Bianca Cedrina

 

Per il suo sessantesimo Bianca avrebbe voluto festeggiare. Lo considerava un piccolo evento – tutto sommato – importante.

Più di duemila persone avrebbero potuto partecipare a quel momento particolare della sua vita; pur sapendo che, come al solito, avrebbero accolto il suo invito solo un ristretto numero di followers. Poco male – pensava – come si dice: “pochi ma buoni”.

Le sarebbe piaciuto un anniversario col botto, che risuonasse in lungo e in largo, fino a raggiungere luoghi più distanti, e suscitare l’attenzione di qualcuno che, incuriosito dall’eco di certi benevoli commenti, avrebbe potuto dare una svolta al suo destino. Un pizzico di narcisismo fuso con il suo inguaribile idealismo. In realtà non ci credeva affatto e forse non era quello che desiderava fermamente. Ciò che era le bastava. Di complicarsi la vita con altri impegni più importanti e pressanti – ammesso che il suo talento valesse tanto – non aveva alcuna voglia.

Qualcuno avrebbe potuto dirle: «Hai voluto la bicicletta, ora pedala», anche quando lei avrebbe preferito fare una passeggiata a piedi; oppure restare a letto a poltrire, con l’ultimo libro di Pif o di Fabio Volo in mano, da finire di leggere, punto e basta. Però, in qualche modo, il suo sessantesimo lo voleva festeggiare, senza fuochi d’artificio veri e propri, ne` candele o scintille, e neppure il semplice botto provocato da una bottiglia di spumante Moscato di Tempio, il suo preferito.

Bianca, sin da bambina, non sopportava quello scoppio forte e improvviso, provocato dal tappo di sughero, lanciato come un proiettile o un piccolo razzo lesivo. Una sola volta aveva osato stappare una di quelle bottiglie con le sue mani. Dopo aver tolto la stagnola e allentato leggermente il filo di ferro, il tappo era partito come una schioppettata. Lei era rimasta un po’ scioccata. Di solito preferiva tenersi a distanza, tappandosi le orecchie e abbassando la testa. Una delle tante paure infantili, come quella del buio, delle iniezioni, dei ragnetti o dei gechi.

Per festeggiare il suo sessantesimo non aveva comprato né torta, né pasticcini, né bibite; solo un barattolo di caffè. Una miscela cento per cento arabica, di buona qualità, un po’ più cara di quella che comprava abitualmente, appena terminata.

Per prepararsi nel modo migliore aveva fatto una doccia calda, lunga e profumata, con tanta schiuma impregnata di neroli. Mentre stava sotto quel getto d’acqua purificante, piacevole e rigenerante, aveva pensato a Bastiana “La strana” e a tutte le altre eroine che aveva incontrato negli ultimi dodici mesi, da quando aveva iniziato la “crociera”, nel mare magnum della sua immaginazione iperattiva. La vecchia Laura, l’eroica Yelena, Sally la compagna di viaggio, la cara Stefania, Anita la studentessa, Alice con i suoi gatti… Sentiva che ad ognuna di loro doveva qualcosa. In ciascuna di quelle figure femminili si nascondeva qualcosa di vero, che apparteneva a una donna in carne e ossa, da cui aveva tratto insegnamento e ispirazione. Quelle donne l’avevano indotta a riflettere, a conoscere, a cercare di capire altre realtà, altre condizioni di vita, molto diverse dalla sua.

Dopo essersi asciugata e rivestita, con pantaloni larghi, felpa extralarge, calzettoni di pile e comode babbucce, aveva preparato la caffettiera e l’aveva messa sul fornello del gas; mentre il suo pensiero correva oltralpe e oltre gli Urali. Immaginando la provenienza di quel prezioso combustibile che, prima o poi, avrebbe potuto scarseggiare.

Subito dopo aveva iniziato a preparare il tavolo. Il disordine funzionale aveva superato il limite, oltre il quale diventava disturbante. Aveva raccolto tutti i foglietti degli appunti sparpagliati qua e là; l’agenda rossa, la risma dei fogli bianchi, la cartellina azzurra e quella gialla che le ricordavano, ogni volta, uno dei popoli più martoriati degli ultimi anni. Aveva spolverato e rimesso ogni cosa al suo posto. Per completare la preparazione del tavolo aveva deciso di cambiare l’acqua ai fiori: un mazzolino di viole mammole coltivate nel suo giardinetto mignon che, per la loro natura modesta, occupavano poco spazio, emanavano un profumo delicato e incantavano per l’ effimera bellezza.

