
(Dopo)Need U 2Nite.
Serie: Stargirl / Un'Opera Di Paese
- Episodio 1: (Dopo)Need U 2Nite.
- Episodio 2: (Prima)Nascita di Stargirl.
STAGIONE 1
– Dove sei?
– In giro con amici.
– Muoviti a farti trovare
– Ma non mi odiavi fino a qualche minuto fa?
– Sono ancora litigata con te, ma se resto ancora in questa stanza ad ascoltare musica indie mi ammazzo.
Me lo diceva con quel sorrisino da puttana che mostrava denti innocenti e occhi da santarella. I suoi capelli ricci ondulavano un mondo ad ogni movimento nonostante il caldo tentasse di tenerli imprigionati sulla sua schiena sudata. Un viso snello e pieno di imperfezioni, che si era introdotto nei miei sogni ormai da un po’. Come potevo dirle di no?
Chiusi la videochiamata con lei e lasciai i miei amici intossicati (non credo nemmeno si siano resi conto della mia mancanza a dire il vero), allacciai il casco e accesi la moto. E così, pensando a quale evento potesse esser capitato per farle cambiare idea da un momento all’altro, mi misi in carreggiata, mentre il giaccone Lonsdale mi proteggeva da brutti pensieri.
Una mezz’oretta, a centotrenta orari, senza autovelox, e fui da lei. Aspettai un’altra mezz’ora sotto casa perché scendesse e quando ciò accadde, mi lasciò stizzito alquanto. Arrivò con un borsone pieno a tappo e i suoi jeans preferiti, una felpa Ck rubatami e gli occhi di chi aveva pianto per una buona mezz’ora (giusto il tempo della strada), accompagnati da un sorriso contraddittorio e paradossale. Lei, con un viso pallido d’inverno e vivace d’estate, mi fissava ora con quel poco di muco che fluiva dal naso rossiccio per i troppi fazzoletti, e mi tirò uno schiaffo per poi baciarmi e trasmettermi parte di quel freddo che si contrapponeva alla piena estate.
– Andiamo via.
– E dove vorresti andare tu, con quel bagaglio sulle spalle?
– Via, no?
– Sei mica diventata scema!? Ora perché ti è girata la testa dal verso sbagliato prendo e mollo tutto qua?
– Non ti sto dicendo di mo(sigh)llare tutto, cazzo! Ti sto solo chiedendo di prendere e andare via da qualche parte (sigh).
Scoppiò in lacrime e i sigh provenienti dal naso colmo di muco si intensificarono. Spesso in relazione il pianto è usato per ricatto; me ne resi conto. La baciai sulla fronte e le feci un cenno con la testa. Sì. Lei salì un attimo a casa per recuperare il casco dimenticato in un angolo dell’armadio. Mi baciò sulla nuca lasciata scoperta dall’integrale e partimmo, lasciando decidere alla moto dove andare.
La moto puntava al centro della metropoli vicina ai nostri paesi, che da lontano smettevano di essere paesini e si dimostravano per quello che realmente erano, caccole. Intanto erano le 02:00. Contai un’ora e mezza di tragitto. Restammo zitti per tutto il tempo, lei troppo impegnata a pensare e ascoltare The Weeknd in cuffietta, io troppo impegnato a trattenere l’istinto di mollarla lì dove ci trovavamo e tornarmene a casa a sonnecchiare. Ci fermammo in un Autogrill poiché Ricciolina doveva andare al bagno, prendere un caffè e caricare il cellulare per poter continuare l’ascolto durante il tragitto. Io feci benzina e mi resi conto di avere sonno quando mi ricordai dell’ora e mezza di strada. Guardai l’autostrada, guardai la moto, risi come in preda all’isteria e presi coscienza che questa scappata mi sarebbe costata la mattinata.
Rimasi ad aspettarla seduto al tavolino il cui vetro alla mia sinistra dava sull’asfalto e mi misi a scrollare Instagram per cinque minuti. Giusto il tempo di ricordarmi di non perdere tempo dietro le vite degli altri e di prestare più attenzione alla mia, anche perché era più urgente preoccuparmi dei miei avvenimenti piuttosto che di quelli altrui.
Passò un quarto d’ora e lei dal bagno continuava a non uscire, andai a controllare, un po’ col cuore in gola, e la trovai seduta accasciata al cesso che piangeva a dirotto; i jeans sporchi delle peggio sostanze sulle ginocchia, e un viso che chiedeva pietà. La presi a mo’ di terremotata e la portai fuori dall’Autogrill, mettendole addosso il mio giaccone nonostante non facesse alcun freddo da fermi. E iniziammo a parlare riguardo il reale motivo di questa fuga organizzata all’ultimo minuto.
