Amo’

«Amo’!»

«Che c’è Amo’?»

«Dove sono i calzini blu?»

«Nel comò, Amo’; al solito posto.»

«Ho controllato, non ci sono.»

«Guarda bene. Li ho piegati e li ho riposti nel solito cassetto, proprio ieri.»

Lui riapre il cassetto e mette sottosopra tutti i calzini, le calze lunghe, i fantasmini, gli slip e i boxer, facendo un gran miscuglio.

«Amo’, non ci sono.»

Arriva lei, col solito piglio di chi pensa di avere per marito un figlio. Estrae subito un calzino blu, tra uno slip bianco e un altro color ecru. Dopo un secondo esatto tira fuori l’altro calzino blu.

«Eccoli qua, Amo’. Ci sono o no?»

Lui, un po’ mortificato e interdetto dallo sguardo glaciale di lei, prende i calzini e va verso l’armadio. Non osa chiedere se la camicia in fantasia che vorrebbe indossare, sia l’abbinamento perfetto con la giacca scozzese. Posa quindi gli indumenti sul letto e va verso il bagno. Si infila nel box doccia e apre l’acqua, lentamente, col miscelatore, per paura di scottarsi con l’acqua bollente; finché un getto d’acqua gelida lo fa rabbrividire. Lancia un urlo terrificante.

Arriva lei all’istante.

«Amo’ stai bene?»

«Si, molto bene: come un uomo nudo sopra una banchisa artica del Polo Nord.»

«Scusa, Amo’. Ho staccato l’interruttore per evitare il sovraccarico. Dovevo usare il ferro a vapore.»

«Grazie mille, Amo’. E mo’?»

«L’acqua fredda tonifica i muscoli, Amo’.»

E lui, sottovoce: «Ma và-a-ffà-‘n-bro’!»

Squilla il cellulare. Lei si precipita a rispondere. Inizia a bisbigliare.

«Ora non posso. Ti richiamo tra un po’.»

«Amo’, Amo’!» Lui, intanto si era infilato l’accappatoio, con la pelle d’oca e tutto il corpo turgido.

«Amo’, Amo’, dove sei?»

«In cucina Amo’.»

Lui subito si avvicina, puntando la sua arma virile, come una canna di fucile, ma lei ha altro in mente. Lo scansa con un gesto e uno sguardo fulminante. «Amo’, mò no!»

Lui, con la coda tra le gambe, respinto e disarmato, si allontana un po’ abbacchiato. Dopo un’oretta – passate le voglie – torna vestito, in giacca e cravatta, davanti a sua moglie.

«Amo’, come sto?»

«Nooo!!!» grida lei, inorridita. Lo squadra, da testa a piedi, con il suo solito sguardo di ghiaccio. «Camicia a fiori su sfondo turchese, jeans verdi e giacca scozzese. Amo’: sembri un pagliaccio.»

«Ecco, lo sapevo: la camicia a fiori con la giacca scozzese è un po’ stonata. Che dici, Amo’, se metto la giacca verde pistacchio? Look total green.»

Lei lo guarda disgustata, prova un senso di amarezza. Dopo vent’anni di convivenza, molti dubbi e una sola certezza: l’uomo non era tanto giusto e senza un briciolo di buon gusto.

Il penultimo regalo che lui le aveva fatto: un completino intimo leopardato, cento per cento acetato. Aveva tanto insitito e lei lo aveva indossato. E subito le aveva provocato una reazione fastidiosa. La sua pelle tollerava soltanto seta pura, cotone e viscosa. Glielo aveva detto e ripetuto, ma lui ascoltava poco e dimenticava tutto.

Per l’ultimo compleanno non le aveva regalato nulla, neanche un po’ di cioccolato. Si era pure scordato di farle gli auguri.

Lei, invece, gli aveva comprato un accendino Dupont, usato, che sembrava appena fatto. Dopo qualche giorno suo marito aveva iniziato a svapare. Lei gli aveva imposto di uscire fuori a “fumare”.  Non sopportava quel gesto che le sembrava insulso. 

La stessa mattina, dopo la doccia fredda e la giacca scozzese, si spoglia e si riveste con il classico impermeabile inglese. Le previsioni del meteo.it davano pioggia, attesa da un mese.

