
Dove sei papà?
Fa freddo. Improvvisamente fa così freddo. È tutto buio, papà, e c’è un silenzio orribile. Sento la gola bruciare e non riesco a muovermi, respiro soltanto polvere. Ci ha preso in pieno papà, una di quelle bombe maledette, mamma è qui da qualche parte, ma non riesco a vederla, non sono capace nemmeno di chiamarla, la voce mi resta dentro, immobile come il mio corpo.
Dove sei papà? Vieni a tirarci fuori? Non ci lasci qui vero?
Non è come pensavo, fa più paura, ogni cosa è svanita, non so dove siano terra e cielo, tutto è sopra di me.
Ieri abbiamo visto l’ospedale crollare dalla strada, hai portato una mano sulla bocca e ti sei fermato in mezzo alla via mentre la gente ha iniziato a correre in preda al panico. Tu non hai fatto un passo, sei rimasto lì a guardare e poi mi hai preso in braccio, mi hai stretto forte. È stata la prima volta che ti ho visto piangere papà, mi hai promesso che non mi avresti abbandonato.
Dove sei ora? È passato un giorno e non hai mantenuto la promessa. Stamattina mi sono svegliato senza di te, la mamma stava rannicchiata in un angolo della camera, sei uscito a cercare cibo, potevamo farne a meno papà. Te l’avevo detto di non andare, che non era necessario, io ho smesso di avere fame, potevi rimanere con noi. Non sarebbe successo se ci fossi stato tu, io questo lo so, tu non le fai accadere certe cose.
Non ci riesco a pregare, perdonami papà, lo capisco che è importante, ma preferisco pensare a te. Ho tante cose da raccontarti e ho il terrore che tu non possa più ascoltare. Il rumore non è così terribile, ora lo so, ti devi fidare: i boati, le sirene, le urla sono spaventosi, ma questo silenzio, questo buio è diverso papà, non esiste nulla dove sono adesso. Tutto è sparito. Forse hai già trovato la mamma e stai venendo da me, tu hai le mani così grandi, puoi spostare le macerie con le tue braccia forti. Io non sarò mai alla tua altezza, non sento nemmeno più le gambe e a malapena riesco a chiudere le dita della mano. Tante volte mi hai detto che un uomo deve avere fede e coraggio, che bisogna sopportare e credere, che è necessario soffrire per poter essere salvati. Io non diventerò mai un uomo papà, anche se mi porterai via da qui, non sono degno di te. Rimarrò piccolo, un bambino per sempre, uno che non ha saputo crescere e lottare neanche per se stesso.
Devo confessarti che mi mancano i miei fratelli, anche se non parliamo più di loro, vorrei che non fossero mai partiti. Quel giorno non hai voluto nemmeno salutarli, sei rimasto zitto mentre la mamma li abbracciava, il tuo sguardo era rivolto altrove. Ti avevano tradito. Avevano tradito la nostra terra. Chi parte sta in realtà fuggendo, così hai sempre detto. Non puoi sapere com’erano le loro espressioni quando sono saliti sul furgone, io le ho viste papà, supplicavano i tuoi occhi. Ti hanno aspettato finché hanno potuto, la faccia appiccicata ai finestrini, non cercavano la tua approvazione, volevano solo chiederti scusa. A modo loro, senza pretese. Dicevano che, in questa striscia di mondo, da un momento all’altro possono portarti via anche l’aria. Avevano ragione papà, l’aria me l’hanno portata via e qui sotto non ne rimane molta da respirare. I miei denti cominciano a tremare, avverto uno scricchiolio vicino a me, tocco qualcosa che si sgretola immediatamente. C’è un odore strano, somiglia a quello che pervade la cucina quando la mamma accende la stufa.
Dove sei papà? Sei arrabbiato con me? Io non sono fuggito, sono qui, sono ancora a casa. Non sarei capace di andare da nessun’altra parte, è solo qui che so stare. È come in quegli incubi che faccio la notte, dove non esistono suoni e colori, ma soltanto ombre sul muro e fantasmi muti. Nei miei incubi sono solo. A volte mi capita di fare anche sogni belli, ci siamo tutti, non manca nessuno della famiglia. Tu e la mamma siete vicini, lei canta a bassa voce e tu sorridi, hai un sorriso vero papà. Tutto è più facile se tu sorridi.
Penso di essermi fatto la pipì addosso, mi dispiace tanto papà, non voglio che ti vergogni di me, non me ne sono accorto, sento il mio corpo così lontano. Mi sa che ci resto quaggiù, spero che la mamma sia uscita da questo buco nero, lei ha ancora paura del buio, mi ha confidato che crede ancora ai mostri. Non vuole che tu lo sappia, dice che non le puoi capire alcune cose, tu non hai mai incontrato i suoi mostri.
Non ci andremo più al parco dove c’è il canestro, non ti batterò mai alla gara dei tiri, rimarrai tu il campione. Mi piace quando alzi le braccia al cielo e fai finta di ringraziare il pubblico esaltato. Poi mi sollevi come fossi il tuo trofeo. Che bella sensazione papà! Stare più alto di te sorretto dalle tue braccia. È un po’ come volare. Tutto diventa possibile lassù. Sei preoccupato ultimamente, quelli dall’altra parte fanno sul serio, ci vogliono tutti morti. È la guerra, la nostra guerra purtroppo. Ti ho sentito discutere con la mamma, sapevi che non eravamo al sicuro. Non sempre c’è un riparo, lo ripeti spesso, nulla può proteggerti se la tua casa è un bersaglio. Non importa papà, non cercare vendetta, non metterti in pericolo per me. Mi sta venendo un gran sonno, ho la testa così pesante e fatico a respirare. Non sono tanto bravo a resistere al dolore lo sai. Mi arrendo anche quando giochiamo a braccio di ferro, la mia mano nella tua è troppo piccola. Non restare deluso se mi rassegno di nuovo, mi faccio bastare questo pezzo di vita insieme. Mi fa sentire speciale essere tuo figlio. Adesso chiudo gli occhi, provo a dormire un po’ papà.
Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Un testo splendido e commovente, una scrittura veramente efficace, mai retorica e nemmeno ridondante. Quel ‘papà’ che rimbomba in maniera cadenzata nella testa del lettore tanto che si vorrebbe poter tornare piccoli per avere ancora quel disincanto e quell’amore incondizionato. A mio parere un testo veramente riuscito ed efficace. Molto bravo
non ci sono più parole per descrivere quello che sta accadendo, è tutto un infame spettacolo, un vergognoso gioco delle parti: è vero che il potere non appartiene al popolo, e dunque nemmeno la vita gli appartiene più. Evidentemente hanno sbagliato a nascere.
“Ora i bambini dormono,
Sul fondo del Sand Creek”…
Scusa, non volevo cercare un collegamento a tutti i costi.
E’ che mi sono venute le lacrime agli occhi, le stesse lacrime che mi vengono quando canto la canzone di De Andrè. Ogni volta.
Lui è Faber. E tu sei molto bravo. Molto.
Grazie.
Quasi non si riesce a leggerlo per quanto è crudo. E invece bisogna, anche se non possiamo fare niente. Il potere non appartiene al popolo.