Amore e dolore

Serie: La mia storia


Sai, scrivere è sempre stato qualcosa di intimo. La prima volta che ho scritto risale alle elementari, quando dovevo associare delle parole tra loro e scrivere delle frasi con quelle parole. I miei genitori erano orgogliosi del lavoro fatto e da quel giorno mi hanno sempre chiesto di scrivere lettere per tutti. “Scrive davvero bene, hai visto? “farà la giornalista”. Sono cresciuta con un carico di aspettative non indifferente, mi hanno sempre parlato di licei, università, ottimi voti, borse di studio, dono della penna. Sono cresciuta dentro alcuni confini contro cui, più crescevo, più mi scontravo. La mia vita, a un certo punto, era caratterizzata dalla voglia di evaderli tutti. Di fare un salto e correre lontano dalla me che tutti avrebbero voluto che fossi. E così, ho iniziato a scrivere di nascosto, per non dover condividere, per fare in modo che rimanesse qualcosa di soltanto mio. 

Però studiavo. Studiavo tanto e scrivevo la notte. Al liceo, invece, mi sono innamorata e lì è cambiato tutto. L’amore è entrato per la prima volta nella mia vita e non riuscivo a scriverne. Ogni sera, a letto, provavo a scrivere qualcosa di quello che sentivo ma non riuscivo. Mi sono sempre chiesta come mai e solo molti anni dopo ho scoperto che scrivere dell’amore non è una cosa semplice. Non è per tutti. Quando ho sentito per la prima volta di provare amore mi sentivo così vicina a qualcosa di spirituale da voler solo sedermi e contemplare il mistero. Perché io? Perché ha scelto me? E perché io, tra tanti, scelgo lui? E cos’è che fa incastrare così tanto due persone? E perché ci siamo incontrati lì, in quel momento? C’è un motivo o è tutto frutto della casualità che fa girare il mondo in un modo piuttosto che in un altro? E’ questo il mistero. Non lo sapevo, e non lo so nemmeno adesso -e in tutta onestà, ad oggi, dopo tutti questi anni, posso dirti che non so se voglio scoprirlo-.

Avevo capito di essermi innamorata di lui perché quando l’ho visto per la prima volta avevo la sensazione di averlo già visto da qualche altra parte. Ma oggi non voglio parlarti di come è iniziata, perché sono dell’idea che è la fine il vero inizio della storia, perlomeno della mia.

Siamo stati insieme due anni e mezzo e non saprei nemmeno dirti tutto quello che abbiamo vissuto in quei due anni.

Lo ricordo ancora, anche se con il tempo i bei ricordi sono sfumati, ma la sensazione che ho provato quando è finita è rimasta indelebile. La nostra relazione verso la fine ha iniziato a svuotarsi. Immagina una stanza piena di mobili e oggetti e ogni giorno ne levi uno. Poi due, poi tre. Fino a quando inizi a sentire l’eco e le pareti diventano bianche. E rimani sola lì dentro, non ti resta che uscire e vagare un po’ per poi, quando sarai pronta, cercare un’altra casa in cui abitare, da riempire. Il problema è che non si è mai pronti del tutto ad uscire dalla vita di una persona. C’è sempre quell’ultima cosa che vorresti dirgli, quell’ultimo bacio che vorresti dargli. Io non ho avuto questa possibilità perché è finita all’improvviso. Non sono nemmeno riuscita a svuotare del tutto la stanza – sono certa che alcune parti di me siano riamaste incastrate lì dentro, mentre io sono altrove-.