– Dovevo uscire stanotte con le solite amiche al solito posto a fare le solite cose; ed ero già pronta tra l’altro. Un bellissimo abito da sera, quello che a te piace tanto, e mezz’ora di trucco. Poi mi accasciai sul letto. Mi smossi un poco per inclinare la testa sul cuscino e rovinai il trucco. Restai ad osservare il muro affianco al mio letto per un’ora buona, mentre le mie amiche seguitavano a cercarmi e chiamarmi. Io rimasi lì. Gli occhi osservavano lo schermo del cellulare illuminarsi per pochi secondi ad ogni nuovo messaggio, e poi tornavano ad ammirare il muro, mentre il flusso di pensieri mi portava da nessuna parte. Mi sentivo morta, ci credi? Vent’anni di ragazza e già sentivo di non avere niente da dare a questo mondo. Sentivo che niente attorno a me fosse reale o di reale significato e importanza. Nessuno attorno a me. Sentivo di aver perso la luce ed ero in preda al panico del momento. Ero fuori dal tempo, fuori dalla mia stanza. Fuori da me. Inerte. Avrebbero potuto uccidermi e io sarei rimasta lì, a guardare l’assassino, con occhi vitrei e svuotati di una qualsiasi emozione, come per dire: “Ancora qui, non vai altrove?”. Guardavo le mie scarpe, i miei abiti e mi chiedevo se mi facessero sentire me. Guardavo gli oggetti che riempiono la mia stanza e volevo distruggerli, tutti quanti. Essi erano me e io odiavo la me che mi ero costruita. Ero in preda al vuoto più totale. Tutti i miei valori, obblighi e doveri erano semplicemente caduti. Qualsiasi mio obiettivo e ossessione non aveva più motivo di esistere. Ero come in caduta libera. Allora mi sono presa di coraggio e ho chiamato te, prima di farmi male.
Non avevo molto da dirle per rincuorarla. Era un sentimento troppo comune per dirle che sarebbe passato, perché non sarebbe passato. Le presi la mano, gliela strinsi e la accompagnai dove avevo parcheggiato il mezzo. Misi in moto e partimmo, mentre il cielo notturno cominciava a schiarire.
Arrivammo finalmente in città e, dato il ritardo dato dall’avvenimento in Autogrill, eravamo perfettamente in orario per l’apertura dei panifici. Entrai, feci un breve cenno di saluto (un tantino inutile e di circostanza) e comprai due cornetti al pistacchio. Poi ripartimmo verso un posto dove consumarli. Decidemmo di andare a sederci sul ponte più grande della città, che galleggiava in bilico sopra il fiume artificiale (a 6000 metri) e divideva la metropoli in due, lasciando all’osservatore l’illusione di controllare con pochi e semplici sguardi quella foresta sintetica tutta composta di grattacieli, parchi ed edifici in costruzione colmi di gru e altri mezzi. Ci sedemmo oltre la zona pedonale, oltre il guard-rail che limitava il ponte, per il solo gusto di sentirci un po’ più vivi e osservammo la città che, da quella lontananza, sembrava ergersi tutta intorno a noi, come a formare un cerchio, una muraglia invalicabile fatta di luci al neon, pubblicità e cemento. Restammo zitti tutto il tempo a osservare il gigante di cemento prender vita, con i primi omini che cominciavano la loro routine in auto di mille colori. Stappammo la Monster che la ricciolina portò da casa e, al termine di essa, ci alzammo, la lanciammo contro il cestino (facendo centro), controllammo l’orario e decidemmo di andar via.
Stargirl mi aveva scritto che qualcosa non andava e di vederci il prima possibile.
Dietro di noi, alle porte del gigante di cemento, cominciava intanto ad albeggiare.
Serie: Stargirl / Un'Opera Di Paese
- Episodio 1: (Dopo)Need U 2Nite.
- Episodio 2: (Prima)Nascita di Stargirl.
Un attacco folgorante. Tutto è fluido, elettrico ma lascia il suo segno lungo la scorsa. La velocità degli spazi attraversati, con la loro singolare luminescenza, non impedisce di coglierne la materia pulsante al di sotto dello strato. I dialoghi sono autentici, nervosi, frutto della stessa radiazione della voce narrante. Molto indovinata la scelta di esordire nel pieno di un discorso diretto, a storia già iniziata, quindi. Ho colto nell’aria atmosfere alla Bret Easton Ellis.
Si, mi rendo conto, “Un racconto raccontato” è una roba inguardabile, scusate 😀
E’ bellissimo questo racconto, raccontato in maniera evocativa ti strattona via dalla realtà che ti circonda per catapultarti in quella narrata. Bello anche il dialogo, breve ma credibile, cosa non facile.
grazie mille! Tutta la storia è ancora un grandissimo cantiere, quindi sicuramente un sacco di cose, anche dei racconti a venire, cambieranno.