
Contestazione alla contestazione (perché mi sento superiore)
Mi capita spesso, la contestazione. È un atteggiamento, sia l’inizio di un dibattito sia una presa di superiorità (da parte di chi inizia), anche se in molti casi può causare il contrario. È quello che fa un filosofo, quando scrive un libro, è quello che fa un bullo, per darsi un argomento, è quello che faccio io quando sono fuori di me.
La contestazione poi può essere uno scambio, di opinioni, esperienze, idee; raramente, ed in pochissimi casi (come quello di un dibattito) rispetto alle volte che viene fatta, ha un effetto positivo.
Ma ora veniamo alla mia contestazione (e forse un po’ quella di tutti), quando io contesto lo faccio per concretizzare una condizione di superiorità che già ho, un’autostima insaziabile che ha sempre fame di nuovi incipit, che non si ferma mai nello spendere il mio tempo. E sono un po’ come uno stato, con uno stremante conflitto interno, ed un governo che ha bisogno sempre di nuova autostima per ottenere stabilità.
Come se non avessi ancora capito che basterebbe stare zitti ed ascoltare gli altri,
eppure l’ho capito.
Qua è finito, ma devo raggiungere almeno trecento parole quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi quindi.
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