Appunti su Hans Vaihinger

C’è questa volta, un drago verde. Che vive nel giardino rionale di una grande città.

Contrariamente al resto della sua specie, sputa acqua al posto del fuoco, ma non vuole sminuirsi per questo.

Sputa l’acqua dalla bocca e a volte dal naso, zampillando verso l’alto; disseta i frequentatori della piccola area verde, umani o animali, senza fare distinzioni.

Sono in due, giovani direbbe dall’aspetto. Una coppia, ma dai costumi inusitati.

Si son levati e per un poco hanno lasciato, ai margini del giardino, incustodita la loro casa: un sudicio cartone.

Lei barcolla, lui non la sostiene: la guida.

Ha una mano sulla sua spalla, come si conduce un cieco, ma al contrario, standole dietro.

Il drago li osserva. E vorrebbe chiedere se stanno bene, ne ha l’urgenza, ma non si può muovere, e non ha voce.

Sbandano, come se ciechi fossero tutti e due e in effetti li accompagna un cane.

È bravissimo, come sovente capita in questi casi: pare essere lui a sapere dove andare e li porta oltre l’angolo della strada.

Il drago intuisce le vite che non hanno vissuto, quelle che segretamente avrebbero voluto, ma non hanno, non avendone avuto adito o l’audacia.

Ché le vite nel giardino degli altri non sono sempre più verdi. E nel giardino del re è ciò che volevano per la vita; la loro, non quella del re. Glielo concederebbe, pensa il drago, se fosse nato re.

Un lampeggiante si avvicina: è un’altra coppia, ma vestita di blu, va alla casa nel prato.

Il drago grida: «Non la toccate!» ma non ha voce, nessuno lo sente.

I due blu si guardano attorno e con pochi gesti la casa non c’è più.

Poi tornano al lampeggiante e se ne vanno, con l’orgoglio di aver sconfitto un drago.

Finalmente il cane ritorna e ha sete, si avvicina al drago e gli chiede da bere.

Lui lo disseta perché, umani o animali, non fa distinzioni.

Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Ciao Irene, grazie molte per il tuo commento, son felice di essere riuscito in qualche modo a trasmettere qualcosina, pur col testo stringato; cerco di far pratica…
    E sì, mi becchi sempre! La chiusa era un po’ l’esercizio di sinossi finale. Ho sempre una paura tremenda, usando certe frasi a effetto, di cadere nel prosaico…

  2. Un pezzo davvero bellissimo. Si snodano immagini come in una filastrocca ma il sottofondo è crudo, sa di realtà, e questo da spessore al pezzo. Mi è piaciuta tantissimo l’immagine del giardino del re, dove vediamo la vita che vorremmo noi e chissà che vita, che giardino sta guardando il re. La frase finale è molto più di una chiusa. forse sbaglio, ma ho avuto la sensazione che riassuma il senso di tutto quello che ci volevi dire.

    1. Hai perfettamente ragione, sai? Non c’è motivo. Frose mi suonava più inizio di una fiaba con l’andare a capo, ma in effetti, non sta neanche bene, lo cambierò. Grazie mille per la nota e per aver letto.

  3. È un racconto breve ma d’impatto. Parte come una favola, poi ti accorgi che parla di senzatetto, indifferenza e dignità. Il drago-fontanella è un’idea originale, tenera ma anche triste. Il finale col cane che torna e beve è semplice e bello. Fa pensare senza forzare.

    1. Grazie Mariano, nasce come esercizio per “stringere il brodo”, son partito da una prima stesura di circa 900 parole circa e sono arrivato più o meno a un terzo. Stupidamente, non ho conservato l’originale e così non saprei dire se l’esercizio è davvero riuscito. 🙂 Grazie per il tuo tempo

      1. “Scusami se questa lettera è più lunga delle altre; non ho avuto agio per farla più breve” scriveva Pascal. I testi brevi richiedono molto più impegno e abilità, non sono facili.