C’era una volta il sorriso di Liù

Serie: 2003 – 2007 – quando eravamo giovani


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: avere vent'anni

L’affitto da pagare a fine mese, le bollette, acqua, luce, gas.

Il telefono, le spese condominiali, le multe, gli imprevisti.

Roba da mangiare, roba da bere, benzina, assicurazione, bollo, revisione.

La macchina è vecchia ed è scassata ma fin tanto che va avanti rimane esattamente così com’è, soldi per ripararla non ce ne sono.

Poi Il maledetto natale. Arriva e si mette di mezzo.

Poi I maledetti lavori, uno dietro l’altro.

Un paio di cicchetti, la sera, per mandar giù tutto quanto.

Giusto l’altro giorno Andrea ha comprato la torta di compleanno per la piccola Liù.

Era una torta alla crema con piantate sopra cinque candeline rosse. Liù aveva soffiato sulle candeline e le candeline rosse si erano spente. Lei rideva e batteva le mani.

Tanti auguri piccola Liù.

Poi avevano mangiato la torta. Liù aveva insistito per imboccare Andrea ed era capitato un mezzo macello, torta alla crema sulla camicia azzurra da due soldi.

Poi Liù aveva scartato il regalo, un unicorno di peluche, un affarino piccolo piccolo, sette euro e cinquanta di robaccia cinese.

Ma tutto il mondo versato in un bicchiere non valeva il sorriso luminoso di Liù. Avevano deciso insieme che l’unicorno di peluche si sarebbe chiamato Alfredo. Era un bel nome.

Vestiti a basso costo, scarpe a basso costo, sigarette a basso costo. Desideri pochi.

Tutti a basso costo.

Andrea da ragazzo andava a pesca, stava via anche la notte.

Il lago era calmo e nero nel buio, si sentivano i pesci saltare a pelo d’acqua.

Da ragazzo Andrea leggeva molti libri, giocava a pallone con gli amici, suonava molto bene la chitarra.

Gli chiedevano, cosa vuoi fare Andrea? Il musicista, rispondeva, il musicista.

Adesso Andrea prende mille euro al mese. Non pensa più alla pesca, non pensa al calcio, non pensa ai libri, non pensa alla chitarra.

Pensa solo ai soldi e i soldi non bastano mai.

Cosa vuoi fare Andrea?

Ma oramai non glielo chiede più nessuno.

E’ sera e Andrea torna dal lavoro. Al momento si tratta di otto o nove o dieci ore a caricare e scaricare camion. Tra tutto torna a casa che sono le dieci passate.

Andrea ha le braccia indolenzite, gli tremano le mani per via di quello sforzo continuo e idiota, si chiede se davvero in effetti valga così poco.

Mille euro al mese.

Liù è seduta sul divano scalcagnato e sta guardando i cartoni animati alla tv.

«Ciao piccola Liù».

«Ciao papà cos’hai fatto di bello oggi?».

«Sono stato sulla luna».

«E com’è?».

«È grande, è di formaggio».

«È di formaggio?».

«Già, non avrei dovuto ma ne ho tirato via un pezzo».

Andrea cava fuori dalla tasca del giaccone una fetta di emmenthal incartata, si guarda attorno come volesse assicurarsi di non essere spiato.

«Guarda un po’, Liù» sussurra Andrea.

“È vero, sembra proprio formaggio».

«Mica ti racconto balle, solo ho paura a mangiarla, magari fa male».

«Dalla a me, ci provo io».

Andrea fa la faccia scura come fosse preoccupato.

«Sei sicura piccola Liù, non so se è una buona idea».

«Mica ho fifa, io».

«Se così stanno le cose».

e le consegna il pezzo di formaggio.

Liù mordicchia il formaggio con un’espressione molto concentrata, poi guarda Andrea.

«Hai ragione, la luna è proprio fatta di formaggio».

«Te l’ho detto, non ti racconto balle».

Liù mangia il formaggio, Andrea si siede e prende in mano il telecomando. Gironzola un po’ per i canali.

La televisione così com’è la dovrebbero vietare, pensa Andrea. Tutta quella gente che vive dentro una lampadina. Cosa vogliono, cosa stanno facendo per Dio?

Stanno ammazzando tutti quanti, ecco cosa, gli stanno cavando via il cervello, gli stanno cavando via il sangue. Ma forse, pensa Andrea, sono solo troppo stanco.

«Com’era la luna Liù?».

«Molto buona, sapeva proprio di formaggio».

«La nonna dov’è?”».

«La nonna è andata a casa».

«Hai mangiato?».

«Si, ho mangiato».

«Ti è piaciuta la luna?».

«Era buona».

«Se domani ci torno te ne stacco un altro pezzo».

«Si, ma stai attento».

«Certamente».

«Se ti vedono magari si arrabbiano, chissà cosa ti fanno».

«No che non mi vedono, cosa vai a pensare. Vai a letto adesso piccola Liù, è tardi».

«Dopo passi a dirmi buona notte?».

«Dopo passo».

Andrea rimane solo e spegne la televisione, se ne sta seduto sul divano e sente che è sul punto di crollare, è davvero sfinito.

