Come affrontare la vita COL PETTO.

*Attenzione: non è una storia avvincente, è autobiografia pura. Leggete a vostro rischio e pericolo*

Sapete come si dice, no? “Nasci, cresci, muori”.

Il problema è tutto quello che sta nel mezzo. O almeno per me.

Avete presente quelle persone che non sanno mai cosa vogliono dalla vita?
Ecco, io sono una di quelle ma con una grande marcia in più (anzi, due): le tette.

Già, perché pare che la gente si ricordi di me soprattutto per quel motivo (anzi, due motivi direi). E non importa che io sia schizofrenica, cambi idea ogni due minuti o sia psicopatica: ho le tette, perciò va bene così.

E ho potuto constatare, con mio grande stupore, che questo “pregio” piace a molte donne, le quali spesso mi chiedono cosa mangio per averle così grandi o, alla peggio, se sono rifatte e se possono farle come le mie (è successo davvero, non è uno scherzo).

Perché sto parlando di tette? Perché nonostante io cerchi in tutti i modi di risultare simpatica a chiunque e nonostante io creda molto nella mia intelligenza (crederci sempre, fino in fondo) puntualmente la risposta che gli altri ricevono alla domanda “Ti ricordi di Fiona?” la risposta è “Ah sì, mi ricordo…quella con le tette grosse!”

Detto ciò, da piccola ero tutt’altro che formosa. Ovviamente per “piccola” intendo dodici-tredici anni, quando le forme dovrebbero iniziare a vedersi un minimo ma tu ti ritrovavi con delle compagne di scuola coi meloni che avevano vita propria e tu, oltre ad avere un sacco di brufoli in faccia, ne avevi anche un paio al posto delle tette.

E va bene, ci mancherebbe, io a dodici anni tagliavo i capelli alle Barbie per farle sembrare degli uomini e disegnavo il pene a Ken perché mi dispiaceva vederlo così perciò a me, fondamentalmente, delle tette fregava poco. Le dodicenni di oggi, invece, conoscono le peggiori bestemmie e ne capiscono di sesso più di Rocco e Cicciolina mentre io era già tanto se sapevo dell’esistenza di pene e vagina e quando dicevo “cacchio” mi sentivo in colpa e partivano le legnate.

Per questo motivo venivo derisa.
Per le tette che non avevo, ovviamente. E i brufoli (che avevo).
E le tette che sembravano brufoli e i brufoli che sembravano tette.

Non ero bellina, insomma. Anzi, ero il contrario di bellina.

Quando avevo dodici anni sembravo Kurt Cobain dopo un intervento riuscito male.
Ma
almeno ero simpatica (così dicono). E infatti di amici ne avevo, uomini e donne.

Soprattutto uomini, i quali mi vedevano solo come un’amica (friendzonata a dodici anni) perché non avevo le tette e quell’accenno di baffo li spaventava un po’ (forse perché a me i baffi crescevano e a loro no, chiamasi invidia). Ma in fondo avevo dodici anni e io i peni li disegnavo, mica mi importava di quelli veri.

Comunque, ricordo ancora quel periodo in cui mi piaceva un ragazzo e lui, dopo averlo saputo, esordì con “Ma a me piace tizia, lei c’ha le tette!”.

In pratica, lui mi stava facendo capire che le tette mi avrebbero aiutata a conquistare quello che poi sarebbe stato l’uomo della mia vita e mi avrebbe amata per sempre e incondizionatamente per questo.

E mi stava anche dicendo che se non mi fossero cresciute sarei rimasta zitella a vita e sarei finita a lanciare gatti dalla finestra come la gattara dei Simpson.

Fu così che capii (o almeno, pensavo di aver capito) quali fossero le priorità della vita, e aspettai.

O le tette o i gatti. Prima o poi qualcosa arriva, no?

E alla fine sono arrivati entrambi.

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Discussioni

  1. Ciao Fiona, benvenuta! Delizioso questo racconto di esordio wui sopra, ci sarà un seguito? Lo spero e ti seguirò.