COSO

Serie: MURAKAMI


Sensi di colpa in chiave surreale e ironica.

Il buffo personaggio si materializza all’improvviso mentre sono seduto sulla tazza del cesso con i pantaloni calati. In una mano il telefonino aperto sulla homepage di Pornhub e nell’altra la mia erezione.

Vedo aprirsi il pannello vetrato della doccia e salta fuori questo essere buffo. Mi blocco terrorizzato alla sua vista e tutta l’eccitazione accumulata si perde in pochi secondi. Sono tentato di alzarmi e scappare dal bagno ma qualcosa mi tiene attaccato alla tazza ad osservarlo. Stranamente non mi fa paura. Non ha un aspetto minaccioso o pericoloso. La mia curiosità è più forte del mio spavento.

Sarà alto non più di 60 centimetri e ha una fisionomia curiosa. È completamente nudo ma non sembra né maschio né femmina. La sua corporatura è poco definita, sbiadita, come un’immagine fuori fuoco; sembra un ibrido fra i due sessi e il suo viso, dai contorni più definiti rispetto al corpo, è un insieme disordinato e scomposto di lineamenti. Lo osservo e mi rendo conto che ha qualcosa di familiare, ma non capisco cosa. Forse è il suo sguardo amichevole e rassicurante che non mi spaventa. Prendo coraggio.

– E tu chi saresti?

– Sono lo spirito dei tuoi parenti morti.

Trasecolo. Mi cade il cellulare dalla mano.

– Cosa? Di che parli? Di quali parenti morti?

– Di tutti!

Dopo un primo momento di sorpresa, effettivamente ora che lo osservo meglio mi ricorda tanti volti che facevano parte del mio passato, come se racchiudesse in un’unica faccia tutte quelle dei parenti che ora non ci sono più. Riconosco gli occhi verdi di papà, il suo sguardo dolce e affettuoso, le sopracciglia cispose di zio Elio, la bocca carnosa di zia Lena e la capigliatura folta e canuta di nonna Elda. I lineamenti e la forma del viso mi ricordano Germano, il fratello di mia madre e i baffetti impertinenti e arricciati all’insù di Evaristo, lo zio di mio padre. Per quello che posso intuire dalle forme sfocate del corpo, nonostante seni procaci e fianchi voluttuosi, ha un aspetto mascolino e tarchiato. Non oso neanche immaginare di chi sia quel coso mollo e indefinito che pende fra due gambe corte e pelose.

– Si ma da dove sei spuntato fuori?

– Dalla doccia.

– Questo lo so, ma intendo dire che cosa sei? Come sei arrivato qui?

– Mi hai creato tu, proprio qualche secondo fa, nell’istante in cui hai fatto la ricerca sul tuo telefono di quel sito porno e hai avuto un momento di esitazione generato dal senso di colpa che provi ogni volta che ti chiudi in bagno per espletare questa pratica. Sono frutto della tua coscienza.

– Io non provo sensi di colpa per quello che sto facendo, figuriamoci, lo faccio da anni… e poi chi sei tu per giudicarmi?

– Io non ti giudico, o meglio se ti giudico è perché lo stai facendo tu. Come ti ho detto sono frutto del tuo inconscio per cui tutto quello che prova la tua coscienza lo trasferisci in me. Però solo la parte della coscienza che riguarda questo atto specifico.

– La masturbazione?

– Esatto. Solo quello.

– Si ma che ci fai qua, nel mio bagno e, soprattutto in questo preciso momento intimo?

– Sono qua ora proprio perché sei impegnato nell’attività che ho il mandato di monitorare proprio dal tuo subconscio. In poche parole sono qua per inibirti e farti provare vergogna perché è quello che infondo provi anche tu tutte le volte. La mia attività si esaurisce nel momento in cui si esaurisce anche la tua.

– Quindi se eiaculo o decido di non masturbarmi tu poi te ne vai?

– Esatto.

– E devi stare qui a fissarmi tutto il tempo?

– Sono qui per questo, ricordi?

– E perché i parenti morti? Perché non quelli vivi, o che ne so, i cani, un armadio, o qualsiasi altra forma…

– Anche la forma in cui mi manifesto è frutto del tuo inconscio. Non decido io le mie sembianze e il mio aspetto. Devi aver recepito e trattenuto questa immagine in qualche momento della tua vita e ti è rimasta impressa, forse l’hai letta su un libro, o sentita in un film e adesso la parte pudica e vergognosa di te la associa a questo momento in particolare.

– Vero, “quando mi masturbo penso che tutti i miei parenti morti mi osservino”. Ho già sentito un’espressione del genere, non ricordo bene dove e quando, forse da Woody Allen, Vergassola, Bisio?

Rimango in silenzio. Rifletto sul fatto che sono in bagno mezzo nudo col pisello in mano, ormai inerme come un fiore appassito, a parlare con un essere immaginario spuntato dal nulla. La cosa sconvolgente a pensarci bene è che mi sembra quasi naturale farlo, come se si trattasse di un essere umano reale. Come se la barriera fra reale e irreale si fosse temporaneamente annullata. Da questa situazione non ne esco. Eppure non ho fumato niente di tossico negli ultimi giorni. Che sia stata la peperonata a pranzo? Mah!

