
Bobo
Se permetti, vorrei qualche minuto del tuo orologio, per raccontarti la storia di Bobo, un vecchio con i capelli e la barba bianchi, le spalle forti e l’animo semplice.
Quel primo pomeriggio di una domenica qualunque, Bobo si era sdraiato all’ombra del noce, con gli occhi socchiusi e con una pietra che gli faceva da cuscino. Era vecchio, ma le rughe della sua età non gli creavano malumore. Del domani aveva la certezza che quello che aveva vissuto era molto più di quello che gli rimaneva da vivere. Questo pensiero lo rendeva tranquillo, invece di turbarlo, perché nulla aveva da chiedere all’avvenire e nulla aveva del passato da cui non si poteva separare.
Da qualche tempo, si era appartato dal mondo, non avendo più affetti a cui badare, se non a quelli sepolti, a cui avrebbe dedicato qualche preghiera, se avesse creduto che sarebbero stati meglio con qualche suo segno di croce sui loro peccati. Della vita, dopo la morte, che potesse ripartire o che non ci potesse essere affatto, non gli importava niente.
Quando sarebbe accaduto ciò che doveva accadere, inesorabilmente, forse avrebbe conosciuto un nuovo mondo; forse non avrebbe visto niente, così da non poter nemmeno capire che oltre la vita non c’era niente.
Intanto, se ne stava lì, su quel pezzo di radura, a ridosso del bosco di faggi, con la cima della montagna che faceva da barriera ai venti del nord. Quasi ogni martedì, scendeva, a bordo della sua motoretta, in paese, per fare provviste alimentari e di quanto gli servisse per la pulizia personale o per la casetta di legno in cui viveva da re.
Passava giorni interi a non scambiare quattro chiacchiere con qualcuno, ma ciò non lo disturbava; anzi, gli piaceva dialogare con i propri pensieri, senza doversi interessare anche di quelli degli altri.
A quell’ora del pomeriggio, era ancora lì, sotto il fresco dei rami e non voleva saperne di alzarsi, né di mettersi qualcosa nello stomaco, quando udì il gracchiare di una cornacchia, il petto e la schiena grigia, con le ali ben aperte, che si lasciava cullare dalla corrente d’aria. «Sei venuta ad annunciarmi che la mia ora è arrivata?» le chiese, aprendo gli occhi, mentre la cornacchia planava sul ramo del noce, quello più basso e più vicino a lui.
«Se fossi superstizioso, dovrei preoccuparmi, sai?» La cornacchia grigia riaprì le ali e discese sul terreno, accanto a lui. Uno sparo, all’improvviso risuonò, rimbalzando il suo rumore contro la parete della montagna.
Di tanto in tanto, qualche sparo faceva sobbalzare anche Bobo, ma sempre di meno, perché l’orecchio ne aveva fatta l’abitudine.
Di solito, i cacciatori non si avvicinavano alla radura, perché rimaneva a margine dei sentieri da loro battuti, per seguire le orme della selvaggina.
La cornacchia, tornò a posarsi sul terreno davanti alla porta di casa, gracchiando per farsi sentire. Bobo le sparse delle molliche di pane sull’uscio, pensando che l’uccello avesse fame.
La cornacchia gli volò davanti, poi si girò, si rigirò, restando in equilibrio e ferma, infine gracchiando si mise, con la coda rivolta verso di lui, a fare un passo di volo in avanti ed uno indietro, fino a che Bobo non capì:
«Ho capito, ti seguo».
Arrivato sul bordo della radura, guardò verso la valle da cui fuggiva un cervo dai grossi palchi, inseguito da un uomo, vestito di tutto nero, con un fucile pronto a sparare.
«Non credo che la cornacchia abbia voluto farmi vedere ciò, di proposito» pensò Bobo.
Un altro sparo, lo fece sobbalzare, stavolta, più dell’ ultima volta, perché non lontano dalle sue orecchie.
Ed ecco uscire dal bosco il cervo che, dopo qualche metro di corsa, si rifugiò dietro le sua gambe, seguito dall’uomo con il fucile.
«Cosa fai con quel fucile puntato verso di me? Abbassalo!» gli gridò Bobo, mentre l’altro si avvicinava.
«Non ti preoccupare, vecchio; mi prendo queste belle corna palmate e ti lascio il resto come regalo. D’accordo?»
Bobo gli spostò con decisione la canna del fucile:«Credo che tu di rumore ne abbia fatto già abbastanza, non credi?» gli disse con la voce ferma.
Il bracconiere ridacchiò, quasi divertito: «Cosa fai vecchio, mi sfidi?»
«Dovrei, di fronte ad un uomo armato?»
«Bravo; non fare pazzie, vecchio. Stai buono e spostati».
Intanto, il cervo continuava a farsi scudo delle gambe di Bobo.
«Ti chiedo di non sparargli e di andartene dal mio terreno, subito!» gli ordinò Bobo, con tanta determinazione che l’uomo con il fucile, ebbe un attimo di stupore, perché. non si aspettava una reazione così vigorosa da parte di quel vecchio. Anche Bobo era stupito di come si stava comportando, ma quel cervo sconosciuto, per qualche misterioso motivo, gli era caro, talmente caro da sentire di doverlo difendere ad ogni costo.
L’uomo gli puntò la canna dell’arma addosso: «Mettiamola così, vecchio, sparo a te e poi al cervo, oppure ti sposti e ti salvi la pelle!» I suoi occhi erano scuri e venati di rosso. Di certo, non aveva detto, tanto per dire, ma diceva sul serio.
Bobo capì che doveva scegliere e che doveva farlo in fretta. La sua vita o quella del cervo! E scelse. Scelse di buttarsi addosso all’uomo, di abbrancare il suo fucile, di modo che non potesse usarlo per sparare, gridando al cervo di scappare. Nella colluttazione partì uno sparo. Il cervo scappò lontano, tanto lontano da essere al sicuro, ormai.
«Hai salvato il cervo, vecchio, ma non ti sei salvato tu!» disse l’uomo. «Chi sa perché?» aggiunse, allontanandosi dalla radura. Bobo, non sentiva dolore, là dove lo sparo gli aveva bucato l’addome, ma avvertiva che tutte le forze lo stavano abbandonando.
«Quando una vita dipende da te, fai di tutto per salvarla, che sia la tua o un’altra! Non me la sono sentita di deludere quella creatura di nome cervo. Non ho voluto, non ho potuto, punto e basta!» pensò Bobo, lasciandosi andare.
Ma uno sparo, lo fece saltare fuori dal sonno. D’istinto, si toccò la pancia, constatando di non avere male e che le mani non erano sporche di sangue. «Ho sognato! Mi sarà rimasto sullo stomaco qualcosa che ho mangiato; forse la pasta con i fagioli!» si disse, stropicciandosi gli occhi…
quando udì il gracchiare di una cornacchia, il petto e la schiena grigia, con le ali ben aperte, che si lasciava cullare dalla corrente d’aria…
A me è piaciuta molto questa breve storia. Il personaggio di Bobo è ricco di umanità e di saggezza, mi auguro di invecchiare a quel modo. L’unione tra uomo e natura ce la siamo dimenticati, ma è essenziale per vivere la vita con altri occhi.
Grazie, per i commenti e per l’apprezzamento.
Ti auguro un sereno pomeriggio