Bruno e l’albero magico

Bruno era un uomo come tanti, con una vita semplice ma piena di sogni e ambizioni. Viveva in un piccolo paese immerso nelle colline toscane, dove il ritmo delle stagioni dettava il passo della sua quotidianità. Il suo lavoro come artigiano del legno era il suo orgoglio: intagliava e scolpiva con mani esperte, creando sculture che sembravano avere vita propria. Ogni pezzo che realizzava raccontava una storia, un’emozione, un frammento del suo essere più profondo.

Ma Bruno non era solo un artigiano. Era anche un sognatore, uno che nutriva dentro di sé un’idea folle: quella di costruire un albero gigantesco, uno che sfidasse il cielo e che fosse capace di racchiudere tutta la bellezza del mondo. Un albero che, pur essendo realizzato interamente in legno, avrebbe avuto l’aspetto di uno vero, con le radici ben piantate nella terra e le fronde che si protendevano verso l’infinito.

Ogni giorno, dopo il lavoro, Bruno si recava nel suo piccolo laboratorio e dava forma al suo albero. Usava legno di quercia, di pino, di acero, ognuno dei quali portava con sé una peculiarità: la quercia per la solidità, il pino per la freschezza e l’acero per la grazia. Ma non era solo una questione di materiali. Bruno voleva infondere nelle sue sculture un’anima, un battito di vita. Ogni volta che intagliava una nuova foglia o un nuovo ramo, si fermava a riflettere su quello che stava creando, cercando di infondere in ogni singolo dettaglio una parte di sé.

Molti dei suoi compaesani lo consideravano un po’ strano. “Bruno, perché non ti accontenti di fare semplici sedie e tavoli come tutti gli altri?” gli chiedevano. Ma Bruno non rispondeva mai. La sua mente era altrove, concentrata sull’albero che stava crescendo lentamente sotto le sue mani.

Un giorno, mentre stava aggiungendo una nuova foglia, Bruno sentì una voce. Non era un sogno, non era una fantasia. La voce proveniva dal cuore dell’albero. Un sussurro leggero, come il vento che accarezza le fronde degli alberi reali. La voce gli parlò in modo rassicurante, ma anche misterioso.

“Sei pronto?” gli chiese.

Bruno non capì subito. “Cosa intendi?” chiese, senza fermarsi.

“Questo albero non è solo una scultura” rispose la voce “è un ponte tra mondi, una porta verso una realtà che pochi riescono a vedere.”

Bruno si fermò, i suoi occhi fissi sul lavoro che stava facendo. Ogni colpo di scalpello sembrava risuonare nel profondo della sua anima. Era come se l’albero avesse davvero un potere, come se ogni pezzo di legno avesse una volontà propria.

Il giorno dopo, quando Bruno entrò nel suo laboratorio, l’albero era cambiato. Non solo era più grande, ma sembrava vivere, respirare. Le radici si estendevano dal pavimento, i rami toccavano quasi il soffitto. E in quel momento, Bruno capì che l’albero non era una semplice scultura: era una porta verso un altro mondo. Un mondo dove il tempo non esisteva, dove la bellezza regnava sovrana, e dove l’anima degli alberi parlava in un linguaggio che solo chi fosse pronto poteva comprendere.

E così, Bruno divenne il guardiano di quella porta, di quel ponte tra il mondo reale e quello magico. Ogni giorno, dopo il suo lavoro, si sedeva sotto le fronde di quell’albero, ascoltando le storie che gli venivano raccontate da chi aveva il coraggio di varcare la soglia.

E, in silenzio, Bruno sorrise. Aveva trovato finalmente il suo posto nel mondo.

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Discussioni

  1. Bellissima la chiusa. Un sognatore che trova il suo posto, e per farlo ne crea uno con le proprie mani. Il fatto che abbia deciso di non entrarci, ma di restare sulla soglia a vedere gli altri altri passare mi ha davvero colpita. Mi hai ricordato la figura dell’artista, che crea mondi per permettere agli altri di trovare il coraggio di esplorarli, e di sognare.

  2. Molto interessante questa sospensione all’incanto, al desiderio, che dal protagonista del tuo racconto sembra espandersi a una visione della vita, del mondo, in un artigianato del sogno, della sfida all’impossibile e alla speranza di mondi immaginativi con le loro storie da salvaguardare, come parti vitali di un nutrimento sottile, indispensabile. Nonostante abbia avvertito in qualche passaggio l’eco di Collodi, probabilmente voluto, il racconto si apre poi verso un fronte decisamente diverso e autonomo, ottenendo una sua tenuta e una sua efficacia e originalità, che mi hanno convinto.

  3. Che bel racconto!
    Mi ha ricordato un misto tra il primo libro di Narnia e la figura del guardiano del muro in Stardust.
    Mi piacerebbe molto sapere che tipo di mondo è riuscito a raggiungere tramite la sua creazione!