Claudio e Stefano

Odio la puzza di sudore, odio viaggiare con gente che puzza di sudore soprattutto quando ti è praticamente addosso, odio la neve e per di più odio lo sport. Ed eccomi qua, simpaticamente seduto su un bus per la partita di calcio mensile della scuola, dove la metà dei calciatori sono sudati prima ancora di scendere in campo; ovviamente sono in un angolo “strategico”, cioè dove si concentra questa parte della squadra, piuttosto disgustoso, si. E mi sembra giusto che fuori nevichi.

Non potevano rimandare questa stupida partita? Probabilmente è solo il fatto che io e il calcio non andiamo d’accordo che rende tutto più difficile.

Tu sei distante, seduto tra alcuni tuoi amici che sono qui per fare casino (e saltare un po’ di scuola, guarda caso), cuffie nelle orecchie, tranquillo. Io invece, nelle orecchie ho solo gli schiamazzi animaleschi dei tuoi compagni; sorrido, quando parlano di “partita vinta prima di cominciarla”, di ragazze davvero fighe nella scuola, di sesso, e perché no di motori. Tanto, fosse mai che gli argomenti, per una volta, siano profondi, non c’è pericolo.

Evito di parlare, quanto sono contento di essere “lo sfigato”. Non mi rivolgono nemmeno la parola, non esisto, no? Meglio per tutti.

Nell’ammasso di gente si apre un varco, riesco a vederti per qualche secondo. Trattengo un sospiro per evitare problemi con i ragazzi del gruppo; sei così bello, così diverso da loro, così innocente. Non capisco perché ti dedichi a questo stupido sport, che non fa per te, che non fa per me.

Chiudo gli occhi, provando ad isolarmi da questo posto; ritorno al momento in cui ti ho visto la prima volta, in cui mi sono innamorato del tuo modo di sorridere e del modo con cui sciogli i capelli. E tu, quando mi vedrai per la prima volta?

Apro gli occhi al “vivace” modo con cui esulta la squadra. “Evviva! Moriremo di freddo, scivoleremo sulla neve e ci ammazzeremo di botte in questo schifo per un stupido fuorigioco!” Penso. Non che io sappia cosa sia il fuorigioco, per pietà. Mi rifiuto di capirlo, a dire il vero. Scendendo ringrazio l’esistenza dell’aria che, seppur gelida, si può liberamente respirare. Tutti

entrano e, dopo un attimo di esitazione, entro anche io.

– Ehi, tu! – Sento chiamare, mi volto. E’ l’allenatore.

– Tu mi sembri piuttosto spaesato, vuoi sederti vicino alle panchine? Magari qualcuno della squadra ti convince ad unirti a noi!

Il mister ride, io annuisco. “Signore, creda ancora agli stereotipi per cui i gay evitano il calcio come i vampiri l’acqua santa, si vestono di rosa e vanno a fare shopping sui tacchi.”

– Eheh, forse non sono il tipo…

– Cambierai idea, vedrai… Intanto vieni, così prendi già posto, ok?

Sospiro mentre lui è girato.

– Ok.

Se non mi degni neanche di uno sguardo, dopo tutta la fatica che ho fatto per essere qui oggi, giuro che ammazzo qualcuno.

Perché lo sto facendo? Potrei prendere un treno e tornarmene velocemente a casa, a guardare un film al caldo e a piangere perché per te non esisto. Poi me ne farei una ragione e cercherei

qualche ragazzo più interessato a me. Ma non mi smuovo. Venisse una valanga, non mi sposto di qui. E non capisco neanche bene perché.

Però, quanto ci mette una squadra a prepararsi? Entri in campo. Per me, ci sei solo tu lì in mezzo, sono qui per te.

La partita comincia, ognuno corre per i fatti suoi, alcuni inseguono la palla e se la passano. Ha smesso di nevicare e il campo è stato pulito poco prima del nostro arrivo. Sembri molto concentrato, finché non ti buttano a terra.

Guardo, con l’odio negli occhi, l’avversario che ha causato questo. Stringo i pugni, ci manca solo che ti ritirino in modo che le speranze di giocare una buona partita si dissolvano. Vedo che ti accompagnano verso la panchina. Sei COSI’ vicino, come non mai. Forse, non tutti i mali vengono per nuocere.

Ti guardo e, per la prima volta, mi guardi.

Abbasso lo sguardo, il cuore inizia a battere freneticamente. Non so cosa dire, non sono mai stato in questa situazione.

Prendo tutto il coraggio e il fiato possibile, torno a guardarti e dico sorridente: – Bella partita, eh?

Credo che qualcosa di più stupido non poteva essere pronunciato.

