
Cantine o sotterranei di oggi
Serie: Il dipinto sul muro
- Episodio 1: Il Castello V.
- Episodio 2: Cantine o sotterranei di ieri
- Episodio 3: Primo incontro e risalita
- Episodio 4: Leland
- Episodio 5: Mère
- Episodio 6: Leggenda
- Episodio 7: Il prima e il dopo
- Episodio 8: Di fronte al dipinto
- Episodio 9: Cantine o sotterranei di oggi
STAGIONE 1
Non fu come la discesa agli inferi di tanti anni prima. Allora erano i sotterranei di un castello, le segrete, le celle, le prigioni, nelle fantasticherie di noi ragazzini. Dopo la ristrutturazione il dedalo di corridoi che sembrava fatto apposta per far perdere l’orientamento era sparito. Restavano alcuni vani collegati tra loro, pavimentati in cemento e perfettamente illuminati. L’umidità era quasi completamente scomparsa e di quell’odore di muffa così forte e fastidioso che avevamo respirato nelle nostre esplorazioni giovanili non era rimasta alcuna traccia. Potenti aspiratori si attivavano quando necessario in modo da consentire un perfetto ricambio d’aria, tanto che sarebbe stato possibile utilizzare quegli ambienti in modo diverso dal semplice rifugio per pregiate bottiglie di vino.
Per me erano solo questo: un luogo dove fare invecchiare le bottiglie del prezioso succo d’uva e dove nascondere le poche cose che potrebbero tornare utili, ma che regolarmente ci dimentichiamo di avere. Nient’altro, perché anche dopo la trasformazione in locali perfettamente agibili avvertivo ancora una lieve inquietudine quando ero costretto a scendere là sotto.
Di tutto questo, quando scenderete là sotto, troverete le cianfrusaglie accumulate negli anni. Non le bottiglie di vino. Quelle ho smesso di collezionarle da molti anni. Ne possedevo una quantità che mi ha permesso di vivere di rendita fino a sei mesi fa. Le ho bevute, una dopo l’altra, un giorno dopo l’altro. Alcune molto buone, altre eccellenti, qualcuna sublime. Mi dispiace davvero che non possiate approfittarne e immagino le vostre facce deluse. Ma non potevo sopportare l’idea di affidare quei vini a chi avrebbe potuto servirlo afferrando la bottiglia per il collo o a chi avrebbe lavato via la polvere dalla bottiglia con acqua e detergente per piatti prima di portarla in tavola.
Quindi, a dirla tutta, non mi dispiace affatto di non avervene lasciate… ma questo voi lo sapete. Scusatemi ancora, è più forte di me: non riesco a seguire la retta via, ma amo moltissimo divagare e immaginare le vostre espressioni.
Vi dicevo delle cantine. Molti corridoi erano stati chiusi, ma io sapevo che esistevano. Ma non erano quelli che mi interessavano, volevo solo raggiungere il punto che stavo cercando.
Accesi le luci prima di percorrere la scala che allora era stata foriera di avventura immediata e di conseguenze nel tempo. Ogni volta che calpestavo quei gradini non potevo non pensare a Eleonora, a come quell’avventura ci aveva avvicinati fino a renderci ottimi amici. Ci eravamo persi di vista per più di quattro anni quando avevamo terminato le medie. Le scuole superiori avevano esteso i nostri confini verso la città. Nuovi amici, le prime esperienze con l’altra metà di mondo. La voglia e la paura di crescere.
Poi, non so come, ci eravamo ritrovati nella stessa compagnia. Eravamo ancora noi e nello stesso tempo non lo eravamo più. Quattro anni possono valere un’eternità per alcuni aspetti. Ma non c’è bisogno che vi racconti tutto, sapete come funziona, no?
E mi ritrovo ancora a divagare.
La cantina non si estendeva sotto tutta la superficie della costruzione. A me interessava un punto specifico. Mi aiutai effettuando diverse misurazioni per localizzarlo. Ripetei le misure sui due piani e le confrontai con le planimetrie ufficiali. Finché trovai quello che stavo cercando. Il muro portante che conteneva la nicchia di Leland scendeva fino alle fondamenta della costruzione, come era logico che fosse. Ma quel muro che reggeva la casa delimitava anche uno dei corridoi che erano stati chiusi, uno di quegli anditi che ci aveva tratto in inganno da ragazzi, quando avevamo perso l’orientamento.
