Dentro il meccanismo
Serie: La Compagnia dell’autobus
- Episodio 1: Vivere di bisogni
- Episodio 2: Dentro il meccanismo
STAGIONE 1
Dopo quel trip mentale quotidiano tornavo alla realtà, uscendo dalla metro e recandomi davanti alla fermata dell’autobus che mi avrebbe consegnato alla fabbrica, con l’ennesimo rito dell’attesa consumarsi tra le dita. Condividevo il percorso con due colleghi in età avanzata e due giovani donne impiegate nella grande azienda poco più avanti rispetto a dove ero diretto. Con i colleghi non c’era affiatamento: automi segnati dalla fatica e dalla ripetitività, con pensieri limitati e superficiali. Con le due donne, invece, era diverso. Riuscivo a conversare.
Giulia aveva qualche anno più di me e un matrimonio già in crisi. Si lamentava spesso della situazione economica, che — diceva — non le permetteva di vivere secondo le sue aspettative. Le sue ambizioni erano altre, e non le nascondeva. Voleva vivere come una principessa, o almeno questo era il suo sogno, che si scontrava con la realtà di una semplice segretaria. Non era una bellezza classica, ma sapeva attirare l’attenzione: vestiti alla moda, trucco marcato, un profumo che invadeva l’autobus. Parlava senza tregua, gesticolava come se lo spazio intorno le appartenesse. Incontrarla era come uno scontro frontale in auto: lo stordimento per l’avvenenza, la voce che ti colpiva alle orecchie, il profumo intenso che aveva l’effetto di un bicchiere di grappa. Un vero pugno da k.o. alle sette del mattino. La sensazione che mi lasciava era un misto di eccitazione e confusione. Giulia riusciva a distrarmi dalle fermate e dall’orologio che scandiva il tempo. Aveva un magnetismo quasi televisivo. Il suo essere provocante, a prescindere, mi metteva a dura prova.
Emanuela era l’esatto opposto. Decisamente un’altra cosa, più simile a me. L’unico punto in comune con Giulia era l’ufficio in cui lavoravano. Aveva un grado di cultura importante, soffriva per le limitazioni della vita quotidiana e per l’impossibilità di vedere realizzati i propri ideali. Il suo aspetto, meno curato — come del resto il mio — con un filo di trucco appena accennato e un delicato profumo di sapone non la metteva certo in luce accanto all’avvenenza di Giulia. Quando riuscivamo, o meglio quando Giulia ce lo permetteva, ci confrontavamo su temi di un altro livello. Il nostro rapporto somigliava a quello tra uno studente e un’insegnante. Appena ventenne, ero alla mia prima esperienza lavorativa e alle prime vere domande di un certo spessore. Emanuela era fortemente politicizzata, e i suoi pensieri erano rivolti ai grandi temi della vita. Non era certo il massimo della conversazione a quell’ora, ma era affascinante ascoltarla, con quel tono di voce pacato e sensibile. Mi aveva raccontato di una lunga relazione con un uomo adulto, uno scrittore che l’aveva affascinata. Con il tempo aveva capito di non essere l’unica nella sfera delle sue amanti, e decise di farsi da parte. Mi piaceva il suo modo di parlare e, soprattutto, la nostra affinità su diversi punti di vista. Eravamo accomunati da un tenore di vita basso. Ripeteva spesso una battuta: «Io e te siamo una coppia perfetta per un weekend al cimitero, tanta è la gioia di vivere». Poi, però, ci rideva su.
Era strana per me tutta quell’attenzione. È vero, ero il novellino, il più giovane e l’ultimo arrivato della compagnia dell’autobus; forse era solo per quello. Comunque, a me piaceva. Quando i colleghi mi chiedevano chi preferissi tra le due, rimanevano sorpresi. Per loro, alla fine, vinceva sempre Giulia: non c’era partita. Lei era la numero uno dell’autobus. Ma per me era diverso, più complicato. Scegliere tra la fisicità di Giulia e l’interiorità di Emanuela non era così semplice. E poi, a me i weekend al cimitero piacevano, a prescindere.
Alla fine di quel rituale quotidiano, durato due ore, arrivavo di fronte al cancello dello stabilimento. Dopo un saluto veloce alle mie compagne di viaggio, mi incamminavo verso l’ingresso dei dipendenti. La città era ormai in pieno movimento, un macchinario fatto di ingranaggi complessi, ognuno con una precisa funzione. La sirena delle otto meno dieci mi suggeriva di essere arrivato. Il mio viaggio finiva così, come ogni giorno si ripeteva uguale, lasciandomi la sensazione di essere anch’io un ingranaggio del grande sistema produttivo della città.
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