
Dolcemente salato
Andrea si sdraiò sull’erba in riva al lago e si perse nel ricordo delle vacanze estive vissute fin da bambino lì al residence con gli zii e i suoi tanti cugini. Nell’acqua di quel lago aveva imparato a nuotare e con gli amici era una continua gara a chi fosse più veloce o più resistente. Ricordò la prima volta che, senza avvisare i genitori, lui e suo cugino Alberto si cimentarono nella traversata del lago a nuoto e gli scapaccioni che volarono al loro rientro. Per punizione dovettero sopportare una settimana di compiti senza possibilità né di fare il bagno né di vedere gli amici. Ne era comunque valsa la pena: in tutto il villaggio si parlava della loro impresa e finalmente le ragazzine dimostravano interesse nei loro confronti. Di una di quelle suo cugino si innamorò e una decina di anni più tardi divenne sua moglie e poi la madre dei suoi figli. Lui, invece, con quasi tutte le altre ci aveva amoreggiato. Ora vedeva chiaramente la differenza tra se stesso ed Alberto e provò un po’ di invidia e un po’ di rimorso. Tra i tanti visi in archivio solo quello di Elke usciva nitido dai suoi ricordi. Era una graziosa olandese i cui genitori, come altri stranieri, avevano acquistato un villino nel residence. Si innamorò di lei velocemente e gli sembrò una storia diversa dalle altre perché la sera, dopo averla riaccompagnata a casa, non si fermava più al bar fino a tarda ora ma andava a letto subito, impaziente che venisse giorno per rivederla. Quando a settembre venne il momento di fare ritorno alle proprie case si salutarono con grande tristezza e con promesse di amore eterno. Ad Andrea, però, bastarono pochi mesi di lontananza per accorgersi di quanto era tiepido il suo sentimento. Elke, al contrario, alimentava il suo amore con lunghe telefonate che spesso, purtroppo, finivano con l’annoiarlo. La ragazza, che sciocca non era, avvertiva e soffriva per questo declino di un amore nel quale confidava molto e a fine inverno decise di tornare in Italia con il pretesto di assistere al carnevale di Bagolino. Era una manifestazione che l’aveva sempre coinvolta positivamente: i coloratissimi costumi agghindati con gli ori di parenti ed amici, i balli accompagnati dalla musica dei violini, la sfacciataggine con cui le maschere tastavano spesso il sedere o il seno delle spettatrici e la partecipazione entusiasta della folla avevano un effetto coinvolgente ed inebriante. Trascorsero giornate piacevoli e serene ma il sincero trasporto estivo era ormai un ricordo. Elke, la sera prima di tornare in Olanda, volle chiarirsi con Andrea:
“Io ti amo, Andrea, ma sento che non ti basto. Io sono questa, non ti ho mai negato nulla del mio corpo e del mio cuore ma non sono riuscita, comunque, a riempire i tuoi vuoti. Io amo anche me stessa e sono convinta che un rapporto che mi avvilisce non mi consente di pensare al futuro. Non voglio essere giudicante nei tuoi confronti, so che sei un bravo ragazzo… Un buon ragazzo” precisò, “L’unico consiglio che voglio darti è di provare a cambiare. Finché non ti riuscirà di capire cosa puoi dare e cosa puoi avere non sarai soddisfatto ed io ti voglio bene e vorrei tanto saperti felice.”
