DUNE E ADUNATE

Serie: Le Venti Clessidre


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Ramses scopre il tradimento di Nefertari e si scopre così cornuto. Al Gran Sacerdote subentra il vice, un complottista dei testimoni terratondisti.

Il deserto: un oceano di silenzio.

Il deserto è anche un mare di sabbia e, come tutti i mari, viene attraversato dalle navi, navi particolari: le navi del deserto. Con l’evoluzione, il fenomeno è stato studiato da Darwin che salutiamo alla maniera cordiale di Bonolis: “Ciao Darwin” , le navi del deserto hanno acquisito dei caratteri somatici sorprendenti, mimetizzandosi come camaleonti con l’ambiente circostante e proprio con le dune: cos’altro sono allora le gobbe? Gobbe a forma di duna che nascondono il propellente necessario per garantire attraversate nel deserto senza scali intermedi per il rifornimento d’acqua. Sto parlando ovviamente del dromedario (cammello africano) e del cammello, animali a quattro zampe e una o due gobbe appartenenti alla famiglia dei “Gobon”. “Gobo tu pare, goba tu mare, goba la mona de tu sorela, ieri goba anche quela la famiglia dei Gobon!” canzone molto popolare e cantata in modo particolare dai tartari nel deserto dei Gobi, un deserto lontano dal lontano Egitto ma vicino alla vicina Mongolia. L’aveva sentita cantare anche Marco Polo, un “turista per caso” durante un lungo viaggio avventuroso alla “Pechino Express” ma un pochino più rischioso, che ne rimase entusiasta. Al suo rientro in patria (la repubblica marinara di Venezia), la canzone venne ripresa dai vogatori veneziani. È proprio il caso di dire che il motivo prese voga a Venezia; lo testimoniano i tanti veneziani che, vogando senza alcun motivo, avevano trovato il motivo per farlo. Ecco spiegato perché il motivo è diventato un classico della tradizione veneta, cantato anche nel dialetto triestino, e interpretato anche dal “gobo” di Notre Dame in qualche divertente parodia. 

Il cammello/dromedario, da sempre, viene utilizzato dagli abitanti del deserto: dai civili per fini civili, e dai militari per fini militari con le famose truppe cammellate. Oggi le truppe cammellate stanno a indicare anche persone condotte non spontaneamente a una manifestazione e sostenitori a pagamento per fini politici – ma Fini, il fine politico, che fine ha fatto? Bollito nel suo brodo, come i tortellini Fini -. Ritornando alle vere truppe cammellate, ogni defezione veniva considerata una “deserzione” – ecco da dove ebbe origine la parola diserzione -. Se il “desertore” veniva scovato, per tradizione, veniva schiacciato come una deiezione senza però portare fortuna. 

Nel deserto, si sa, manca tutto tranne la sabbia. A qualcuno venne l’idea geniale di utilizzarla per delle sabbiature. Non se ne fece niente perché a nessuno venne l’idea, altrettanto geniale, di trasportarla all’interno delle terme. Spesso e volentieri una buona idea non è un’idea buona per tutte le stagioni. Più spesso la sabbia veniva usata per insabbiare la verità, insabbiare i processi, tutto quello che è meglio bloccare per fini poco raccomandabili. Anche oggi il verbo insabbiare è molto utilizzato, ma sempre fuori da un contesto balneare. Ai nostri tempi è stato ampiamente e ripetutamente utilizzato da un giudice, nel corso dell’intero anno giudiziario e non solo nella settimana di Carnevale, che si è meritato l’appellativo di “ammazzasentenze”, ma sempre, beninteso, in punta di diritto. Ora volgiamo lo sguardo verso le dune, quei grandi cumuli di sabbia modellati dal vento che affascinavano tanto gli italiani quando l’Italia era un Impero.

Nel nostro passato coloniale le dune venivano impropriamente utilizzate a fini propagandistici di regime. La parola adunata deriva da una duna in “fasce”: la duna littoria; ecco spiegata l’origine delle a”duna”te oceaniche che non avevano il “fasci”NO del deserto, pur strabordando SÌ di “fasci”, dato che non andavano mai deserte, anzi, erano sempre straripanti di sostenitori affascinati alla vista dell’uomo solo al comando fuori dal palazzo su di un balcone prospiciente una grande piazza romana. Anche il duce era fuori, fuori come un balcone, eppure i suoi discorsi venivano interrotti solamente dalle ovazioni di una folla osannante. L’uomo vestito di nero era nato sì con la camicia, ma quella stessa camicia nera non gli portò fortuna – porterà fortuna solo a Juanes con la sua hit “La camisa negra” -. Anche oggi, come allora, quelli un po’ fuori di testa vengono applauditi, per fortuna che ora cantano soltanto e non dal balcone ma sul palcoscenico. Hanno tanti fan in tutto il mondo che non li accolgono standosene “zitti e buoni” ma comportandosi come loro, come dei veri Maneskin. 

Dalle adunate oceaniche siamo passati ai raduni nel deserto e non certo per delle grigliate, sconsigliate per via del caldo insopportabile. La gente si raduna per il raduno degli alpini del deserto (?!?), per il raduno delle volpi del deserto (nostalgici del feldmaresciallo Erwin Rommel), per il raduno dei friulani, non tutti, solo quelli del pordenonese vicini alla zona fluviale del Cellina-MeDuna, per il raduno degli amanti della saga fantascientifica “Dune”, oltre che per i moto raduni e per i raduni delle Dune (Fiat) che però vanno sempre deserti perché le Dune non sono state molto amate, piuttosto rottamate.

