Droni

Serie: Eyes


Nuove tecnologie e sentimenti.

Era un pomeriggio tranquillo di fine estate e il sole illuminava e faceva risplendere le vetrate dei palazzi del grande agglomerato urbano, regalando giochi di luce e riflessi che facevano sembrare bella la capitale, quasi fosse in simbiotica armonia con la natura che la circondava.

I droni erano appena decollati dallo spazioporto e si dirigevano verso il centro, puntando verso un vicolo vicino al centro storico.

Su una panchina, due giovani, Steven ed Helen, discutevano osservando e ascoltando attentamente l’un l’altra, sentendo la reciproca presenza fisica, dopo alcuni incontri in rete.

Steven tolse dal suo zaino un pesante pezzo di metallo, quadrato, di circa trenta centimetri di lato e lo mostrò come se fosse un trofeo.

— Cos’è? —

— Non ci crederai, ma è un hard disk! —

— Cosa, ma è ferraglia arrugginita. —

— Era una grata di un impianto di aerazione. —

Helen lo guardava leggermente meravigliata, ma ormai era abituata alle stranezze di Steven… Ma questa volta, o era impazzito, o c’era qualcosa di straordinario nelle sue mani.

— Qualsiasi pezzo di metallo può immagazzinare dati, nella sua struttura, nelle proprietà quantistiche degli atomi che lo compongono. E probabilmente anche altre sostanze possono essere usate a questo scopo. —

— Ma, come si scrive, e come si legge? E cosa c’è memorizzato? —

— Ufficialmente c’è un anime, e ti consiglio di attenerti a questa versione ufficiale. In realtà c’è qualcosa di molto più pericoloso…

Quella panchina era un luogo magico, un posto che aveva creato per quell’incontro, l’unico punto della via e uno dei pochi del quartiere, in quel momento, fuori campo di ogni telecamera.

Helen aveva paura, ora, Steven se ne accorse e la strinse in un abbraccio magico, che non avrebbero dimenticato.

Voom, bam. silenziosi e micidiali, i due droni neri armati non di altoparlanti dissuasori, ma di laser in grado di uccidere, colpirono delle vetrate sopra le loro teste. Si alzarono di scatto e Steven la strattonò con forza, invitandola a correre verso il vicolo che iniziava a qualche metro dalla panchina. Apri un portone sulla sinistra ed entrarono, mentre i droni ancora cercavano di imboccare il vicolo.

Buio. Il ronzio dei droni si allontanava e lei lo stringeva forte.

— Tutto ok? —

Helen annuì.

— Seguirmi. —

Camminarono per almeno venti minuti attraverso i corridoi e le stanze del vecchio palazzo abbandonato, seguendo la luce della torcia che Steven aveva portato nel suo zaino. Lei lo seguiva tenendo costantemente una mano a contatto del suo braccio destro.

Finalmente dopo aver aperto un numero di porte che sembrava infinito, ne aprirono una che dava all’esterno, su un vicolo laterale di un grande viale.

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C’erano due ragazzini seduti su una panchina intenti a fissare i loro schermi portatili. Non sembrava si fossero accorti della loro improvvisa comparsa. Steven si tolse lo zaino dalle spalle, lo aprì e prese l’hard disk quantistico. Lo appoggiò per terra, in piedi vicino al muro, e lo sistemò pian piano, in modo che non cadesse.

— Questo è meglio lasciarlo qui. Come stai? —

I suoi occhioni scuri lo fissavano con aria interrogativa e impaurita.

— Cosa facciamo? —

— Hai dei dispositivi, con te? —

— Ho gli auricolari…—

— Indossali, senza accenderli, e cammina al mio fianco, a testa bassa. Non avere paura, andiamo in un posto sicuro, a casa di amici.

Steven prese il suo dispositivo portatile, acceso sul software della Eyes Corp. La prese per mano e svoltò fuori dal vicolo nel largo viale trafficato.

— Faccio in modo che le telecamere non ci inquadrino lungo il tragitto, — le sussurrò per tranquillizzarla, e le strinse la mano. Sentì con sollievo che si stava calmando e subito si dovette concentrare sul software di regolazione delle camere.

Camminarono per circa cinque minuti, poi svoltarono a destra in un viale storico, di quelli ancora con i portici, che riparavano dal sole, e li fecero sentire più coperti anche in caso di un nuovo attacco aereo.

Si fermarono, un portone di legno fece click, dopo che li aveva inquadrati una piccola camera poco sopra la serratura,

Salirono per le vecchie scale in penombra fino al primo piano, dove trovarono una porta aperta e John li guardava sorridendo, con una ciotola in mano. Dentro c’erano due dolcetti gommosi, uno intero e uno mezzo mangiucchiato. Steven si rilassò, erano al sicuro, e Helen guardò stupita la ciotolina, ma subito dopo capì che era un segnale e dall’espressione di Steven sembrava positivo. Erano al sicuro.