«Che peccato Amo’» aveva detto lei – ironica –  osservando il trench da tenente Colombo. «Ti manca solo il sigaro, Amo’.»

Accompagnandolo alla porta, per accelerare l’uscita, lui l’avvisa che farà tardi. C’è da chiudere la contabilità del mese.Tutte le entrate e tutte le spese.

«Si, certo, Amo’. Oggi è 30, venerdì,  lo so che il mese finisce qui. Farò tardi anch’io: andrò al cinema con Clio.»

«Clio chi?» chiede lui, sorpreso.

«Non la conosci Amo’. Ci vediamo da un po’, in palestra di Taekwndo.»

«Che film andate a vedere?»

«Un film di Totò, Amo’.»

«Un film di Toto’? Ohibo!»

«Un film di Toto’, Amo’. Che c’è di strano? Una rassegna di vecchi film» conclude lei, spingendolo con la mano. Dopo aver aver chiuso la porta riprende il cellulare lasciato sul piano. 

«Ciao Paul, ci vediamo tra un’ora al T Hotel?»

«Okay, tesoro. A dopo.»

Appena salito in macchina, anche il marito controlla i messaggi. Duro Cielo, Rambo 5 e Gran Pen, con qualche cuoricino di troppo. Legge e cancella. Più tardi la chat con “Strelizia”, la sua più cara, virtuale, amicizia. Prima, però, vuol fare quattro passi in riva al mare, dove pescava con la lenza, per salutare qualche vecchia conoscenza: “Gabbiano Reale”, “Lupo di Mare”, “Bianco Sale”, tra i pescatori e gli skipper pronti per salpare. Forse qualcuno gli avrebbe offerto un bel giro in alto mare. Ha l’intera giornata libera per potersi svagare. Controlla l’ora sul cellulare. L’ufficio è  chiuso per manutenzione. Per passeggiare e socializzare, ha molte ore a disposizione.

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Discussioni

  1. Mi sono presa un attimo per leggere gli altri commenti e ti confesso che in realtà la mia sensazione prevalente è stata divertimento. Ho vissuto questo racconto grottesco, dove come dici tu ci sono troppi Amò e poco amore, come quello di una coppia che sta assieme forse per abitudine. Fra l’altro, la protagonista è un pelino insopportabile e ho provato solidarietà con il marito. Me lo sono gustato come davanti a una pellicola di Totò 😉

    1. Grazie Micol, il tuo commento mi rincuora. Speravo tanto che in questo quadretto di vita matrimoniale tutt’ altro che raro, e neanche tra i piu` drammatici, si potesse notare anche l’ aspetto un po` comico della farsa, dove ciascuno recita la sua parte facendo i cavoli suoi, tra segreti, bugie e false apparenze. Al lettore la facolta` di interpretare dal suo punto di vista e di considerare se ci siano piu` motivi per sorridere, “piangere” o compatire. Dice qualcuno: “La verita` e` una sedia scomoda sulla quale in pochi vogliono stare.” Penso che stando seduti troppo a lungo, quella sedia, rischierebbe di diventare rovente per chiunque.

  2. “non pensavo, mentre scrivevo, di provocare angoscia; mi dispia”
    Mah, per la ‘Nyam lettrice’ non devi affatto spiacerti. Anzi, piuttosto il contrario. Amo la letteratura che provoca emozioni e reazioni forti, e l’angoscia e’ una di queste emozioni forti. Trovo insulsi i racconti che non sono capaci di suscitare reazioni in me. Stessa cosa per l’arte, la musica…le persone. Un abbraccio

    1. Grazie Nyam, mi consola sapere che abbia comunque apprezzato il racconto. I vari commenti, soprattutto in questo racconto, sono stati molto utili per capire, ancora una volta, i miei limiti (rispetto agli obiettivi), sui quali devo lavorare. Un abbraccio.

  3. Ciao Maria Luisa, anch’io ho sentito tanta angoscia leggendo questo racconto, ma alleggerita da una bella ironia che pervade tutto il racconto. Insomma, mi e’ piaciuto. Grazie

    1. Grazie Nyam, non pensavo, mentre scrivevo, di provocare angoscia; mi dispiace. Speravo che venisse interpretato come una caricatura, piu` divertente che tragica, di una coppia dove c’e` troppo amo’, ma ben poco amore. Forse inconsapevolmente ho trasmesso la sensazione di cio`che manca, molto spesso, non solo tra marito e moglie, ma anche, in generale, nei rapporti umani, tra famigliari, amici, parenti o vicini di casa.