Si tira su dal divano, si sfrega gli occhi, fa un paio di passi verso la porta, poi si ferma.

«Liù, va a dormire, faccio un salto qua dietro».

«Va bene. Dopo torni?” chiede Liù parlando dalla sua cameretta.

“Certo che torno, che razza di domande».

«Ok».

Andrea si infila la giacca apre la porta ed esce.

Il bar tabacchi è lì a due passi. Ci si mette proprio un niente ad arrivare.

Andrea apre la porta ed entra.

«Ciao Luigi».

«Ciao Andrea».

«Allora come va?» dice Andrea e intanto si guarda attorno.

Il bar tabacchi è deserto.

«Mah così, ordinaria amministrazione, sto per chiudere. Vuoi le solite?».

«Si, e dammi anche un grattino, fosse mai la volta buona che vinco qualcosa».

«Tieniti i soldi in tasca va, che è molto meglio».

«Ma tu non dovresti incoraggiare le vendite?».

«È una truffa schifosa, qualche volta mi vergogno di quello che faccio».

«Non è mica colpa tua, dammi un grattino, non ci pensare».

Luigi gli allunga il pacchetto di sigarette e stacca un biglietto rosso dalla fila, gli dà in mano pure quello.

«Tieni, ma è una truffa, lo Stato è il peggior criminale che ci sia in circolazione».

«Lo so, Luigi, bella scoperta, e chi non lo sa? Lo sanno tutti, lo sanno anche i bambini. Se glielo chiedi a mia figlia che ha cinque anni ti dice la stessa cosa pure lei».

«Dev’essere una ragazzina sveglia».

«Si, anche troppo».

Andrea cava una moneta dalla tasca e inizia a grattare, Luigi da dietro il banco segue silenziosamente il gioco.

«Allora?» domanda alla fine Luigi.

«Proprio un cazzo».

«Te l’avevo detto o no?».

«Si, me l’avevi detto».

«È una truffa».

«Già, enorme».

«Mi dispiace, credimi».

«Si, lo so».

Andrea tira fuori la pistola da dentro la tasca del giaccone e spara dritto contro Luigi, partono due colpi, raggiungono Luigi in pieno petto.

Luigi fa due rapidi scatti indietro, uno per colpo, ha gli occhi grandi come fanali, cerca di puntellarsi al bancone con le mani, poi si guarda addosso come incredulo, non riesce a capire, sta perdendo un mare di sangue.

«Cosa vuoi fare» mormora debolmente «cosa vuoi fare.»

Fissa Andrea e si capisce che proprio non può crederci, tra tutto quello che gli deve passare per la testa pare solamente esterrefatto.

Poi fa una mezza piroetta e cade a faccia in giù, sparisce dietro il bancone, non si muove più per niente.

«Il musicista», dice Andrea con un filo di voce.

«Avrei voluto fare il musicista».

Adesso che è fatta Andrea è come vuoto, guarda davanti a sé e non vede quasi niente. Come c’è arrivato fino a lì? Si domanda. C’è davvero arrivato lui da solo?

Si appoggia al bancone, gli occhi fissi al pavimento. Fa un gran respiro, poi ne fa un altro. Poi un altro ancora.

Così a poco a poco si calma quel tanto che basta, mette via la pistola e passa dietro al bancone, apre il registratore di cassa, raccoglie più velocemente che può tutto quello che c’è dentro. A occhio quello che c’è dentro vale un mese.

Fa scivolare le ultime banconote stropicciate nella tasca del giaccone, tira su tutte le monete dagli scomparti, poi si gira e afferra un po’ di pacchetti di sigarette senza badare alla marca. Nel frattempo spera che non abbia disgraziatamente a entrare qualcuno.

Per dio fa che non entri qualcuno proprio adesso, pensa Andrea, fa che non entri, fa che non entri.

Ma per fortuna non entra nessuno

Andrea esce dal bar tabacchi. Non è mai stato così spaventato in tutta la sua vita.

Si guarda intorno, poi si dilegua nella notte.

Serie: 2003 – 2007 – quando eravamo giovani


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Discussioni

  1. Un grande racconto, tanta dolcezza e amarezza insieme. Mi piace lo stile asciutto che hai scelto, i dialoghi secchi e l’andare a capo che fa un po’ trattenere il fiato. Credo che sia volutamente l’introduzione al finale che, vero che sembra inaspettato, però era nell’aria. Bravo Michele come tuo solito.

  2. Una finestra aperta sul mondo. Quello vero, quello a volte crudele. La vita di moltissime persone è esattamente così, la vita di tantissimi genitori è disperata ma trova senso solo nel sorriso dei propri figli. E per loro inciampa anche in gesti come quello di Andrea. Non c’è giudizio. È solo buona narrazione. Complimenti per tutto.

  3. Ho apprezzato tantissimo il cambio di narrativa improvvisa, che mai mi sarei aspettata!
    Non c’è una morale, non c’è un perché, non c’e accusa o imputato… è solo la vita. Poetico, nel suo essere crudo, fin troppo reale.