
Arancia diplomatica
Via dei Prefetti, Roma centro.
Primavera 2005.
Mentre decido con gli amici cosa fare, se tornare a casa, nell’amena Trastevere o fermarmi al caffè Greco per un poco di ristoro alla caffeina, scorgo un tizio.
Mi paralizzo un attimo, perché sembra una faccia conosciuta, in effetti.
Aspetta, un po’: molto conosciuta!
“Uhm, regà, a me quello là sembra uno conosciuto”, dico indicando un signore sulla sessantina che ci ha oltrepassato.
Mi stacco violentemente dal gruppo, e inizio a tallonarlo come un corvo di Hitchcock.
La gente che sta con me, a cui ho rotto l’anima con la mia incontinente cinefilia, mi osserva basita “Ma la pianti fissato… T’arrestano, vieni via! La vita non è un film, pazzo squilibrato!”
Accelero, perché il tizio ha una bella falcata.
Infine lo raggiungo “Excuse me, sir”.
L’uomo continua a camminare, ma gli arrivano le mie parole.
Si ferma un attimo, con la perplessità di quello che non è del posto ma viene comunque incuriosito da qualcosa di familiare.
“Excuse me…ehm…Mr McDowell?”
Il tizio si volta.
Diomio ma è proprio lui!
Malcolm McDowell mi passa in rassegna rapidamente “Yes?”
“Oh, sir. I’m big fan of you!”
Ora se Malcolm McDowell fosse stato romano avrebbe risposto “Esticazzi!”, ma per mia fortuna è dello Yorkshire e infatti ribatte “Oh, thank you, boy, thank you very much”
“Sì, ehm, very much…” (chiedigli l’autografo, Big Demente costì!)
In preda a nuovi tic, tiro fuori un biglietto con su scritto PIZZA&MORTAZZA consegne a domicilio, lo giro,
e gli allungo quello, con una penna griffata TRASLOCHI ENZO.
“Could you…can” (could o can?, prcmignott, ho pure fatto il Linguistico, che fdm).
Nel frattempo lui mi osserva come se fossi un gibbone che tenta di usare una piuma d’oca.
Riparto all’assalto “Ehm. May you sign, please, the ticket with your name, please?”
Malcolm Mcdowell, afferrando la penna, “Oh, surely.”
“Quoi? Escribe, escriban. Esteban?” ormai deliro in Esperanto.
Lui firma, mi restituisce il biglietto, e mi fa il sorrisetto laterale del fu caro Alex, sì proprio quello del capolavoro di Kubrick.
Un Alex caro ormai da bocciòfila londinese, certo, tant’è argentocrinìto e invecchiato, e mi restituisce il biglietto. Poi più imbarazzato di me, mi saluta con un inchino elegante, e salutando se ne va verso Monte Citorio.
Io resto ad osservarlo, incredulo, mentre si allontana sgambettando sui sampietrini, ringraziandolo in cuor mio di un autografo, che poi – ovviamente – perderò in uno degli innumerevoli traslochi della vita.
Ma soprattutto ringraziandolo di non avermi mandato a quel paese.
Quello dove, prima o poi, noi tutti…
Avete messo Mi Piace6 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Mi è piaciuto il dettaglio della biro. Traslochi Enzo. E il finale, dove ancora accenni ai tuoi traslochi. In queste due immagini sei riuscito a darci uno spaccato della vita del protagonista, ci hai narrato un mondo senza narrarlo, trasformando un semplice episodio in un racconto. Molto bravo.
Ne sono felice, Irene. Qualcuno mi disse: il diavolo sta nei dettagli. Grazie di nuovo!
Il dialetto romano mi fa morire (esticazzi🤣). Bellissimo, mi sono divertita a leggerlo.
Grazie, Arianna.
Mi piaciuto il modo in cui hai trasformato quella che presumo sia una parentesi di vita vera in un racconto godibile e in cui ci si immedesima facilmente.
Ciao Roberto, sì fu uno di quei casi della vita che accadono raramente. Tieni conto che Roma alza questo tipo di probabilità essendo la città del cinema. Grazie.
Ciao Simone. Mi è piaciuto molto il tuo racconto. Hai uno stile ironico, fluido e pieno di autoironia, che rende la scena vivida e divertente. Sembra di seguirti passo passo tra l’entusiasmo e l’imbarazzo, con quel tono da commedia agrodolce che non forza mai la mano. Parli di un incontro, ma lo trasformi in qualcosa di molto più umano e memorabile. Il ritmo regge benissimo fino alla chiusa, malinconica il giusto. Bravo.
Grazie sempre Cristiana per la tua congruenza e precisione. I tuoi feedback sono preziosi. Grazie!
Letto con piacere, è un bel frammento temporale, in cui s’incastrano bene: una città, una passione e una situazione, quasi teatrale… bravo! Grazie per la lettura
Ciao Paolo, lo hai fatto capire anche a me. Grazie a te per il tempo dedicato. Felice di averti divertito.
Riuscire a sopportare il peso di essere diventato, per lavoro, una maschera in cui intere generazioni si sono rispecchiate, rimanendo il medesimo se stesso prima e dopo la maschera, è un lavoro da vecchio Drugo
Caro Gabri, grazie della riflessione. Noi dobbiamo ripartire con quel progettino…quando hai tempo mandami tue riflessioni. Ps ese.