Allora, poco più che ventenne, accolse con sollievo quelle parole. Si sentì sgravato. Non era sua la decisione di terminare il rapporto e si tenne quel “Bravo ragazzo… Buon ragazzo” dimenticando tutto il resto. Negli anni seguenti la sua vita non cambiò: come una brava ape operaia continuò a volare di fiore in fiore gustandosi la differenza dei colori ed il dolce nettare che ognuno sapeva donare. Cambiò qualcosa quando, bloccato a letto da un brutto infortunio, si trovò a pensare al suo presente e al suo passato. Nel lungo periodo di degenza a parte i suoi genitori, il cugino Alberto e il suo migliore amico nessun’altro si prese il tempo per fargli visita. In via di guarigione chiese ad Alberto di poter approfittare del villino al lago che il cugino, non utilizzandolo in quel periodo, gli mise volentieri a disposizione. Un caldo pomeriggio, dal solito posto ombreggiato dal noce in cui lui amava sdraiarsi, intravide Elke. Era indaffarata nell’inseguire due marmocchi disperati che non volevano saperne di stare quieti sotto l’ombrellone. Il marito ridacchiava divertito e li lasciò fare fin quando, con voce autoritaria, richiamò i bambini con evidente sollievo della moglie. Quella visione di un banale frammento di vita familiare lo sconvolse: gli si riempirono gli occhi di lacrime e il cuore di una stupida, tardiva, nostalgia. “Quindi è questo che mi sono perso. Questo che non sono in grado di realizzare…” Raccolse rabbiosamente il suo asciugamano e se ne tornò all’appartamento con la voglia, infantile, di bere e di stordirsi di musica. Come sempre in quelle occasioni scelse come compagni un bicchiere di Jack Daniel’s e la musica dei Led Zeppelin, il loro primo album per l’occasione, il più grezzo e il più devastante.
Evitò la spiaggia per qualche giorno ma una mattina presto, mentre beveva il caffè al bar di fronte al porticciolo, lei uscì dall’acqua e, avendolo notato, puntò decisamente verso il suo tavolino.
“Sono contenta di vederti Andrea! Come va?”
“Che gioia Elke! Sono anni che non ci si vede. Sei sempre splendida!”
“Grazie! Anche tu comunque ti sei fatto uomo: chissà quante ragazze ti corrono dietro.” Ci mise un po’ di cattiveria nel dirlo sorridendo.
Entrambi giocavano sul filo dell’ipocrisia essendo a conoscenza, per via delle amicizie comuni, delle cose importanti che li riguardavano. Tutti e due cercavano negli occhi dell’altro un bagliore di quella che, per qualche mese, era stata la loro grandezza. Ambedue dovettero ammettere che il tempo trascorso li aveva trasformati in persone diverse, chissà se migliori o peggiori. Elke troncò i pensieri che li avevano resi silenziosi:
“Ti invito a cena stasera, porta vino bianco perché al mercato avevano pesce persico e ne ho preso un bel po’.”
“Vengo volentieri, quante bottiglie porto? C’è anche Johannes?”
“No, è riuscito a ritagliarsi 15 giorni ma sono già finiti, verrà a prenderci il prossimo fine settimana. Ti va bene alle otto? Ora scappo prima che i bimbi distruggano casa!”
La cena fu gradevole ma i suoi figli erano veramente tremendi nella loro irrefrenabile vivacità: gli stavano sempre addosso, tempestandolo di domande e strattonandolo per avere attenzione. Poi cedettero e, quasi contemporaneamente, si addormentarono sul divano. Elke li portò a letto, li rassicurò con una canzoncina e finalmente la pace regnò nel piccolo appartamento. Dopo aver sparecchiato Elke si accese una sigaretta, si versò mezzo bicchiere di vino e si sedette davanti a lui.
“Quanto sei bella! Che stupido che sono stato!” esordì Andrea.
Lei gli prese la mano con dolcezza e lo guardò negli occhi.
“Stupido? No, eri giovane e pensavi solo a te stesso. Doveva andare così.” “Vi ho visti in spiaggia una mattina, tu rincorrevi i tuoi bimbi mentre Johannes vi guardava divertito. Avrei voluto esserci io al suo posto. Ho sentito veramente un dolore fisico e sono scappato via.”
“Forse stai diventando uomo e ti accorgi che ti manca qualcosa o forse è una cosa passeggera e domani continuerai il tuo volo.”
“Non lo so, mi credi se ti dico che, a parte a letto, ho un pessimo rapporto con le donne?”
“Si che ti credo! Ci ho pensato per anni. Tu hai paura delle donne, le usi e te ne liberi prima ancora di capirle, di amarle. Come un animale.”
“Un animale che ti piaceva da quello che ricordo.” Rispose stizzito.
“Che mi piaceva? Che amavo piuttosto. Eravamo due boccioli e speravo riuscissimo a fiorire assieme ma tu questo non riuscivi a vederlo. Ti piaceva esibirmi come un trofeo ma non hai mai pensato a un futuro assieme e quando ti ho detto che era finita ti ho fatto un favore.”
Andrea non aveva argomenti per replicare.