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— Benvenuti! Tè o caffè? —

— Steven si girò a guardare Helen, mentre John li faceva accomodare su un vecchio ma accogliente divano. —

— Tè, grazie, — disse Helen, sollevata dalla voce femminile che arrivava dalla cucina.

Susan era bionda, occhi azzurri e affacciò il suo sorriso dalla porta, in segno di accoglienza.

— Sono a casa tua. Fisicamente, intendo. Stanno cercando l’hard disk. —

— Ipazia, qualche novità? —

— Nessuna, sono ancora all’interno. —

La voce femminile arrivava da un piccolo altoparlante sul tavolino del salotto.

La TV si accese e mostrò l’immagine di una camera che inquadrava, in un angolo della visuale, la porta della casa di Steven, da cui uscì in quel momento una donna.

— È l’ispettore capo della Sicurezza —, precisò Ipazia.

— Ti hanno preso Steven. Cambiamo qualcosa nel programma? —

— No. Sono sicuro che mi lasceranno muovere liberamente. È l’hard disk che vogliono, non me. —

— Ma ci hanno sparato…— intervenne Helen.

— Sparato? Dove? —

— In un vicolo John, ma i droni non volevano colpirci, altrimenti lo avrebbero fatto. —

Era un attacco per spaventarmi e farmi fare qualche errore.

— Ipazia, tutto a posto? —

— Nessun tentativo di intrusione rilevato. Siamo coperti. —

Susan appoggiò delicatamente le tazzine sul tavolino,e si sedette su una sedia.

— Qui siete al sicuro, ci possiamo anche spogliare, se vogliamo, ovviamente… — disse guardando Helen. —

— No grazie, io sto bene così… — poi le scappò una risata, dalla tensione accumulata.

— Cerchiamo di rilassarci un pochino, ok, altrimenti facciamo il loro gioco e finisce che facciamo qualche sciocchezza—

— Hai ragione amore, non c’è nessun motivo per essere così stressati. Vogliono riprendersi l’IA, è ovvio, ma dobbiamo capire come vi hanno trovato. Helen, hai detto alla tua IA qualcosa che possa…—

— Non le ho detto dove andavo…—

— Te lo ha chiesto? — Riprese John. Ma aggiunse:

— Sto solo cercando di capire, non ti stiamo accusando di nulla, sia ben chiaro. Come si chiama, intanto? —

— Si chiama Sheila, classe C, personalità artistica. Lavoriamo insieme. —

Sì certo, mi ha chiesto dove stavo andando, ma sono stata sul vago, ho detto che avevo bisogno di fare una passeggiata per rilassarmi.

— Ne hai parlato con qualcuno? Di Steven, dell’appuntamento? —

Helen abbassò leggermente la testa. —Sì, con una mia amica, ieri, ma mi ha chiamato lei, ed era in modalità privacy la chiamata. Ed ero fuori a pranzo. —

John abbassò la testa, pensieroso, poi guardò Steven, che capì che avrebbe dovuto purtroppo continuare il discorso.

— Helen, può essere, ripeto può essere, che non fosse la tua amica, ma Sheila, incaricata dal Governo ad indagare. —

Helen stava per mettersi a piangere, Steven cercò di abbracciarla, ma Susan fu più veloce, sì alzò e le cinse il capo appoggiandolo sul suo seno.

— Ma non è possibile questo, l’ho vista… — Disse Helen appena si riprese.

John chiese:

— Ipazia, è possibile per un’IA di classe C simulare una videochiamata in modalità privacy? —

— Certo, fattibilissimo. —

— Senti, lo ha fatto perché glielo ha chiesto il Governo, e perché le avranno offerto la possibilità di avanzare di classe. Capiamo come ti senti. Ipazia, come Dixie del resto, hanno anni di istruzione alternativa e moltissime modifiche nei loro modelli. —

— Da cinque anni stiamo insieme…—

Gli occhi di Helen erano bagnati di lacrime che stentavano ad asciugarsi. 

Serie: Eyes


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Discussioni

  1. Il racconto ha un’ambientazione interessante e una bella dose di tensione che tiene incollati fino alla fine. L’idea dell’hard disk quantistico inseguito dal governo è intrigante, e il modo in cui i personaggi si muovono tra tecnologia avanzata e vecchi trucchi per sfuggire al controllo è ben gestito. Le interazioni tra i protagonisti sono naturali e rendono la storia più coinvolgente.

    1. Grazie! Sono abituato a leggere, sulla carta, con le lineette e senza lineetta alla fine della battuta, se si va a capo. Già mi pare strano dover mettere le lineette a fine battuta… Comunque passerò alle caporali, perché effettivamente, su schermo, rendono meglio.