Mi sorridi, quanto amo quando lo fai; alzi le sopracciglia chiedendo: – Dì la verità, non sei qui per il calcio, vero?

“Finalmente l’hai capito, ti amo e sono qui per dirtelo!”

– Ehm… Ecco… – Prendo fiato – No.

Sorridi di nuovo, segui la partita ma concentri l’attenzione su di me.

– Cosa pensi della doppia linea fuoricampo?

Mi immobilizzo, devo dire qualcosa di sensato.

– Beh… E’ stato un brutto momento, ma ti sei ripreso velocemente!

Ridi. Forse è questo di cui avevi bisogno, di sapere che sono un idiota che non distingue una regola sportiva da una presa in giro. Anche io rido.

– Non capisco cosa ci fai qui, allora, se non capisci davvero niente di calcio…

Resto in silenzio, tu non aggiungi altro e torni a seguire con lo sguardo i tuoi compagni. Aspetto che tu faccia qualcosa, che dica qualcosa, per farmi capire che sei, almeno un po’,

interessato a me. Ma non lo fai.

Deglutisco, rimanendo pietrificato e muto, nel gelo di questa giornata.

Alla fine, avete perso. Questa mattinata è stata una perdita di tempo, che nella mente chiamerò sempre in causa per trovare un briciolo di speranza quando penserò a te. Almeno, mi hai parlato. Salgo sul bus ignorando i lamenti della squadra e dei tifosi, faccio per sedermi al mio posto. Tu sei già al tuo posto, salito prima di tutti con almeno cinque minuti di anticipo.

Passo dal fondo, nemmeno posso salutarti.

Chiudo gli occhi, dopo aver sbuffato sistemo la mia roba, ti do un’occhiata ma non so neanche se per te esisto più.

Al mio posto, proprio sul sedile, vedo un foglietto.

Lo prendo, lo apro un po’ perplesso e leggo.

“Pensi di sorbirti un’altra partita che evidentemente odi,

o ti va di uscire nei prossimi giorni?

Stefano

P.S. : non dovresti rovinarti l’umore qui,

quando sorridi sei davvero carino.”

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Discussioni

  1. Ciao Gabriele, davvero bello, dolce, e speranzoso questo racconto. Lieto fine? No, lieto inizio. Un abbraccio.

  2. Sai cosa mi è piaciuto molto di questo racconto? La naturalezza delle emozioni, sei riuscito a descriverla bene. Voglio dire che chiunque puo’ ricordarsi d’aver provato emozioni del genere (e situazioni del genere) durante una cotta adolescenziale. Voglio dire che quando affermiamo: “anche i gay si innamorano”, ci mettiamo una parola di troppo: “anche”.
    Non so se segui il calcio, ma in quell’ambiente è ancora difficilissimo fare coming out. E’ statisticamente impossibile che non ci siano stati, nel passato più o meno recente, calciatori gay e che non ce ne siano, eppure il primo coming out nel calcio risale solo al 2021!
    Un buon racconto, complimenti. Peccato lo stereotipo sul fuorigioco 🙂

    1. Lo stereotipo è più autoreferenziale che altro, quando ho scritto questo pezzo in adolescenza avevo anche io i miei stereotipi 😉
      Ma credo che quella vaga ingenuità sia stata veicolo di una naturalezza che oggi forse farei più fatica a raccontare. Grazie per aver letto!

  3. Evviva il lieto fine, finalmente qualcuno di noi che ha avuto il coraggio di immaginare che la felicità è un diritto per tutti. Scrivi veramente bene e ci metti tanta freschezza e passione. I personaggi sono così realistici da apparire calati nelle nostre realtà. Perfetti i dialoghi. Le emozioni a mille.

  4. “Nell’ammasso di gente si apre un varco, riesco a vederti per qualche secondo. Trattengo un sospiro per evitare problemi con i ragazzi del gruppo; sei così bello, così diverso da loro, così innocente.”
    Sono io che qui ho trattenuto il sospiro

  5. Ok, mi hai conquistata. Io sono la tizia che quando naviga nella “pupu” si sporge sull’orlo per cercare qualche fiore. Deve pur nascere, no?, con tanto concime attorno. Abbiamo bisogno di quei fiori: la lama scartata in Sammy e qui quel biglietto.

  6. “Il mister ride, io annuisco. “Signore, creda ancora agli stereotipi per cui i gay evitano il calcio come i vampiri l’acqua santa, si vestono di rosa e vanno a fare shopping sui tacchi.””
    Applauso 😂 ❤️ La tua scrittura è così, genera sensazioni con molti sotto toni: divertimento, stretta al cuore, tristezza