
Dissolvenza
Con in mano questa tazza di caffè e nell’altra una sigaretta, comincerò questo delirio frutto della mia pazzia. Premessa di un’appendice ripetuta, consuetudine di un’abitudine da cui non riesco a perdere il vizio. Potrei parlare ore di tutti i miei drammi familiari, che hanno consumato la maggior parte dei miei pensieri, conoscendo in anticipo le espressioni che susciterebbero sui vostri volti. Ho deciso di risparmiarvi quella parte riluttante della mia vita. Preferisco ascoltare questo libeccio che continua a chiedermi di tirare fuori quello che ho dentro. Sapere che c’è sempre qualcosa che non si è riusciti a raccontare, questa forza continua a spingermi sempre più in là, anche se nessuno mai leggerà. La mia ombra stanca mi tiene compagnia e mi rendo conto di vivere in un segmento astratto. Tante storie in un unico vissuto, tornare indietro nel tempo, fino a quando i punti si cominceranno a incastrare, come pezzi di puzzle (niente ha senso senza il pezzo finale). Stanco di albeggiare per poi tornare a tramontare: tracciare una linea indefinita fuori da un bordo, fino a quando le diagonali si incontreranno. Uso l’immaginazione come forma di espressione: stati d’animo di sogni ormai andati persi. Sogni che pesano sulle mie spalle. La penna è il mio unico strumento. Lascio scorrere l’inchiostro della biro: clessidra dei miei stati d’animo, rivivendo momenti solo per un istante. Anima inquieta che proietta ricordi che si scagliano sul vetro bagnato. Nella mia costante ricerca di comprensione, mi trovo spinto ad andare avanti. Il fantasma di me stesso è riflesso tra le righe di questo mio taccuino. Non chiedo di trovarci un senso; anzi, scusami se mi sono permesso di sporcare questa tela bianca con inchiostro gettato d’impulso. Dare vita a un momento. Ricercare un sentimento che provochi un’emozione.
Mentre cammino tra nuvole di cemento in questa città che osserva il mio fare con aria di sospetto, un agglomerato di suoni si fonde con colori di vernici che non vogliono andare via. Mi continuo a domandare: dov’è la sincerità in questo mondo prigioniero? Dove porterà questa continua ricerca del profondo in un mondo sempre più superficiale? Mentre navigo in questo mare di parole, in cerca di emozioni che portino alla scoperta di me stesso, non so ancora dove mi porterà questo percorso. So che arriverà anche maggio, con il miraggio di un nuovo viaggio. Scrivo aggrappandomi alla speranza che sia servito scrivere intere pagine. Non voglio giustificare qualcosa che non riesco a cambiare, così da trovare una ragione a quella voglia pazza di vagabondare, libertà di non essere confinato nel corpo in cui sono nato. Così da liberarmi di me stesso: archiviare come storia da rifare senza fare un gran vociare intorno. Ombra del mio passato che avrei facilmente dimenticato, preferisco affogare in questo reflusso di parole con la voglia di vomitare. Cercare di salvare quello che rimane. In fondo, chi sono io realmente? Sono solo il frutto di una strana casistica, assoggettata a un contesto sociale tale da renderlo una deviazione. Beh, sì, forse avete ragione, ho perso la ragione. Perdona il gioco di parole, ma accettare le contraddizioni che attanagliano la mia mente non è sempre facile.
Tutti i miei rimpianti.
Ho consumato le suole di queste larghe scarpe,
cercato invano una via di fuga da questa tortura.
So che uscirne sarà dura,
sacrifico così la mina di questa fragile matita.
Ricominciare, cercare nuove soluzioni,
trovare la cura nella stessa ossessione,
trasformare la rabbia in passione.
È solo un’allucinazione?
Tutto è sbagliato, il mio nome è cancellato,
meglio aver dimenticato.
Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
“così da trovare una ragione a quella voglia pazza di vagabondare, libertà di non essere confinato nel corpo in cui sono nato.”
Sai, trovo davvero molto toccante questo tuo non-racconto che è quasi un ode. Mi piace la maniera in cui parli a te stesso, anche se a un certo punto compare un ipotetico interlocutore. Mi piace anche l’uso delle figure retoriche che non appesantisce il testo, quanto piuttosto lo addolcisce. Molto bravo
Ti ringrazio davvero per il tuo feedback! È bello sapere che per te sia stato toccante. Uso spesso la retorica per esprimere le mie emozioni, e sapere che ha funzionato mi rende felice. La tua opinione significa molto per me!
La retorica, nel senso letterale del termine, diventa un prezioso strumento che aiuta a esprimere il proprio mondo interiore e arricchisce un testo. Certamente va usato nel modo migliore e senza ridondanze. Tu lo hai saputo fare molto bene.