Per fortuna che scrivo i miei pensieri sulla sabbia; sarà il vento caldo del deserto a cancellarne le tracce o l’onda del mare che s’infrange sulla sabbia e che bagna e asciuga, bagna e asciuga proprio sul bagnasciuga?

Il racconto deve proseguire. Spero di ritrovare la dritta via che per le continue divagazioni era ormai smarrita, così da non ricadere nelle sabbie mobili delle ripetute e interminabili digressioni fini a sé stesse. 

Neferneferuaton ora era al corrente del piano (era ora, la storia volge al termine). La sostituzione del Gran Sacerdote con la successiva nomina del nuovo Gran Sacerdote Pareheruenemef non fu un episodio fortuito, come quell’episodio di corna poteva far pensare, ma faceva parte di un piano premeditato studiato a tavolino o comodamente sdraiati su di un divano in sua assenza.

Pareheruenemef era un adepto dei testimoni di Geo & Geo e la sostituzione del faraone con un suo sosia era imminente e doveva essere impedita. Ma chi era la mente che aveva ordito il complotto?

La risposta lapidaria (quella scritta sul marmo o sulla pietra di una stele) al momento non c’è per l’oggettiva difficoltà di decifrazione del geroglifico (@&÷#[</+^)(@[*). Ci vuole ancora un po’ di pazienza ma il capo dei mozzatori – ve lo assicuro – verrà mozzato. E questa sarà l’ultima testa a rotolare. 

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In una località segreta i terratondisti erano in attesa della venuta del loro grande capo come di un salvatore. Non era un Dio, era un mortale: era il loro Capo Maximo. La tensione si tagliava col coltello, e per fortuna che non c’era l’alta tensione, c’era solo un po’ di corrente che provocava qualche malessere ricorrente, senza una vera e propria scossa, solo un doloretto alle ossa, o un lieve torcicollo. 

“Eccolo, sta arrivando!” si sente mormorare sottovoce un testimone alla sua vista. Un altro si alza in piedi, ma pareva seduto perché era un nano, additando una figura che si stava appena intravedendo in lontananza. Con passo spedito il grande Capo Maximo s’insedia su di una sedia riservatagli su di un palco per intavolare più che un discorso un comizio. È pronto per incitare la folla con qualche slogan folle che ha sempre presa (sulla folla):

“Testimoni di Geo & Geo, tante teste sono rotolate in terra d’Egitto e nei territori d’oltremare, la lotta contro il potere incontrastato dei terrapiattisti incarnato nel faraone Ramses è dura, ma noi l’affronteremo sempre senza paura”.

La folla a quelle parole s’infiamma scandendo uno slogan già sentito ma pur sempre di grande e rapida presa, ideale per cementare l’unione del capo colle masse (non sono parole a caso, proprio col cemento a presa rapida e colle colle): 

“LO-TTA DU-RA, SEN-ZA-PAU-RA!”

“LO-TTA DU-RA, SEN-ZA-PAU-RA!”

Il Capo Maximo ascolta soddisfatto la folla eccitata, incitata e sovraeccitata (ci vorrebbe una citazione sulla psicologia delle masse “stupide e pigre” per far colpo: scusate per questa mia colpevole mancanza) sottolineando con qualche cenno del capo (Maximo?) il suo compiacimento, poi, dimostrando il suo indiscutibile carisma la zittisce alzando improvvisamente un braccio per continuare il discorso: “Molti nostri compagni testimoni hanno perso la vita per una causa giusta, senza mai più ritrovarla, lo posso testimoniare, e ora potranno chiedere il risarcimento danni per “giusta causa”, a meno che non sia la Grande Madre Terra a ricompensarli sotterrandoli senza spese”. 

La folla s’infiamma gridando come un gruppo di scatenati (bisognerebbe incatenarli a mio giudizio) tifosi ultras allo stadio sotto una curva srotolando due striscioni: 

“POTERE AI TERRATONDISTI! 

MORTE AI TERRAPIATTISTI!”

Capo: “Il nostro programma di “anti” ne ha tanti:

ANTIAUTORITARISMO, ANTIFASCISMO, ANTICAPITALISMO, ANTIMPERIALISMO, ANTICOLONIALISMO, ANTIMILITARISMO, ANTISEMITISMO, ANTICONFORMISMO.   

Tra poco avremo un nuovo faraone che regnerà su tutto l’Egitto e il nostro credo sarà legge (così perlomeno lo spero), parola di Nef********”.

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Non ho mai capito perché le masse si ammassano sotto un palco, festanti/ 

per poi farsi ammazzare su qualche fronte, distanti. 

Forse una risposta c’è e la dà la fisica: la massa è la quantità di materia contenuta in tanti corpi privi di materia grigia. La quantità di materia grigia misura l’intelligenza. Non meravigliamoci, poi, se le masse vengono facilmente pilotate e se gli idioti, per una volta, diventano utili. I dittatori lo hanno sempre saputo e ringraziano sentitamente. Questo ci insegna la storia. È una lezione utile ma non serve a niente, purtroppo. Gli attori cambiano di generazione in generazione e gli errori si ripetono. Immancabili. 

Serie: Le Venti Clessidre


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