Non fu un lavoro breve né piacevole, ma riuscii infine ad aprire un varco nella parete, abbastanza ampio da permettermi di passare. Il mondo al di là dell’apertura si era fermato a decenni prima. Iniziai a percorrere il corridoio muovendo la torcia in ogni direzione. A destra e a sinistra riconobbi le stanze che avevo visto da ragazzo, allora vuote o ingombre di cianfrusaglie, oggi piene di materiale di demolizione che l’impresa di costruzioni aveva pensato di abbandonare qui sotto.
L’odore di umido era familiare.
«… la muffa che stiamo respirando ci fa qualche effetto strano… un’amnesia…» Era la voce del mio amico. Aveva detto amnistia, invece di amnesia. Eleonora lo aveva subito corretto, da perfetta stronza!
«…cos’è questo? Cosa vuol dire?» Altre voci, altri ricordi.
Lacrime disegnarono linee tra la polvere sul mio viso. Mi stavo concedendo il lusso di piangere. Il mio analista ne sarebbe stato felice. Non ero più così sicuro di voler proseguire nella ricerca, ma ero arrivato fino a quel punto e non volevo desistere. Inoltre lo dovevo a Sofia. Era stata lei a guidarmi e di qualsiasi cosa si trattasse, qualsiasi cosa avessi dovuto fare, glielo dovevo.
Trovai il punto che corrispondeva alla nicchia del piano superiore. Non notai nulla di anomalo da questa parte. Il muro portante che scendeva dal piano superiore affondava nel terreno a costituire le fondamenta dell’edificio. Il soffitto non era molto alto e questo acuiva il senso di oppressione. Riuscivo ad arrivare alla sommità con un uno dei martelli che avevo usato per la demolizione della parete. Iniziai a colpire il muro che mi rispose con un suono sordo tranne che in un’area ristretta, sotto al punto in cui, sul lato opposto, si trovava il dipinto di Leland.
Iniziai ad avvertire quel senso di costrizione alle viscere e allo scroto che ci avvisa che forse è il momento di mollare.
«Papà…»
Non potevo.
Infransi il diaframma che mi separava dalla verità. Il rumore dei colpi alla parete era accompagnato dal mio respiro affannoso, dalle mie imprecazioni, dalla mia disperazione che stava assumendo le sembianze della paura. Paura di ciò che avrei trovato, anche se lo ormai lo sapevo.
E come ormai lo immaginate anche voi, pur con i vostri limiti e la vostra speranza che questa pagliacciata finisca presto, giusto?
Ossa e brandelli di pelle e pelo rinsecchiti, il cranio sfondato, le zampe legate tra di loro a formare una sorta di sacco reso rigido dal tempo.
Irriconoscibile. Ma ero certo che si trattasse di Leland.
Serie: Il dipinto sul muro
- Episodio 1: Il Castello V.
- Episodio 2: Cantine o sotterranei di ieri
- Episodio 3: Primo incontro e risalita
- Episodio 4: Leland
- Episodio 5: Mère
- Episodio 6: Leggenda
- Episodio 7: Il prima e il dopo
- Episodio 8: Di fronte al dipinto
- Episodio 9: Cantine o sotterranei di oggi
Ciao Antonio. Mi è piaciuto particolarmente il tema del ricordo e il parallelismo che viene fatto fra una storia di bambini e la vicenda drammatica che colpisce una famiglia e spinge l’uomo a tornare sui luoghi che lo avevano terrorizzato da piccolo. Hai la capacità di cambiare il tempo senza forzature, in maniera assolutamente naturale.
Il lungo monologo non stanca, al contrario. Lo trovo vivace e coinvolgente e spesso ho avuto l’impressione che il protagonista si rivolgesse direttamente a me.
La storia continua a intrigarmi e non vedo l’ora di vedere sciolto il mistero.
Mi associo al commento di Melania sull’articolazione parallela fatta da chi sta raccontando; da l’impressione di trovarsi raccolti accanto a un camino ad ascoltare una storia e stempera un po’ alcuni passaggi, forse strumentali, per così dire, un po’ meno interessanti. Il ritrovamento della carcassa non è certamente un colpo di scena, ma ritengo sia un elemento comunque importante come svincolo narrativo. Ho gradito, in certi punti, come il sotteraneo assuma un carattere simbolico, una metafora della memoria più remota o recondita. Grazie Rocco per la lettura
Mi piacciono le divagazioni del protagonista, danno un tocco di ironia a una storia triste.
Non mi ha sorpreso il ritrovamento, ma immagino che Leland, come ha già fatto in passato, possa essere la chiave per uscire dal buio.
Bravo Antonio, la storia continua ad essere appassionante.