Lui rimane lì di fronte a me e mi guarda con le sue sopracciglia folte. Ora lo sguardo di papà si fa più severo. Devo prendere una decisione, certo i miei intenti onanistici sono ormai svaniti, ma non voglio rischiare che con essi svanisca anche il buffo nanetto. Infondo mi incute simpatia, ha il modo di fare di Ernesto, un cugino di mio padre che parlava così…con tono pacato, rassicurante e un po’ effemminato. Cugino Ernesto… morto pure lui… per l’appunto.

– Senti un po’ Coso, hai un nome almeno?

– Uno, tanti, tutti quelli che vuoi darmi tu. Dipende da te.

– Vabbè, se dipende da me allora ti chiamo Coso così facciamo prima. Ci sono altri esseri come te in giro? Cioè non è che appena esco da qua ne incontro altri di Cosi come te?

– Questo dipende da te, o meglio dal tuo inconscio, da quanto valuti che la tua coscienza sia più o meno pulita o se infondo ritenga che ci siano scorie, colpe, cose non dette, rimorsi nei confronti di qualcuno. C’è un Coso come me, come dici tu, per ogni sfera emotiva e relazionale della tua vita. Esiste lo spirito dei genitori, delle ex fidanzate, degli animali e così via… come la tua coscienza entra nel campo di competenza di un mio collega un altro “Coso” come me compare.

– Ma tu rappresenti persone morte, gli altri a cui fai riferimento sono ancora quasi tutti vivi a quanto ne so.

– Non è necessario che siano morti. Non si provano sensi di colpa solo nei confronti di chi non c’è più!

– Giusto, ma non ne ho mai incontrato uno prima, e non credo di non avere mai avuto rimorsi o sensi di colpa fino ad ora, perché proprio adesso?

– Vedi, proprio in questo momento stai ammettendo di avere qualcosa che pesa dentro di te, è proprio questa presa di coscienza che evidentemente materializza le entità come me. È successo qualcosa di recente nella tua vita che ti ha portato a prenderne atto?

Rimango assorto a pensare, mi faccio triste in volto.

– Si, effettivamente qualcosa è successo. Il mese scorso ho perso una persona molto cara. Un amico se n’è andato prematuramente e tragicamente. Ci conoscevamo fin da piccoli, siamo cresciuti insieme, elementari, medie, liceo, fino ai primi anni di università eravamo inseparabili. Vacanze, viaggi, le prime sbronze, le prime donne… finché stupide incomprensioni per futili motivi hanno fatto prendere alle nostre vite strade diverse. Dal giorno della sua scomparsa penso spesso a lui, alle cose che avrei voluto dirgli, al fatto di non essermi mai scusato con lui per averlo ferito e per non avergli mai detto che l’avevo perdonato da tempo per come lui aveva ferito me, a quanto gli volessi bene, a quanto mi mancasse e al rimpianto di non averglielo mai detto. Ora che ci penso gli stessi pensieri ho iniziato a rivolgerli anche ad altre persone che non vedo più da tempo.

Continuo ancora a rimuginare fra me e me. Poi mi alzo dalla tazza ancora assorto nei miei pensieri. Ho le gambe molli e addormentate per tutto il tempo che sono rimasto seduto sulla tavoletta. Sto per uscire dal bagno quando mi giro verso Coso. Ma Coso non c’è più. Scomparso. Provo nella doccia, niente, volatilizzato come il fumo di una sigaretta nel vento. Evidentemente è come diceva lui, una volta rinunciato al mio intento onanistico lui scompare, avendo svolto il suo compito.

…continua…

Serie: MURAKAMI


Avete messo Mi Piace4 apprezzamentiPubblicato in Umoristico / Grottesco

Discussioni

  1. La prossima volta che qualcuno mi dice che l’originalità non esiste, gli mando il link del tuo racconto 😂 Grazie davvero per avermi fatto ridere di cuore, non vedo l’ora di incontrare gli altri “così”

  2. Non c’è per forza bisogno di parlare di alieni e mondi extraterrestri, nella mente umana ci sono mondi interi, è tutto li. La narrazione è scorrevole e il contenuto è geniale.

  3. Ancora mi sto chiedendo se sono più divertita da quelle tre originali righe iniziali che rischiano anche di diventare la tua carta di presentazione qui su open 🙂 oppure terrorizzata da tutti i parenti morti, soprattutto i miei, qualora decidessero di uscire dalla doccia, sotto qualunque sembianza. Molto interessante la riflessione su quell’atto che, chissà come mai, per quanto assolutamente naturale, ci preoccupa così tanto da guardarci attorno anche quando sappiamo di essere soli. Sono molto curiosa di leggere il seguito

  4. Ciao Federico, me lo sono goduto dalla prima all’ ultima parola, e mi hai regalato delle risate davvero sentite, apprezzando questa vena di simpatica follia che pervade il racconto. Ora mi hai incuriosita, ti toccherà pubblicare anche il seguito!