
Al di là del bordo – 2
Serie: Orrore ispiratore
- Episodio 1: Rewind
- Episodio 2: La mano
- Episodio 3: L’urlo di Jo – 1
- Episodio 4: L’urlo di Jo – 2
- Episodio 5: Una piccola imperfezione
- Episodio 6: Al di là del bordo – 1
- Episodio 7: Al di là del bordo – 2
- Episodio 8: Al di là del bordo – 3
- Episodio 9: Al di là del bordo – 4
STAGIONE 1
«Beh, ci è andata piuttosto bene alla fine» disse Kovács, ancora intento ad analizzare lo stato del fiume. Si era tolto le scarpe e si era seduto davanti a un cespuglio di salici a prendere il sole. Nonostante il vento e la piena, la luce di mezzogiorno era intensa.
«È la prima volta che mi avventuro fino a questo punto. Nelle paludi, voglio dire» dissi io in risposta al mio amico, non senza un’aria di sorpresa affettata. Chiamarle paludi poteva sembrare non proprio corretto ora, vista la fretta con la quale sfrecciavano via le acque.
Ad ogni modo, sin dal primo momento in cui avevamo messo piede su questa specie di isolotto ghiaioso – sapevamo che non sarebbe durato a lungo in quelle condizioni – mi sentivo strano, e non potevo dirmi del tutto sereno. No, la precarietà del nostro fortuito rifugio non c’entrava niente: avevamo una solida barca e un solido remo con noi, il vento era sì alto ma il cielo non minacciava neanche una goccia di pioggia, e nel peggiore dei casi avremmo attraversato l’intero tratto del fiume fino ad arrivare alla prossima città incolumi. Inoltre l’uno faceva di compagnia all’altro, ed è ben risaputo come le sventure condivise tra amici gravino meno sullo spirito. Era piuttosto un sentore di allarme generale, non definito, a cui, almeno per il momento, non riuscivo ad attribuire una causa.
«Anche per me è la prima volta, eppure non mi sento affatto incuriosito, sai? Questo posto è tremendamente isolato, e vi ci siamo catapultati troppo in fretta. Non sospettavo l’esistenza di una tale desolazione, nemmeno lungo il Danubio.»
Le parole di Kovács erano forzate, lo sentivo dal suo tono. Non aveva voluto veramente dire che “non si sentiva incuriosito”, ma che in questo luogo si sentiva a disagio. E il senso di desolazione a cui aveva accennato, e che anche io sentivo, non era fonte di curiosità o di stimolo né per me né per lui. Non che non fossimo rimasti colpiti da quello scenario, anzi ognuno ne era affascinato a modo suo: il punto è, penso, che c’era qualcosa di cui entrambi eravamo consapevoli, da quando avevamo tirato in terra la barca, che ci impediva di godere della nostra bizzarra avventura a dispetto degli imprevisti. Ma la natura di questo qualcosa continuava a rimanere sfumata.
«Spero che quei due tizi sulla canoa non se la stiano passando male. Con quella velocità, a quest’ora devono trovarsi già vicini a Komárom» riprese poi il mio amico, lasciando trapelare una nota di amarezza. Il sottotesto poteva essere all’incirca questo: “vorrei essere anch’io su quella canoa, o in qualunque altro posto tranne questo”.
«Non ti piace qui, vero? Anch’io sento qualcosa di strano, qualcosa di sbagliato, di… fuori posto, ecco.»
Mi bloccai un attimo, pensando di aver esagerato o detto troppo. Ma guardando dritto negli occhi di Kovács, seppi che avevo centrato il punto. Lentamente, annuì.
«Esatto, sì. È la stessa cosa che sento io. Pensi che sia la fragilità di quest’isola? Ho come la sensazione che stia per affondare da un momento all’altro.»
«Può essere, ma non si tratta solo di questo. Da quando siamo approdati, non ho potuto fare a meno di avvertire una strana pesantezza nell’aria, e non intendo solo in senso figurato.»
Era vero, muoversi ci risultava particolarmente faticoso. Nel frattempo mi ero seduto accanto a Kovács in modo da vederlo di profilo, e solo adesso le mie spalle cominciavano a provare sollievo. Stare in piedi era stancante.
«Tu hai fame?» chiese lui all’improvviso, ignorando sulle prime la mia considerazione sul peso dell’atmosfera. Ora che mi ci faceva pensare, non avevo fame.
«No» risposi secco. Kovács replicò con un verso in apparenza insignificante, ma che sapevo esprimere in realtà una sua aspettativa confermata. Non avevo nemmeno bisogno di rigirargli la domanda, e per un po’ restammo in silenzio.
Riflettevo sull’assenza della fame da parte di entrambi, malgrado fosse già trascorso mezzogiorno. Di solito, gli stimoli primari come quello di mangiare si sopiscono solo in alcune circostanze. Una situazione di pericolo, ad esempio, può ben far sì che la fame o il sonno si attenuino; così come nei casi di intensa operosità mentale – non importa a cosa sia dovuta – i bisogni più bassi del corpo passano presto in secondo piano. Ora, in questa nostra condizione, non potevo fare a meno di attribuire la mancanza di appetito al connubio di queste due eventualità. Tutti e due ci sentivamo in pericolo per qualcosa, e i nostri pensieri erano impegnati in attività che riuscivamo ad afferrare a malapena.
«L’aria qui è davvero più pesante, hai ragione. Lo è a tal punto che…» si fermò un istante, e poi riprese. «A tal punto che sono sempre consapevole del mio respiro.»
Su di noi calò un velo cupo. Aveva pronunciato le ultime parole con un’inflessione strozzata: fu fin troppo chiaro per me che il mio amico era profondamente turbato. Sebbene fossimo inondati dalla luce del primo pomeriggio, i nostri animi si erano fatti bui in un battito di ciglio. Ovunque mi girassi c’erano solo piante di salici che oscillavano impetuose, prede del soffiare dei venti, e per qualche ragione non ne potevo sopportare la vista prolungata.
Poi Kovács si alzò, e a fatica s’incamminò per esplorare il piccolo isolotto. «Non posso più stare qui, non lo reggo» disse ad alta voce per vincere l’azione del vento. «Ho bisogno di muovermi un po’.»
Mentre lo guardavo allontanarsi, pensai inevitabilmente a quanto i nostri atteggiamenti fossero mutati nell’arco di così poco tempo.
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Un’altra cosa che mi ha colpito è la descrizione degli ambienti: non ci sono mai stato e non so dire se siano inventati o reali, ma sono molto realistici, come se tu li avessi visitati più volte e li conoscessi molto bene.
Beh considerando il numero di volte che ho letto e ascoltato, in audiolibro, I salici, posso dire che la mia fantasia ha preso la residenza lì, anche se io non ci sono mai stato ahaha
Allora ti faccio i miei complimenti!
“Di solito, gli stimoli primari come quello di mangiare si sopiscono solo in alcune circostanze. Una situazione di pericolo, ad esempio”
Ci stai dicendo in modo velato che i due sono in pericolo. Bravo!
Grandissimo, hai colto un dettaglio da vero scrittore!