Stavo sul letto e ripensavo alla panchina sul chiostro in cui andavamo insieme. Il telefono che non squillava. Il nostro quadro che avevo tolto dal muro e il primo Natale che avrei passato senza di lui. La musica in macchina in cui lui non sarebbe salito più, l’ascensore in cui non sarei mai più rimasta chiusa con lui e la maledetta voglia di andare sotto casa sua e la strada di notte che mi faceva paura, e la musica che mi parlava di lui e il pensiero di lui che bussava nella mia testa e io non volevo aprire, e tutte le cose che non gli avevo mai detto che mi bruciavano nel petto. La lista dei posti in cui non saremmo mai più andati insieme. Il cespuglio di fiori in cui ci distendevamo per guardare il cielo. La volta in cui eravamo svegli entrambi senza dircelo e abbiamo visto l’alba. Quando tornavo a casa e non c’era più, mentre io ero ancora lì.

Fatto sta che dopo questa relazione mi sono chiusa al mondo. Non ho voluto più conoscere nessuno. Evitavo qualsiasi cosa avrebbe potuto far nascere in me qualcosa, perché non volevo essere ferita ancora, di nuovo.

Se potessi tornare indietro, con le consapevolezze sull’amore che ho adesso, andrei da me stessa di allora e le direi che nessuno ti chiede il permesso quando esce dalla tua vita. Che, in fondo, non puoi nemmeno colpevolizzarlo. Che ogni amore che ti fa tremare le gambe e il cuore ti serve per poter accogliere meglio l’amore futuro. Che chi dice che l’amore non serve e che è meglio non provare niente piuttosto che soffrire per questo gli direi che non ha capito niente. La rassicurerei, le direi che è vero che certi momenti non ritorneranno, che certi posti non avranno più lo stesso sapore, che una parte di quel dolore riuscirà ad affrontarlo, ma che un’altra parte rimarrà dentro di lei per sempre. E le direi che questa non è una cosa negativa. E’ la vita. Accogliere il dolore, anziché scappare, evolversi. Crescere.

Quando ti ho detto che questa storia potrebbe rappresentare l’inizio della storia mi riferivo al fatto che è appena ho iniziato a soffrire per amore che la scrittura è diventata una costante. Ho iniziato a scrivere quotidianamente ed era terapeutico. Ho preso il mio dolore e ho cercato le parole giuste per scriverlo. La scrittura ha rappresentato l’appiglio in un momento difficile in cui mi sentivo sola e abbandonata. Quando invece -adesso sono pronta a dirti- che è in quel momento che è iniziata la ricerca di me stessa.

Come sono riuscita a superarla? Semplicemente ho iniziato ad accogliere l’amore e il dolore, che sono i due motori d’azione dell’intero universo. Ho capito che quando nasce una vita il corpo si contrae e lascia andare. Contrai e lasci andare. Soffri ma poi finisce. E poi ricomincia, si, ma poi finisce di nuovo. E torni a respirare, di nuovo, come se fosse la prima volta. Ti svegli hai di nuovo voglia di alzarti. Il cielo è di nuovo azzurro. Non hai più paura. Ho capito di aver sofferto tanto ma ho capito anche non esiste dolore senza amore. Che è per amore che si perde la testa ma è con il dolore che si trova il coraggio. E’ con il dolore che si soffre ma è con l’amore che si ricomincia ad amare. Sono riuscita a superarla così. Ho sentito bussare e sono andata ad aprire.

Tu cosa fai, con la vita che bussa, non apri?

Serie: La mia storia


Avete messo Mi Piace5 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. “Tu cosa fai, con la vita che bussa, non apri?”
    É difficile rispondere. A volte non si vorrebbe, ma come hai ben detto la sofferenza è un tramite necessario alla felicità. Perchè senza è il nulla assoluto, l’annichilimento

  2. Arianna, hai scritto uno splendido inno all’amore, grazie di cuore per averlo condiviso.
    A chi dice che non esiste amore senza dolore tu rispondi che non esiste dolore senza amore.
    Splendida…..

  3. “E le direi che questa non è una cosa negativa. E’ la vita. Accogliere il dolore, anziché scappare, evolversi. Crescere.”
    👏 👏 👏

  4. “Avevo capito di essermi innamorata di lui perché quando l’ho visto per la prima volta avevo la sensazione di averlo già visto da qualche altra parte”
    Molto dolce…..