  4. Ciao Cristiana, speravo con questo piccolo ritratto di coppia, di mettere in evidenza anche un aspetto un po` comico. Mi rendo conto che ha prevalso il lato tutt’ altro che umoristico e divertente di una delle tante situazioni tipiche della vita di coppia “scoppiata”, dopo vent’ anni di matrimonio. Ogni vostro commento, come al solito e`, non solo uno stimolo, ma anche un punto di vista importante per correggere il “tiro” e cercare di raggiungere il risultato desiderato. Grazie quindi per le tue parole, per aver espresso anche stavolta le tue impressioni, che tengo sempre in grande considerazione.

  5. Hai raccontato molto bene una triste routine che si ripete troppe volte nelle coppie, ma anche nelle famiglie. Bello il ritmo e “snervante” la parolina “amo” (da noi senza accento) che si sente ripetuta spessissimo. L’immagine che più mi è piaciuta è quella di lei che lo spinge con la mano fuori dalla porta. Mamma mia che tristezza 😞

  6. Ciao Maria Luisa, lascia molta amarezza questo tuo racconto. Devo dire che ho visto molte coppiette delle Vele di Quartucciu tra qualche anno in questo dialogo, per me veramente surreale. L’uomo descritto mi sembra un totale incapace, come la donna sia stata con lui per vent’anni un gran mistero. Hai reso perfettamente l’idea della quotidianità e della vita di coppia per inerzia, con la paura di cambiare. Però…che tristezza! Così mi abbatti male e mi demoralizzi! Scherzo, dai. A presto!

    1. L’ intento era quello di scrivere un racconto un po’ diverso, tragicomico. Purtroppo, pero’, rispecchia la realta`della vita di tante coppie che vivono non solo senza piu` alcuna complicita`, rispetto e stima, ma anche nella finzione e nel risentimento, che puo` esplodere in modo violento. Le separazioni sono sempre difficili e qualche volta persino molto drammatiche. Dovremmo crescere tutti un po` di piu’: uomini e donne, per affrontare un cambiamento cosi` importante, in modo civile e possibilmente sereno. Le dipendenze psicologiche reciproche, oltre le paure delle conseguenze, credo siano spesso un freno molto forte.

  7. Un bello spaccato di vita quotidiana di coppia. Brutto nella realtà ma terribilmente vero. La routine anestetizza col tempo anche un rapporto solido. La maggioranza degli uomini sono dotati di un mononeurone che con l’età perde anche quella poca vitalità, facendoli sembrare agli occhi delle donne dei sempliciotti mai cresciuti. Un racconto diverso dal tuo solito sempre molto narrativo. Hai toccato un nervo scoperto di tanti uomini. E poi sul cielodurismo hanno fondato un partito!

    1. Grazie Fabius, avevo paura di urtare la suscettibilita` di qualcuno, ma in effetti, nessun uomo puo` sentirsi toccato, se ogni suo neurone e` ben sviluppato. Forse ho un po’ esagerato; spero che l’ uomo mammone, poco cresciuto, non sia un minorato, ma una minoranza. Purtroppo, pero, c’ e` anche di peggio, quando la cronaca nera si tinge di rosso, del sangue versato dalle vittime, spesso donne, apparentemente amate.

  8. Parlarsi ma non riuscire a comunicare veramente. Si arriva al punto di vivere due vite separate pure stando nella stessa casa… e si arriva a mentire quando basterebbe dire la verità: “ho bisogno di tempo per me”. La risposta sarebbe semplicemente: “Anche io” e una volta avuto quella breve parentesi per noi stessi di potrebbe tornare a comunicare perché non ci sarebbe più la paura di venire fraintesi (o sgridati)… bellissimo racconto

    1. Ciao ShanLan. Questa volta ho voluto osare con un genere un po’ particolare. Non sapevo come sarebbe stato accolto. Il tuo commento mi rassicura. E sono d’ accordo con te, il problema della comunicazione e` uno dei piu` diffusi e importanti a tutti i livelli, dal rapporto di coppia alle relazioni politiche internazionali.
      Grazie ShanLan