
BALLANDO SOTTO LA PIOGGIA DIUNA VITA INGIUSTA
«Ho sempre evitato contatti con questa vecchiaia sciatta e vuota. Propria di chi nulla tiene nell’anima e giudica senza conoscere.».
«Che è un po’ quello che stai facendo tu ora.» cinguettava Emilia.
Lavinia se ne stava in silenzio. Tesa. A guardare Emilia dondolare lentamente, sigarettina stretta tra le labbra, in quel parco abbandonato da tutti, sole compreso, in una primavera spenta di una Milano ingiusta. La ragazza serrava le labbra per non far cadere la sua ultima boccata di malessere, mentre di tanto in tanto dava un secco colpo di reni così da continuare a dondolare. Quel tanto che basta per non dirsi immobile.
«Sì, ma io ho le mie ragioni. Cioè, sono obiettiva.» replicava cercando di salvarsi agli occhi dell’amica.
«Nah.».
«Nah?! Che vieni dal Bronx?» domandava sarcastica l’altra.
«Di nuovo luoghi comuni. E razzismo.».
«Razzismo? Sei fuori? Se c’è una cosa che dovresti sapere è che sono tutto tranne razzista!» ribatteva piccata Lavinia.
«Forse lo sei e non sai di esserlo, chica mala.».
«Chica…? Okay. Basta.» asseriva infastidita borbottando Lavinia mentre si alzava di scatto senza guardare in volto la sua unica e storica amica.
«Aspetta… dov’è che vai, ora?».
«Via. Forse trovo qualcuno che mi capisce.».
«No, tu vuoi qualcuno che ti dia ragione. Che è diverso.» ribatteva Emilia.
«Ma perché non te ne vai a cagare?».
«Ci sono stata e non mi hanno voluto.» rispondeva pronta e sagace l’amica.
«Sai che a volte sei proprio una testa di…». Emilia con un piccolo salto si catapultava in avanti, sigarettina stretta tra le sue labbra sottili e dolci ma perfette. Le due amiche da una vita avevano diviso lamento e isterie. Delusioni d’amore e campionati vinti di pallavolo. Cadute e backflip. Calci, pugni e rock and roll.
«Prendi per esempio quel minchia del Lomelli.» se ne usciva così, di punto in bianco la Lavi.
Lomelli era l’anziano proprietario del palazzo in cui Lavinia e sua madre, una donna single combattiva, testarda e dallo spirito emiliano-romagnolo di recente caduta nelle spire dell’Alzheimer, vivevano.
«Cos’ha fatto, pover’uomo?» domandava seccata, sigaretta tra le dita Emilia.
Lavinia allargava le braccia basita, bocca dischiusa, sopracciglia inarcate. «Ha le sue piccole manie. Che io chiamo routine. Ha lavorato una vita alle Poste! Ha perso la moglie, compagna da sempre, durante la pandemia. Avrà pure diritto a…».
«Cosa? Eh?» sbottava Lavinia.
Lavi ed Emilia, una di fronte all’altra, si guardavano negli occhi. Lavinia con una morsa al cuore, Emilia con una goccia di sudore che le danzava lungo la schiena.
«A rompere i coglioni notte e giorno con il bricolage? A mettere a tutto volume Toto Cutugno col suo giradischi di merda alle due di pomeriggio? A innaffiare le piante del balcone come se fosse il prato di San Siro, allagandoci casa?»
Emilia titubante poneva la sigaretta tra le labbra mentre cercava con le mani l’accendino nelle tasche di pantaloni e giubbotto, sguardo puntato sull’amica.
«O… a ignorarci tutti sino alla fine del mese quando invia un messaggio tramite l’app del condominio per ricordare il pagamento della quota pigione? Come se l’accredito non avvenisse in automatico… Coglione.» sentenziava adirata Lavinia. «La verità è che non ha una beata minchia da fare, il postino pensionato. Gli mancano i timbri da mettere sulle lettere minatorie che faceva recapitare.»
«Ma ti senti quando ti parli?!» sbottava piccata Emilia che continuava a cercare l’accendino, sigarettina tra le labbra.
Lavinia, infastidita dalla posizione presa dall’amica, strappava con forza la sigaretta dalle sue labbra sorprendendola. Indi la getta a terra dopo averla distrutta, sotto lo sguardo scioccato della giovane.
«Questa merda fa male. Proprio come l’acqua che bevi e che usi per lavarti. Che cazzo!» protestava la Emi. «Era l’ultima! Ho finito il tabacco ieri sera!»
Lavinia dava le spalle all’amica di sempre e tra i denti mormorava allontanandosi: «Fumati il pellet, figlia di papà. Che ne hai a tanto a casa.».
«Cos’è che ti dà veramente fastidio, Lavi? La sua libertà? Il suo potere conquistato col sudore della fronte?»
Lavinia fermava il suo passo spedito e si irrigidiva. Pensava alle parole della Emi cercando di sondare la sua anima e di evadere le banalità che le venivano come prima risposta. Poi sentenziava: «Le opportunità che ha avuto. E che io non avrò.»
Era la cosa più sensata da dire. La più vera. E la più dolorosa. Emilia, colpita dalle parole dell’amica che tornava ad allontanarsi dal parco, baciata da un timido sole, seguiva la giovane con lo sguardo. Sola nel silenzio della natura, ella osservava, silenziosamente laconica, mani nelle tasche del giubbotto, ciò che rimaneva della sua sigaretta spalmato a terra tra i resti della vita di passanti incoscienti.
Emilia cacciava un lieve sospiro, poi mentre si apprestava a raggiungere Lavinia sentenziava: «Mi sa che è la volta buona che smetto di fumare.».
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Storia fantastica, attuale e scorrevole! 😍 Peccato per la copertina del Librick che risulta tagliata e per il “refuso” nel titolo – sì… sono una perfezionista! 😅
@StellaRubini grazie per il commento! Il racconto fa parte della mia nuova raccolta dal titolo “La falsità d’esser vivo”.