La caffettiera aveva iniziato a borbottare. L’aroma stimolante del caffè bollente, versato nella tazzina, era già un buon tiramisù, ancor prima di berlo. Finalmente si sentiva pronta per accendere il computer e dare inizio al suo sessantesimo. In attesa che il PC si avviasse, con la splendida immagine di Cala Sinzias sullo schermo, si era fatta il segno della croce, pregando che quel senso di silenziosa quiete, senza botti, senza clamori e soprattutto senza boati, non finisse mai. Che mai venisse interrotto dal fischio o dall’ impatto assordante di qualche congegno esplosivo. Bianca ci sperava con tutto il cuore, per se stessa, per tutti gli invitati a quel “banchetto” virtuale e per l’intero Paese. Per i giallo-azzurri e per tutti coloro che ancora erano vessati dalle guerre e dai tiranni – cercando di connettersi allo spirito universale divino – ancora una volta, aveva supplicato pace e libertà.

Il primo, incerto inizio di una lunga serie, era stato – per Bianca – a febbraio dell’anno precedente, con Lù Lento. La guerra in Ucraina era cominciata poco tempo dopo. Nell’arco di un anno c’erano stati migliaia di morti. Feriti, torturati e profughi, un numero incalcolabile. Le immagini trasmesse dalla TV, terrificanti come sempre, cominciavano ad assuefare; l’attenzione e lo spirito solidale che comportava rinunce e sacrifici per tutti, iniziavano a calare; mentre tante altre vittime innocenti continuavano a morire. La diserzione, all’interno dell’esercito aggressore, era in continuo aumento. Per impedire ai giovani soldati russi di sottrarsi all’ordine di distruzione feroce e indiscriminata dei loro vicini, avevano inviato altri soldati russi, per costringerli o giustiziarli.

Per Bianca, nel confortevole tepore della sua casa, l’esito del suo sessantesimo era ancora incerto ma, considerando la libertà di espressione, il gusto di farlo, il lungo viaggio esplorativo dentro di sé, la funzione catartica delle sue esternazioni e il piacere della condivisione con altri che avevano la sua stessa passione; tutto sommato, come diceva Piero Chiambretti, così pensava anche Bianca: «Comunque vada, sarà un successo». Mancava solo il titolo.

Il profumo delle viole l’aveva solleticata: lo stimolo necessario per avviare l’incipit della sua piccola, sessantesima storia.

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Discussioni

    1. Grazie Maria Anna. Un racconto breve, fatto di parole sentite con cui spero di aver saputo esprimere il piacere di stare in questo gruppo di persone accoglienti e stimolanti. Nient’ altro che qualche pensiero semplice, rivolto a questo spazio che mi ospita, e dedicato a te, a me, a noi tutti.

  1. Condivido l’idiosincrasia di Bianca per i botti, i rumori assordanti, e il suo amore per la pace e il silenzio. Mi immedesimo moltissimo in lei, il computer mi ha aperto un mondo in cui mi è permesso esprimermi a 360°: ho trovato degli amici, una famiglia allargata, persone che con me condividono sogni e speranze. Dicono che la tecnologia porta solo danni, ma come ogni cosa dipende dall’uso che se ne fa: in una certa misura la benedico, perché ha arricchito la mia solitudine (sembra un controsenso, ma non lo è). Trovo bellissimo aver festeggiato i propri sessant’anni con la sessantesima storia.

    1. Ciao Micol, grazie. Sono d’ accordo con te, la tecnologia e` uno strumento prezioso. Certe volte mi soffermo a pensare quanta genialita` ci sia stata in tutti quegli uomini e donne che hanno contribuito a inventarla, realizzarla e perfezionarla. Peccato che, fra tanti geni propositivi, ricchi di idee costruttive, ci siano sempre anche molti dementi distruttivi, con parole e azioni che creano solo danni. Destreggiarsi nell’ web ( non solo nei social), senza cadere in trappola, richiede molta prudenza. Bellissimo invece, quando incontri, conosci e condividi tanti interessi con persone lontane e ti sembra di proseguire un lungo cammino di crescita accanto a loro.