“Si, è vero tutto ciò che dici. Qualche volta mi accorgevo che c’era qualcosa di sbagliato nel mio atteggiamento ma non ho nemmeno mai pensato di cambiarlo. Andava bene così: c’era tempo per crescere.”
Elke lo guardò dubbiosa e cercò parole quasi consolatorie:
“Comunque alla fine non dobbiamo avere rimpianti. Siamo ancora qua: amici che si vogliono bene. Se ci fossimo sposati forse ora saremmo ex che si odiano. Poi è ovvio che ci si vede e si sente un tuffo al cuore ma è solo nostalgia di quando si era ragazzi. Ora però vai Andrea. Mi ha fatto un immenso piacere rivederti e non voglio che questo momento sia rovinato da una sola parola sbagliata, né mia, né tua.”
“Come sempre hai ragione Elke, mi spiace non averlo capito quando avrei dovuto. Ma probabilmente avrei fatto danni rendendoti infelice. Perdonami.”
Si salutarono con un abbraccio e, baciandosi sulle guance, entrambi ebbero la sensazione di sentire sulle labbra il sapore, dolcemente salato, di una lacrima.
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A Bagolino ci sono stato! Ho assaggiato il Bagòss😄. Abbinando il luogo alla storia mi tornano in mente gli scorci del lago d’Idro a Ponte Caffaro. Bei posti, e bel racconto👏🏻
Un racconto molto malinconico, dolce e triste allo stesso tempo. Molto belli gli spunti di riflessione che fanno riflettere tutti, perché a tutti è ‘sfuggito’, almeno una volta, qualcosa di prezioso dalle mani. Se posso permettermi, ma mi puoi anche cestinare, io avrei lasciato parlare di più i due e forse un po’ meno il narratore. Credo che in presenza di un discorso diretto così intenso, sia bello mettersi in ascolto. Bravo Giuseppe 🙂
Ti ringrazio Cristiana. Hai perfettamente ragione! Lasciar parlare di più i protagonisti evita “spiegoni” spesso inutili e a volte interamente comprensibili solo a chi li ha scritti. Devo lavorarci sui dialoghi perché è una forma “teatrale” che mi piace ma che ancora non so usare in maniera soddisfacente. Ho terminato di leggere il tuo “Lo scorrere incessante delle acque” e devo dire che tu sei maestra di scrittura. A presto!
Grazie Giuseppe, ma questa è la tua pagina e qui il maestro sei tu ☺️ ancora complimenti per il tuo bellissimo racconto
Ciao Giuseppe, ogni volta che ti leggo trovo il piacere per una storia e lo spunto per una riflessione. Grazie.
Caro Roberto, ho appena terminato di leggere e rileggere “Fra uno Ieri ed un Domani” e i complimenti li devo fare io a te. Hai un modo di costruire che mi riempie di stupore. Grazie!
alla fine, si può pensare che sia meglio che sia andata come è andata. Oppure, il tempo era sbagliato, come tu lasci intravedere attraverso le parole di Elke. Una storia delicata e dolorosa, ma forse il dolore può essere mitigato dalla consapevolezza e da qualcos’altro che si può chiamare accettazione del destino, io credo. Molto bello.
Si, Elke ha nostalgia ma non rimpianto e invece Andrea non ha nostalgia ma solo rimpianti. Direi che lei quel tempo lo ha vissuto in pieno mentre lui nella sua folle cavalcata lo ha solo visto sfilare per poi avvertire, solo da adulto, la superficialità di quel suo vivere. Felice tu lo abbia gradito!
Ciao ❣️ ❣️ ❣️
Hai scritto tutto ciò che amo leggere in un unico librick.
Un ragazzo che non mette a posto la testa, perde l’amore e poi resta solo il rimpianto.
Il dolce amaro di ciò che non sarà mai. Lo ammetto per un istante ho pensato che la storia sarebbe sfociata in episodio di “alta infedeltà” visto che non c’era il marito di Elke, ma lei è una donna troppo giusta e con troppo amor proprio.
❣️
Grazie Lola, Elke è veramente solida ed è appagata di ciò che è e ciò che ha. Lui sa che avrebbe potuto fare meglio però, almeno, riconosce i suoi errori ed ha, ora, un grande rispetto per lei.
“Io amo anche me stessa”
👏