coperta affinché i tessuti potessero completamente disidratarsi. Arrivarono poi i mummificatori con balle di finissimo lino e pentole di resina bollente; essi soltanto trasformavano il cadavere in mummia. Il corpo così accuratamente preparato doveva essere senz’altro di una persona non comune, una sacerdotessa che aveva goduto di grandi onori in vita, durante il regno di Akhenaton, così importante che le venne costruito un piccolo tempio, il “Tempio degli Occhi”.

La salma era corredata dai soliti amuleti e manufatti.

Un amuleto venne posto sotto la testa della sacerdotessa. Il cartiglio recitava: “Svegliati dal sonno profondo in cui dormi e uno sguardo dei tuoi occhi trionferà su ogni cosa che verrà fatta contro di te.” Era forse questa l’indicazione che la sacerdotessa godeva di una speciale protezione? Il corpo, avvolto in finissimo e candido lino venne posto in un simulacro di legno raffigurante la sacerdotessa che venne poi racchiuso in un pesante sarcofago. Così la sacerdotessa di Amen-Ra venne posta a riposare circa millecinquecento anni a.C. nel suo “Tempio degli Occhi” sulle rive del Nilo. E così restò a riposare per quasi altri quattrocento anni quando, sulla fine del 1890, quattro giovani ricchi inglesi che visitavano degli scavi archeologici vennero attratti dall’ottima fattura dei resti della Sacerdotessa di Amen-Ra. Tirarono a sorte su chi dovesse essere il fortunato possessore del sarcofago. L’uomo che vinse pagò parecchie migliaia di sterline e fece portare il sarcofago al suo hotel. Dopo poche ore fu visto camminare verso il deserto.

Non fece mai più ritorno.

Il giorno successivo uno dei tre inglesi restanti venne colpito da una fucilata esplosa per errore dal suo servitore egiziano.

La ferita fu così grave che si dovette amputargli un braccio.

Il terzo uomo tornò in Inghilterra, per scoprire che la banca dove aveva depositato tutti i suoi risparmi era fallita.

Il quarto uomo venne colpito da una grave malattia, perse il lavoro e si ridusse a vendere fiammiferi agli angoli delle strade. Comunque il sarcofago arrivò in Inghilterra (provocando altri inconvenienti durante il tragitto) dove venne acquistato da un uomo d’affari inglese. Però dopo che tre membri della sua famiglia vennero feriti in un incidente stradale e la sua casa fu quasi distrutta dal fuoco, questi donò la mummia al British Museum. Mentre il sarcofago veniva scaricato da un camion nel cortile del museo, il camion andò improvvisamente in retromarcia e investì un passante. Quando l’avello venne trasportato su per le scale da due operai, uno di questi cadde e si fratturò una gamba. L’altro operaio, apparentemente in perfetta salute, morì senza motivi apparenti dopo appena due giorni. Ma i veri guai iniziarono quando la mummia venne posta nella Sala Egizia del museo. Il guardiano notturno del museo udiva frequenti colpi e sospiri provenire dal sarcofago. Altri suppellettili nella sala venivano scagliati per aria durante la notte. Una guardia notturna morì quando era in servizio, incidente che convinse un’altra guardia, presa dal terrore, a licenziarsi. Gli uomini addetti alle pulizie iniziarono a rifiutarsi di avvicinarsi al sarcofago. Quando un visitatore si mise a ridere della cosa e passò uno straccio della polvere sul volto raffigurato sul sarcofago, gli morì il figlio di morbillo dopo poco tempo. Le autorità del museo decisero infine di trasferire il sarcofago nello scantinato, ritenendo che in tal modo non avrebbe più provocato danni. Nel giro di una settimana, uno degli operai che effettuarono il trasloco cadde gravemente ammalato, e il supervisore al trasferimento fu trovato morto alla sua scrivania. A quel punto, la stampa iniziò a parlare degli strani avvenimenti. Un giornalista prese una fotografia del sarcofago e quando sviluppò la foto nella camera oscura, il dipinto del volto sul feretro era diventato quello di un volto umano terrificante. Il fotografo tornò allora a casa, si chiuse in camera da letto e si sparò un colpo di pistola alla tempia. Dopo poco, il museo vendette la mummia ad un collezionista privato. Dopo una serie di incidenti (e di morti), il proprietario confinò il sarcofago in soffitta.

Una nota autorità nel campo dell’occultismo, Madame Helena Blavatsky, visitò la casa dove era contenuta la mummia. Dopo essere entrata in casa venne presa da un tremore incontrollato e iniziò a cercare la fonte di “un’influenza maligna di incredibile intensità”. Arrivò infine in soffitta e trovò il sarcofago. “Può esorcizzare questo spirito maligno?” chiese il proprietario. “Non esiste esorcismo in grado di farlo. Il male rimane per sempre del male. Nulla si può fare a riguardo. La supplico di sbarazzarsi di questa mummia al più presto possibile.” fu la risposta.

Ma nessun museo inglese avrebbe più voluto prendere la mummia. Il fatto che almeno venti persone andarono incontro a disgrazie, incidenti o addirittura alla morte in nemmeno dieci anni era ormai ben noto. Ma un archeologo americano, testardo e incredulo (attribuì gli avvenimenti alle stranezze del caso), pagò una discreta somma perché la mummia venisse rimossa e trasportata a New York.

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