BIANCHE SUTURE

Serie: Antologia "Il Pallido"


Il Pallido

    STAGIONE 1

  • Episodio 1: BIANCHE SUTURE

Alvin è affacciato alla finestra di una buia stanza. Vede che una gran tempesta è in arrivo. Il cielo è viola, coperto da nuvole dense e dalla consistenza melmosa che si avviluppano velocemente su se stesse in modo innaturale. Sotto le nubi vi è solo un arido e polveroso deserto dalla terra nera, che si estende fino al fosco orizzonte. Distante, in piedi in mezzo alla sabbia, vi è una sagoma, o forse solo un’illusione deformata dalle roventi esalazioni d’aria espirate dalla terra. E’ una figura pallida e asciutta. Ha braccia abbastanza lunghe da toccare la terra con le dita ed un corpo sformato e gibboso. L’essere rimane fermo e sembra guardare nella sua direzione. Alvin è pervaso da un forte brivido. Lo sgomento che lo domina percorre dal basso la sua schiena fino ad afferrargli con violenza la nuca.

Un fastidioso rumore di ali ronzanti proviene da dietro Alvin che, distratto da esso, distoglie lo sguardo dalla finestra e si volta verso il centro della stanza. Nel mezzo c’è una tavola immersa nella penombra. È ben farcita di cibo, pronta per una grande cena; vi è un tacchino ripieno, lenticchie, patate dolci e molta frutta. Una grossa mosca vi ronza attorno, attratta dalle pietanze. Alvin, infastidito, si avvicina per scacciarla ed in quel momento si accorge che tutto il cibo sul tavolo è avariato e pieno di larve. Spiazzato e disgustato, Alvin torna alla sua finestra.

La mosca si sfrega golosamente le zampette per il succulento pasto.

Alvin, guardando di nuovo il suo desolato panorama, lo trova cambiato. L’ombra del mostro ora è sparita e la terra è adesso ricoperta da un mare di scuro sangue venoso, sopra il quale le fitte nuvole mostrano la loro ripugnante verità. Alvin capisce che quelle non sono nubi ma miliardi di mosche affamate. Volano agglomerate tra loro, si azzuffano, si mescolano ed infine cadono al suolo come la pioggia di un acquazzone. Cadono a terra furiose ed avide per cibarsi del purpureo umore.

Dietro di lui, Alvin sente dei passi.

Si gira.

Lo vede.

L’essere, ora più vicino e ben visibile, mette in mostra tutta la sua rivoltante presenza. E’ una sacca di carne dalla vaga forma umanoide, privo di un’anatomia sensata, sostenuto da esili e fragili gambe. E’ alto come la porta della stanza ed è racchiuso dentro brandelli di pelle bianca cuciti tra loro.

Non respira.

Emette solamente suoni gutturali che cercano di uscire da una bocca che non c’è. Cammina verso Alvin, vibrando sotto forti palpitazioni. Cammina verso di lui, urlando, dentro quella mostruosa placenta artificiale.

Le gambe sono instabili e storte, tremano, piegandosi pericolosamente ai lati. Un rumore secco e sabbioso proviene all’improvviso dalle ginocchia che dopo alcuni passi si spezzano. Il mostro cade sbattendo violentemente la testa. Un suono aspro, un urlo aspirato proviene dalle cavità occluse dell’essere. Alvin rimane a fissarlo paralizzato da un cappio di terrore. Lentamente l’essere si rialza sulle braccia e avanza ancora verso di lui, camminando su quel che resta delle ginocchia, trascinandosi dietro le flaccide gambe spezzate. È lì, a pochi centimetri, proprio di fronte ad Alvin, che rimane inerte davanti a tale mostruosità.

Nonostante abbia le gambe spezzate, l’esangue essere è comunque più alto di lui e appoggia le sue enormi e grottesche mani sulle spalle di Alvin. Come un animale, avvicina la sua testa a quella del piccolo, portandosi ad una spanna dal suo viso. La cerea creatura non ha una fisionomia, il capo presenta solo alcune cuciture verticali che partono dal collo e terminano all’apice del cranio. Dall’interno delle cuciture proviene un tanfo di decomposizione e di feci. Alvin sopporta quel lezzo fetente senza nemmeno una smorfia. Tutto in lui è soffocato dal panico.

Improvvisamente il pallido corpo comincia a muoversi in modo convulso, la testa comincia a gonfiarsi e deformarsi vistosamente. Le cuciture cominciano a dilatarsi e la pelle comincia a lacerarsi in ognuna delle suture verticali presenti su tutto il capo. Dall’apertura, sull’apice del cranio, ora trabocca un denso brodo coagulato che, viscoso, cola su tutto il corpo. La bestia soffre molto e lancia forti urla, stridule, che diventano sempre più intense mano a mano che la bianca pelle si slabbra e si stacca. Dopo alcuni attimi le cuciture cedono del tutto e la pelle si affloscia sul corpo. Dal capo sboccia, come un immondo fiore, un volto sbraitante ricoperto di sangue ed escrementi.

Alvin la riconosce. È sua madre.

Il corpo della creatura smette improvvisamente di palpitare ed urlare. La testa della madre, ora calma e silenziosa, fissa Alvin con occhi sbarrati. Apre di scatto la bocca slogando la mandibola, che comincia a ciondolare liberamente sotto la mascella, sostenuta solo dalla lurida pelle del viso. Dalle profondità della gola esce una voce incomprensibile, soffocata da gargarismi uscenti dai polmoni rigonfi di essudato. Dopo poco la creatura comincia a rigurgitare su Alvin tutto il putrido liquido, liberando finalmente le vie aeree e, con esse, l’orrida voce:

– E’ TUTTA COLPA TUA ROBB! COLPA TUA! FATE SCHIFO –

Serie: Antologia "Il Pallido"


Ti piace0 apprezzamentiPubblicato in Horror

Discussioni

  1. Viene reso bene il senso dell’orrido e dell’onirico, da la netta sensazione di un incubo nella quale la vittima non può che guardare, questa sensazione è accentuata dal fatto che non si hanno informazioni su come sia finito lì e del perché non faccia qualcosa vista la situazione, nel complesso comunque non sono pienamente convinto. capisco vagamente il senso che sta dietro al sogno ma manca forse una vera e propria storia, Alvin non fa nulla e mi riesce complicato immedesimarmi in un fantoccio, forse il problema è che accadono cose un pò fini a se stesse. il nome di Alvin viene ripetuto forse troppe volte; non sono un’esperto, questa è solo la mia sensazione, complimenti comunque per la storia e vediamo come procede la serie.