  2. Grazie di cuore, Carlo, ti sono grata per questo commento molto lusinghiero. Ti confesso che, nonostante l’ entusiasmo che mi ha spinto a scrivere il sessantesimo librick, un attimo dopo averlo inviato ero gia`un po’ perplessa e quasi pentita. L’ autocelebrazione, per quanto semplice e modesta, mi appariva esagerata, come un peccato di vanita` e di orgoglio. In realta` le motivazioni che mi hanno spinto a scrivere queste poche righe sono molto piu` complesse, incluso il debito e la simpatia verso le protagoniste dei miei racconti, nate da una scintilla di storia vera, per innescare un’ altra storia molto diversa. E un’altra ragione, forse quella principale, potermi rallegrare e condividere questa sensazione con voi per un’ esperienza che ci permette di dilettarci, di sperimentare, imparare e sorridere, nella consapevolezza di avere una bella opportunita`; senza dimenticare che milioni di persone vengono privati, ogni giorno, di tutto cio` che e` strettamente necessario per la loro sopravvivenza e per la loro dignita`.
    Ciao Carlo, un abbraccio.

    1. Ma no! Io lo trovo molto originale invece. È bello come l’hai fatto sembrare un compleanno, che in un certo senso lo è alla fine. E poi è pur sempre una maniera di condividire. Hai accolto il lettore nella casa di Bianca, abbiamo assaporato questo caffè e siamo stati in compagnia di questa amica. Trovo molto azzeccato la terza persona, ecco. Sarebbe stato sicuramente meno efficace in prima e decisamente molto autocelebrativo. Alla 61esima “candelina”!

  3. Che bello il tuo racconto! Mi ha trascinata fino alla fine dove ho avuto le risposte che cercavo durante la lettura. Inizialmente, nella mia testa mi sono fatta l’dea che fosse il compleanno di una donna che passa troppo tempo sui social! (pensa che mente malata che sono!). Poi, piano piano sono entrata anche io in quella stanza e ho capito. Allora ho cominciato assieme a Bianca a gustarmi la lentezza, di cui abbiamo tutti tanto bisogno, il silenzio, il profumo del caffè e anche io mi sono ritrovata a festeggiare virtualmente assieme a voi questo bellissimo evento. Di Bianca apprezzo la sua capacità di starsene da sola, che non fa paura, ma aiuta a riscoprire noi stessi e a fare chiarezza. Molto intense le riflessioni sui temi di attualità che hai saputo rendere con poche parole rispettose, come note appena accennate su un pianoforte.

    1. Grazie Cristiana, nelle parole del tuo commento, ancora una volta, leggo un’ attenzione e una partecipazione che mi sostengono; una condivisione della relta`che ci avvicina, malgrado la distanza. La sensibilita` e il buon garbo, sempre piu` rari, in questo mondo pieno di conflitti, di hacker virtuali e di guerre ferocemente reali, sono valori importanti.
      PS: La tua idea del compleanno di Bianca, festeggiato sui social, era esattamente cio` che volevo insinuare, per non svelare subito il vero motivo del mio anniversario su Open. 😉

  4. Cara Maria Luisa, ma complimenti! Per me, questo tuo racconto è uno tra i più belli. Riassume perfettamente tutti i tuoi precedenti. Ho sorriso al ricordo dei personaggi che hai evocato, ho apprezzato lo stile semplice, caldo e tranquillo, tuo tratto solito, con cui hai descritto una scena quotidiana come la colazione con il caffè nel mentre che entriamo nella psicologia di Bianca e del suo sessantesimo. E poi arriva la bomba metaforica e reale. La riflessione e lo stile sempre calmo e tranquillo trasmette forza e determinazione. Come non unirsi alla preghiera di Bianca? Direi che il sessantesimo è riuscito alla perfezione! Aspetto Bianca per il centesimo!

  5. E allora tanti auguri per questo traguardo personale forse un anno fa impensabile. Che la fantasia sia sempre vivida e la voglia di scrivere inarrestabile cosicché anche il traguardo dei 100 libricick possa essere presto raggiunto e superato,

    1. Grazie Fabius e grazie per esserci stato, vicino da lontano, con i tuoi librick, con la tua ironia e con i tuoi graditi commenti. Non mi stupirei se il traguardo dei cento, con la firma di Fabius P. potremmo festeggiarlo molto prima.