Cuore tricolore

Serie: Tre anni in Nigeria


Siamo quasi a giugno, ancora pochi giorni e finirò la prima media. Il cielo è di nuovo grigio chiaro, l’aria più umida e meno calda e di nuovo c’è l’odore pungente di quando sono arrivato. Stanno per tornare i monsoni e daranno nuova linfa vitale alla natura spenta, in attesa, qui attorno.

Mentre vado a scuola, vedo passeggiare donne con enormi cesti pieni di frutta sopra la testa, in equilibrio, danzano in mezzo alle moto parcheggiate e io penso che qui, le leggi della fisica, dei comuni mortali, non valgono.

Quest’anno è passato, tra sogni ed incubi che mi svegliano ancora la notte. Ogni giorno è una lotta per la sopravvivenza contro fauna, flora e parte della società ostili.

Ma ogni giorno è anche una nuova opportunità per imparare qualcosa di prezioso da donne e uomini straordinari che ogni giorno rischiano e affrontano questa natura ostile. Bianchi o neri, cristiani o musulami, nigeriani o italiani, non importa se hai ben fermi alcuni principi e alcuni valori, quelli alla base del mio gruppo di amici, gli Alleati.

Una volta papà, mentre lo guardavo radersi e osservavo il nostro riflesso allo specchio, domandandomi perché tutti dicessero che fossimo uguali, mi spiegò che ogni uomo deve affrontare un unico test. Uno solo, ma ogni giorno. La prova della barba. Se quell’uomo riesce a radersi, fissandosi tutto quel tempo allo specchio senza aver voglia di sputare all’immagine riflessa, allora ha superato la prova. Vuol dire che è in pace con la sua coscienza e vive nel giusto, indipendentemente da tutto il resto.

Solo questo conta.

Mi tocco il tratto di pelle sopra il labbro superiore. Non può essere più liscio di così, segno che la barba, io, non la vedrò ancora per molto tempo e quella prova non la dovrò ancora fare. Mi chiedo se mai avrò voglia di sputare quando sarò più grande, ma per il momento non mi sembra di aver fatto nulla di cui vergognarmi.

In realtà una cosa c’è.

La miccia del fuoco d’artificio di Neil.

Non ho ancora avuto il coraggio di confessarlo, ma né Neil né Harry ne hanno mai più parlato, sarà un segreto terribile che mi porterò dentro nella tomba.

Arriviamo a scuola, scendo e vado incontro ai miei amici.

Non gli ho mai detto di quello che è successo in Italia, di mamma che voleva restare. Ancora adesso non so perché volesse mollare tutto.

Maledizione, ho dimenticato il cartellone in macchina, corro indietro e vedo mamma scendere dall’auto con il cartellone della ricerca di geografia.

Mi guarda con occhi dolcemente severi, senza dire niente. A mamma manca l’Italia, è evidente. Non è solo per la paura degli assalti o di qualche malattia, non è manco per il ruolo di rappresentanza con le altre mogli, ma per le tante piccole cose, come una passeggiata in un centro storico, sedersi in una panchina o sotto un albero a leggere senza avere sotto controllo la situazione costantemente, stendere i panni all’aperto e vederli svolazzare per i vicoli delle città, i bambini che giocano a pallone nella piazza davanti alla chiesa del paese, affacciarsi alla finestra e vedere un mondo senza muri e fili spinati. Quel senso di comunità, di appartenenza ad un Paese con popoli, lingue, culture, cibi diversi ma tutti accomunati dalla stessa storia che in Italia spunta solo quando gioca la Nazionale, ma qui fuori c’è appena si sente qualcuno parlare la nostra lingua, e non importa quale sia l’accento. A tutto questo gli italiani sono abituati e lo danno per scontato ma penso sia questo che rende l’Italia speciale, molto più del cibo, delle auto o della moda. E sono fiero di rappresentare nel mio piccolo questa unicità.

Per la ricerca di geografia dovevamo portare il nostro Paese, ma io lo avrei scelto comunque.

