
Battiti nel sole
Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno
- Episodio 1: L’arrivo e le altezze
- Episodio 2: Il coltello e i ricordi
- Episodio 3: Nel cuore della notte
- Episodio 4: Ombre rosse
- Episodio 5: Le parole nel buio
- Episodio 6: Il temporale
- Episodio 7: La visione
- Episodio 8: La rivista di poesia ermetica
- Episodio 9: La finestra dell’albergo
- Episodio 10: Il solletico dell’assassino
- Episodio 1: La prima accoglienza
- Episodio 2: Ingresso in camera
- Episodio 3: Prima di cena
- Episodio 4: Inizio della cena
- Episodio 5: L’arrivo a Praga
- Episodio 6: Vita con Edo
- Episodio 7: Delle carte utili e inutili
- Episodio 8: Col respiro spezzato
- Episodio 9: Primi mutamenti
- Episodio 10: Incontro con il direttore
- Episodio 1: L’invito domenicale
- Episodio 2: La sentenza
- Episodio 3: Riverberi dal pranzo
- Episodio 4: Il sonno di Edo e la telefonata
- Episodio 5: Dalla parte di Gustav
- Episodio 6: L’arrivo di Lara in albergo
- Episodio 7: Il rischio e l’abisso della fiducia
- Episodio 8: La sosia
- Episodio 9: La fuga e il rigagnolo
- Episodio 10: Primi barlumi di vertigine
- Episodio 1: Sola al mondo
- Episodio 2: Un faro nella notte
- Episodio 3: Battiti nel sole
- Episodio 4: L’inaugurazione
- Episodio 5: In sala Picasso
STAGIONE 1
STAGIONE 2
STAGIONE 3
STAGIONE 4
In tribunale, nell’attesa di qualche collega che mi aggiornasse sugli sviluppi delle mie attività , ripensai alla faccenda della rivista di poesia e alla strana coincidenza che vedeva relazionare una poetessa con la rivista e con la mia professione di avvocato, e la mia professione di avvocato con la rivista e la poetessa, madre di un possibile cliente/imputato, al quale avevo promesso il mio aiuto, nonostante la gravità della sua ipotetica colpa. Un’altra coincidenza consisteva nella figura della donna che aveva occupato la camera del poeta e che portava lo stesso nome di mia moglie, Lara, oltre al suo stesso aspetto. Infatti l’avevo confusa con lei, guardandola dall’alto, sebbene Lara fosse lontanissima da una persona del genere.
Le aule del tribunale erano tutte occupate. Mi sentii inutile e vuoto. Non ricordavo di avere cause in corso, fascicoli da consultare, clienti in attesa, testimoni. Con la stessa disinvoltura del mio ritardo avrei potuto svignarmela, che nessuno si sarebbe mai accorto di me, ne ero certo, almeno per quel mattino, forse il primo in cui non avevo funzioni, impegni o questioni impellenti che giustificassero o reclamassero la mia presenza. Mi ciondolai per alcuni minuti nei corridoi ventilanti della sezione penale, per poi ritornare verso l’ingresso principale, decidendo di raggiungere a sorpresa l’ufficio dove mia moglie lavorava come dattilografa.
L’ufficio si trovava in un quartiere arioso e ridente, poco lontano dal tribunale. Una palazzina di colore rosso pompeiano, circondata da un giardino ricco di fiori e di alberi Kimshuka. C’era un bel sole, e dalla finestra aperta sentivo Lara che batteva a macchina, proprio come faceva il sole sull’intonaco della facciata principale. Inconfondibile quel suo tocco piccantino, che avvertivo travolgente quanto un fiocchetto su una sua mutandina, lo squarcio ad altezza coscia di un suo vecchio jeans.
Mi fermai a guardare verso la sua finestra, socchiudendo gli occhi e imprimendomi di tutta l’aria dirompente del giorno, che mi invitava a immaginare nuove partenze e orizzonti. Volevo chiamarla dal basso, lanciarle un grido da corteggiatore sfrontato, che avrebbe smosso l’ufficio dalla sua quiete paradisiaca, ma poi mi trattenni. Le sue dita che battevano mi davano una pace bastevole al primo aperitivo di ascolto e di attesa.
