Alla ricerca dell’Amore – parte 1
Serie: Per tre punti passa l'infinito
- Episodio 1: Introduzione
- Episodio 2: Alla ricerca di me stesso – parte 1
- Episodio 3: Alla ricerca di me stesso – parte 2
- Episodio 4: Alla ricerca di Dio – parte 1
- Episodio 5: Alla ricerca di Dio – parte 2
- Episodio 6: Alla ricerca dell’Amore – parte 1
STAGIONE 1
Quando si nomina l’amore quasi sicuramente il nostro pensiero materializza l’immagine di una coppia, due persone che hanno deciso di condividere la loro vita insieme, di completarsi.
È nel termine completarsi che può nascere il seme del dubbio, che la coppia funzioni, intendo. Cosa significa completarsi? Cercare nell’altro la parte mancante di sé stessi? E poi, cosa significa ‘che la coppia funzioni’?
Per prima cosa bisogna partire da noi stessi. Ma questo in qualunque campo o disciplina, a partire dalla ricerca di qualcosa che ci aiuti a comprendere il significato della nostra esistenza e del ruolo che abbiamo e riteniamo di voler assumere a questo mondo, piuttosto che la ricerca di qualcuno che ci fornisca la motivazione giusta a superare una difficoltà nello sport, al lavoro, in famiglia. Quello che ci può salvare da qualunque situazione, lo possiamo trovare esclusivamente dentro di noi.
Certo, la motivazione che troviamo all’esterno è importante, fondamentale. È funzionale ad identificare quella pietra preziosa che alberga in noi, e tirarla fuori, lucidarla, farla splendere. Deve indicarci dove guardare per poter esplodere il nostro infinito potenziale. Dopo di che è tutto nostro, il compito.
Faticoso, per un semplice motivo: dobbiamo amarci.
Non sono mai stato un frequentatore di palestre, anche se qualche volta ho provato a presentarmi in sala pesi per cominciare un programma che poi non ho mai terminato. Non perché non fossi capace o non mi piacesse l’ambiente, ma semplicemente perché prediligo gli sport all’aria aperta, la corsa, il trekking, il nuoto. Affacciandomi però in quel mondo dove molte persone si ritagliano qualche ora di svago e decompressione dagli impegni pressanti della giornata lavorativa, ho visto l’intensità e la dedizione con cui ci si prende cura del proprio corpo, sollevando pesi, alzando manubri, stimolando vasi sanguigni e nervi, incoraggiando ogni singola fibra del proprio corpo e pressando fasci muscolari che probabilmente io non saprò mai neanche di avere addosso.
La palestra è un po’ la sublimazione della fatica che facciamo tutti i giorni alzando pesi, e non solo con le braccia. Mentalmente siamo troppo spesso oppressi e schiacciati, ma tendiamo a rivitalizzarci solo fisicamente.
Invece anche lo spirito ha bisogno di allenamento, di essere pompato, di innalzarsi ad uno stato vitale ogni giorno più alto, per potersi specchiare mostrando tutta la sua prestanza.
È come per un sollevatore di pesi, i muscoli si sviluppano diventando più potenti sollevando pesi sempre più grandi. La nostra forza interiore la si sviluppa superando ostacoli sempre più grandi.
Nel primo caso quando l’esercizio è terminato, si ama ciò che si vede, il risultato degli sforzi che si legge in ogni parte del corpo che è stata definita con fatica e determinazione. Nel secondo caso si ama ciò che si sente e si prova, e lo vediamo riflesso magicamente al di fuori di noi.
Spoiler: la vera felicità non è assenza di sofferenza. E nessuno alza i pesi per noi.
Nulla che abbia significato è facile.
Ma questo l’abbiamo capito più o meno tutti. La grande forza non sta nell’evitare le difficoltà , ma nel non esserne turbati, trovando il coraggio e la convinzione di superarla.
E a quel punto superiamo anche noi stessi, vincendo la fatica.
Jorge Luis Borges, scrittore e poeta argentino vissuto nel novecento, in una delle sue opere afferma che se in una battaglia un uomo ne vincesse mille, e un altro vincesse sé stesso, il vero vincitore sarebbe il secondo.
Ecco, tornando al fatto di amarci, cominciamo da noi stessi, per una serie di motivi.
Per non avere solo bisogno dell’altro, ma voglia di starci insieme. Per non avere spazi da riempire, ma da condividere. Ognuno è un perfetto e completo universo, che ne può incontrare altri e interagire, creando mondi nuovi.
Ed ecco che se si estende il concetto di presenza, non necessariamente l’amore è qualcosa di bidirezionale tra due persone, ma può diventare qualcosa di interattivo tra noi e il mondo, la natura, il terreno e il divino.
Tutto diventa interazione, noi facciamo parte di questa interazione. Tutto funziona come un magico meccanismo che fa accadere le cose per il solo fatto di volersi bene. Di non avere vuoti da riempire e di non cercare la nostra parte mancante in qualcuno o in qualcosa.
La presenza dell’altro, di qualsiasi cosa sia ‘altro’, rinforza la propria, di presenza.
Tutto è chimica, interazione tra particelle, visibili e invisibili, energia. È qualcosa che risponde alle leggi della fisica, che governano il mondo e noi.
Correlazione, entanglement, come recita quella che viene definita essere la più bella formula al mondo, quella ideata dal matematico Paul Dirac (in realtà uno dei fondatori della fisica quantistica, assieme ai suoi illustri colleghi e amici già richiamati di tanto in tanto in queste pagine).
L’equazione recita più o meno cosi: se due particelle microscopiche interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e con una certa modalità , e poi vengono separate, non si possono più descrivere come due particelle distinte, ma in qualche modo condividono alcune proprietà .
Ovvero quello che accade a una, continua ad influenzare l’altra. Non è quello che accade ad esempio ai gemelli quando vengono separati?
Nella sua formula qualcuno ci ha voluto leggere addirittura la definizione di un rapporto amoroso tra due persone. In effetti se vogliamo essere pignoli, l’entanglement si applica solo a sistemi atomici e subatomici e ai fotoni (ricordiamoci che nella fisica quantistica la materia si può comportare come materia o come luce, in base alle circostanze).
Ma cosa siamo noi se non microscopici granelli di sabbia nell’immensità dell’universo?
E se la stessa legge fosse applicabile anche a noi, non sarebbe meraviglioso?
Ah, l’amore quantistico.
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Un bel testo, lo condivido in pieno e ogni giorno vivo, sempre di piú, nella consapevolezza di gran parte dei concetti che hai espresso, come al solito, molto bene. Una delle tante frasi che vorrei sottolineare :
“Quello che ci può salvare da qualunque situazione, lo possiamo trovare esclusivamente dentro di noi.”
Ti ringrazio. E se dovessi riscriverlo adesso a distanza di poco tempo, sarebbe ancora diverso. Laddove riusciamo ad illuminare le parti in luce dell’altro/a e accogliere le parti in ombra, è li che ascriviamo all’amore la vera essenza. Se l’altro/a non ci completa ma ci eleva, non riempie vuoti ma aggiunge. Sta tutto qui
“Accogliere le parti in ombra” é ció che penso spesso, ma detto così suona meglio e mi fa sembrare questo aspetto dell’amore come accettazione incondizionata, ancora piú necessario. Grazie. Queste tue parole sono ció di cui oggi avevo bisogno.