Siamo in cortile, seduti sull’erba assieme a tutte le classi medie e a turno presentiamo le nostre ricerche. Mrs. Graham e Mrs. Lohan, la mia insegnate di Geografia, mi chiamano. Mi alzo e prendo il mio cartellone. Amber è seduta lontano ma mi saluta con la mano e un largo sorriso. Ricambio il saluto e mi preparo. Posiziono il cartellone dove al centro ho incollato la cartina dell’Italia all’interno di un sole disegnato. I raggi collegano il sole a delle nuvole che ospitano alcune immagini. C’è la nuvola con i monumenti più belli e importanti come il Colosseo di Roma, la Torre di Pisa e il Duomo di Milano. La nuvola con alcuni paesaggi, le Dolomiti in Trentino, il Vesuvio a Napoli e il Golfo degli Angeli a Cagliari. Ci sono tante nuvole perché siamo un Paese ricco di molte bellezze e peculiarità, parti integranti della nostra esistenza e che consideriamo normali ma che in realtà sono eccezionali.

La nuvola più grande e che preferisco però è quella con le immagini delle persone. C’è la foto di famiglia che abbiamo fatto per il cinquantesimo anniversario di matrimonio dei nonni, con lo sfondo di Marechiaro. I nonni al centro attorniati dai figli e nipoti che ridono felici. C’è la foto dove io, le mie sorelle e mio cugino Gabriele giochiamo a palle di neve in piazza a Riva del Garda. Ci sono le foto della tavolata alla pizzata con tutti gli italiani qui in Nigeria, della mia vecchia squadra di nuoto, delle mie sorelle con i loro amici a Cagliari. Ci sono le foto di due carabinieri che passeggiano tranquilli in una via affollata e salutano un bambino, la foto dei volontari che spala il fango dopo un’alluvione e l’abbraccio tra un pompiere e una donna ferita dopo un terremoto.

I gemelli russi continuano a dire “pizza, mafia e Berlusconi”, alcuni mostrano le cinque dita e mi urlano waka. Sorrido impassibile e freno Amber e gli altri partiti alla carica per difendermi. Non ne vale la pena.

Non vale la pena discutere con chi non riesce a guardare oltre, con chi vive di pregiudizi e non si sforza di uscire dalla propria cupola per vedere altri mondi e cogliere quello che c’è di buono per migliorare il proprio.

La mia ricerca è piaciuta e quasi tutti, tranne i soliti, applaudono e urlano, in testa i miei amici. Amber si alza dal prato. Corre verso di me, mi abbraccia.

«Sei stato bravissimo! La tua è la ricerca migliore!»

Alzo le spalle un po’ impacciato. Harry mi fissa di nuovo con quello sguardo strano, come quella volta dopo Natale.

Sento la mancanza delle mie sorelle ogni giorno, tranne quando insistono su Messenger e mi inondano di trilli, ma questo è il mio posto.

Stringo la mano di Amber e lei ricambia stringendo più forte.

Questo è il mio posto.

Serie: Tre anni in Nigeria


Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Young Adult

Discussioni

  1. Un ottimo lavoro Carlo. Purtroppo gli stereotipo sono duri a morire ed ora a pizza mafia e mandolino si è passati a pizza mafia e Bunga Bunga. Sono convinto che gli italiani all’estero sentano la nostalgia del loro paese più dei tanti italiani uniti soo nel pallone ed ora purtroppo orfani. Sono certo che la prossima serie non mancherà di stupirmi; Il talento non ti manca di sicuro.

  2. Che bello, Carlo, questo finale! Un grido d’amore al nostro Paese tanto meraviglioso e tanto martoriato. La nostalgia di colui che è emigrato altrove, ma che si porta per sempre l’Italia dentro. E come è maturato questo ragazzo! Ha preso coscienza di sé e si muove con la sicurezza di colui che sa quello che vuole. Adesso aspettiamo nuove avventure!