Il portoncino d’ingresso era socchiuso. Entrai di soppiatto, ma intanto, mia cara Lara, quando tu batti a macchina, saranno tutte carezze in esubero che perderò, e intanto per una sorpresina del genere e alquanto insolita per i miei gusti e le nostre abitudini e stravaganze, avrei dovuto portarti almeno dei fiori, delle liquirizie, una confezione di cioccolatini. Salendo i primi gradini, verso l’ammezzato, incrociai una donna opulenta, col viso affaticato, sull’uscio di un locale asfittico, una sorta di antro, da cui fuoriusciva un fumo denso, violaceo. Tra le mani teneva un vassoio con delle tazzine variopinte.
«È ancora caldissimo, avvocato. Deve essere il primo ad assaggiarlo. Lo sa quanto ci tengo a un suo parere. È una nuova miscela. La sperimento adesso, macinata giusto un’ora fa» e allora, su sua indicazione, ripresi fiato, mi sedetti su di una sedia rossa e bevvi caffè dalle sue mani, avendo impugnato una tazzina celeste che lei non voleva che toccassi, se non con le labbra. La macchina da scrivere di Lara batteva ancora nel mio cuore, come una sua parte lesa, una barzelletta sporca.
«La sente questa musichetta dal terzo piano?» le dissi, dopo un primo sorso, e intanto la donna bevve il suo caffè da un’altra tazzina rovente.
«La sente o non la sente, signora? In questa bellissima giornata da mare, da maniche corte, sembra una musichetta di pianoforte, non trova?»
«Certo, ha proprio ragione, avvocato. Sono convinta che una buona dattilografa nasconda il seme della vera musica nelle dita. I pianisti macinano suoni, le dattilografe caratteri di pura magia, e intanto mia figlia, nel suo nuovo negozietto, macina i caffè di una piccola ditta, un marchio locale, ma con buoni, ottimi propositi; intanto mi dica, avvocato, come lo trova? Deve essere sincero, però.»
«Lo trovo straordinario, signora. Deve dire a sua figlia che la macinatura del suo caffè è una delizia.»
«Ma davvero, avvocato? Sta dicendo sul serio? Adesso mi imbarazza. Non appena finisco di parlare con lei comincerò a prepararne altri per i dipendenti. Venga, venga un po’ a vedere che spettacolo. Nel mio cucinino ho organizzato tutto alla perfezione. Una doppia presa, con attacco centrale. Tre fornellini e tre macchinette grandi. Una prolunga dal corridoio, passata sulla porta per evitare incidenti. Altre tre macchinette, e poi ho fatto riparare una vecchia presa in disuso, rimediando altri sei fornellini, pensi. Quando le accendo tutte insieme è una meraviglia, avvocato. Spegnere la luce, durante il giorno, e guardare le fiammelle viola che brillano tutte insieme, mentre cantano il loro primo profumo, come canarini a gas… Si metta sotto la porta, ecco, fermo così, non si muova. Adesso accendo le altre cinque. Spenga la luce, guardi che bel firmamento. Non è incantevole?» mi disse, proprio quando Lara smise di battere a macchina, inondando quei nuovi istanti di un silenzio raggelante, intriso di ignoto, che mi atterrì.
«È davvero un sogno, signora, ma adesso non me ne voglia, ma devo andare» le dissi, facendo per avviarmi e proseguire il mio percorso vorticoso lungo le scale.
«Ma cosa dice, avvocato? Vuole davvero lasciarmi da sola? Andiamo, faccia il bravo, per favore. Se mi aspetta saliamo insieme.»
«Mi dispiace, signora, ma non ho più tempo. Mia moglie ha appena smesso di battere a macchina. Vorrei raggiungerla prima che riprenda, altrimenti sarà difficile parlarle» le feci, avviandomi a passo spedito verso le scale, lasciandomi alle spalle dei borbottii di oscenità e disappunto della donna, a cui non diedi alcuna importanza.
Ecco i rintocchi di Lara battermi sul tempo e riprendere vita, inconfondibili, da una delle porte aperte: stanza 36. Ricordavo ancora il numero del suo piccolo interno, sempre più vicino. Non immaginavo cosa avrebbe fatto nel ritrovarmi lì, di fronte a lei, all’improvviso, nel comunicarle la decisione di rinunciare alla rivista ermetica. Entrai di furia, senza bussare, chiudendo di colpo gli occhi; ma quando li riaprii la stanza era vuota.
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- Episodio 2: Un faro nella notte
- Episodio 3: Battiti nel sole
- Episodio 4: L’inaugurazione
- Episodio 5: In sala Picasso
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