    1. Grazie Cristiana, sono davvero contento che ti sia piaciuta questa stagione, spero di non deludere con la prossima! Eh si, è maturato molto il protagonista, un po’ l’esperienza ha accelerato il processo e un po’ è comunque l’età, ma ha comunque ancora alcuni aspetti da maturare e si affronteranno nella prossima stagione e gli amici, soprattutto Amber, saranno di fondamentale importanza 😉

  3. Bellissimo finale di stagione, dove le due “anime” del protagonista di fondono in un tutt’uno. Siamo la somma delle nostre esperienze, cosmopoliti per ciò che di buono prendiamo dal nostro intorno. Perchè si deve essere per forza bianco o nero, quando c’è un’infinità di colori e gradazioni? L’umanità è una e ne facciamo parte in primis. Aspetto con molta curiosità la seconda stagione. Grazie ancora per avermi permesso di visitare la tua Africa.

    1. Grazie Micol, davvero felice che ti sia piaciuta anche questa serie. Concordo pienamente, siamo il frutto delle nostre esperienze, anche senza dove necessariamente andare all’estero. Basta avere soltanto una mentalità aperta e curiosa. Ho sempre trovato ridicolo la banalità con cui si etichetta la gente, e da ragazzino quando vedevo i film americani dove nelle scuole ci si divideva in gruppetti (secchioni, sportivi, musicisti, skater, sfigati ecc) restavo piuttosto perplesso perchè nè io nè i miei compagni di classe potevamo essere etichettati con un solo gruppo. Queste considerazioni si applicano anche da adulti e per ogni cosa. La seconda stagione è ancora in fase di scrittura, sono a metà e la pubblicherò solo quando avrò finito tutti gli episodi. Devo dire che oltre alla difficoltà dello spazio (certe parti le ho tagliate o riassunte e mi sarebbe piaciuto approfondire le dinamiche della scuola e del rapporto con gli antagonisti della storia, i gemelli, più altri episodi, quindi in futuro mi piacerebbe riprendere tutto e organizzarlo meglio) una delle difficoltà è stata proprio raccontare queste cose. Come tua figlia, ci sono alcune cose che si portano dentro per sempre ed è difficile parlarne, al liceo avevo provato all’inizio ma era difficile raccontare certe realtà e per lo più ho solo trovato gente refrattaria che voleva solo vedere e credere ad una unica realtà e allora ho rinunciato. Quando ho iniziato a pubblicare questa serie avevo la stessa paura di passare per una persona che non sono, ma mi sono detto che dovevo dire tutto, senza censura altrimenti sarebbe stato irrispettoso e così ho fatto. Il bello è che non è stata una cosa prevista, anzi, non avevo minimamente pensato questa serie o di parlare della mia esperienza nigeriana, è stata un’ispirazione fulminea, la quadra tra realtà e storia di fantasia e ho scritto tutto di getto. Discorsone lunghissimo ahaha, grazie ancora Micol!

  4. “Se quell’uomo riesce a radersi, fissandosi tutto quel tempo allo specchio senza aver voglia di sputare all’immagine riflessa, allora ha superato la prova. “
    👏 👏 👏

  5. Ciao Carlo, hai chiuso la prima stagione con un bellissimo racconto. L’ ho percepito piu` vero e piu` profondo. Hai reso bene l’ idea di crescita del protagonista, favorita da esperienze varie e straordinarie. La teoria del test davanti allo specchio mi piace da sempre, anche se non mi sono mai fatta la barba.😂 Bella anche l’ immagine delle donne nigeriane che sfidano le leggi della fisica. Aggiungerei anche con un atteggiamento sempre fiero e dignitoso.
    Bravo Carlo.😉

    1. Ciao Maria Luisa, grazie come sempre per aver letto ed essere giunta alla fine di questa stagione. L’idea era proprio di spendere l’ultimo episodio per far fare un bilancio al protagonista e certificare la sua crescita, anche se di fatto non succede nulla alla trama ed essendo carente di spazio ogni riga è oro ma ci tenevo ugualmente ad un finale-bilancio. Adesso un po’di pausa e poi la seconda stagione, un po’ più complessa data la crescita del protagonista 😂 un abbraccio!