EPILOGO  DEL  PROLOGO

Serie: Le Venti Clessidre


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Dovrei scrivere il riassunto del primo capitolo ma c'è poco da dire: era solo un prologo e per giunta incompleto. La storia vera inizia dal terzo.

Era una torrida giornata d’estate e lungo le rive del Nilo il tempo scorreva lento, il fiume discorreva del più e del meno, e Neferneferuaton era quasi pronto per iniziare una nuova………….

Se vi sembra di aver letto le stesse identiche parole del prologo non avete torto. Forse qualche ragione ce l’ho anch’io: volevo vedere se lo avevate letto e con quanta attenzione. Per chi non se n’è proprio accorto, lo giustifico solo se è la prima volta che legge Fabius P. e mi auguro che non sia anche l’ultima. Ora iniziamo per davvero perché questa è una storia vera, com’è vero che la terra è piatta.

Neferneferuaton era un funzionario egiziano del Ministero dei lavori pubblici con un incarico prestigioso: sovrintendere alla manutenzione e al controllo dell’impianto tempo-clessidrico, garantendone il perfetto e costante funzionamento nel tempo. Le clessidre giganti, alte oltre una dozzina di metri, avevano un’autonomia temporale di sei ore prima di silenziarsi; voleva dire che le sei tonnellate di sabbia finissima tipo “00” si erano completamente depositate nella parte inferiore della clessidra; bisognava ruotarle di 180° per renderle nuovamente operative nelle altre sei ore successive della giornata, rispettando così l’orario di dodici ore complessive giornaliere: dalle ore sette del mattino alle diciannove della sera. In questo intervallo di tempo il faraone poteva passare scortato dalle sue guardie personali su di un carro a due ruote, per niente faraonico ma comunque reale, costruito su di un telaio leggero di legno rivestito di pelle con un pavimento di vimini, trainato da una coppia di cavalli berberi bardati con i vessilli dinastici. 

Neferneferuaton si alzava all’alba, verso le cinque, e come tutti noi utilizziamo una sveglia programmata la sera, lui utilizzava una clessidra da comodino il cui funzionamento è un altro mistero. Oggi il governo ha annunciato che fondi speciali verranno stanziati per questa fondamentale ricerca riducendo quelli della sanità: lo ha ribadito un ministro, di cui non ricordo il nome, nel suo consueto messaggio di Speranza.

Il nostro funzionario egiziano aveva numerosi schiavi ai suoi ordini, che avevano il compito di ruotare le clessidre alle ore sette del mattino e nuovamente alle ore tredici, quando anche l’ultimo granello di sabbia si era depositato sul fondo. Ruotare una clessidra del peso superiore alle otto tonnellate era un’impresa impegnativa, anche per uomini robusti e attrezzati con funi, tiranti e scale, che veniva eseguita con grande coordinamento e maestria sotto il controllo di persone fidate, scelte personalmente da Neferneferuaton. A questa operazione venivano adibiti un numero di schiavi non inferiore alla sessantina anche se la vita media era sulla trentina (nonostante l’impegno profuso non vedo nessuna connessione tra le due cifre: d’altronde mancava completamente la rete). 

La vita degli schiavi egiziani non era migliore di quella degli altri schiavi di altri regni. Gli schiavi alle sue dipendenze erano però dei privilegiati, lavoravano solo due ore al giorno, il tempo necessario per sbrigare le due rotazioni giornaliere. Su di loro pendeva, per così dire, non solo una ma tante spade di Damocle: ogni errore veniva punito severamente con venti frustate sulla schiena. Alla seconda mancanza venivano frustati con altre venti e mandati a trasportare pesanti massi, quelli che venivano utilizzati nella costruzione delle piramidi. 

Qui le frustate erano il pane quotidiano ma nessuno pregava il suo Dio per averne. Era una vita infernale: sole, sudore, stenti, erano la routine di tutti i giorni, domenica compresa. Anche la vita delle guardie non era invidiabile: frustare sotto un sole rovente schiavi per niente docili e collaborativi, senza nanche poter sperare in un avanzamento di grado o in un pinguino in grado di refrigerarli (non gli schiavi), era avvilente. 

Non si contavano gli schiavi periti, non perché in possesso di un titolo di scuola superiore ma perché passati proprio a miglior vita, che in questo girone infernale dovevano essere immediatamente sostituiti con forze fresche. Gli schiavi morti venivano considerati più fortunati di quelli vivi perché il supplizio terreno era finito, e questo grazie al Grande Dio Ra che li aveva amorevolmente sorretti nel loro lungo cammino di fede e che ora li attendeva nel nuovo mondo ultraterreno per un’altra vita di mer…aviglie, dove dovevano combattere e immolarsi nella dura lotta contro gli dei del Male, per poi reincarnarsi nella “nuova” veste di schiavi del Dio Uzmibukurg, un Dio sanguinario, non meno terribile di Ivan il temerario (o forse era terribile anche lui? Un dubbio davvero terribile il mio! Ora ricordo: Ivan era il terribile, il Duca di Borgogna era il temerario, se volete sapere di più chiedete al Prof. Barbero, io conosco solo Joe temerario, un brano di Ron, non è un personaggio storico però è un classico della musica italiana). Ritornando agli schiavi e alle loro successive reincarnazioni, il cerchio si era concluso: si perfezionava così la ben consolidata schiavitù circolare.

Neferneferuaton aveva visto morire tanti schiavi e questo non lo rattristava più di tanto perché tanto la loro vita contava tanto quanto quella di un pollo di batteria per noi: non tanto, anzi pochissimo o nulla, salvo poi dover far i conti, non solo una tantum, con il costo per la loro sostituzione. Anche oggi i dipendenti di una multinazionale dei pacchi non contano niente. Meno di un pacco e per questo che vengono licenziati non con una semplice e-mail ma con una mail spedita in un pacco al loro domicilio: da questo il modo di dire “mi hanno tirato il pacco “. Sono i nuovi schiavi digitali 4.0, ma anche 5.0 e 6.0 che dipendono da un algoritmo, ben peggiore di uno schiavista in carne e ossa perché quello potrebbe anche impietosirsi davanti a uno schiavo dai glutei marmorei. L’algoritmo mai: per via del ritmo infernale dell’algo-ritmo, algo-ritmo, ritmo!

Neferneferuaton era un uomo di mezza età, alto, di bell’aspetto, con un naso aquilino e con una barba lunga, curata; viveva in una dimora lussuosa, nelle vicinanze del Viale delle Venti Clessidre. Non se la passava male, il suo era un lavoro ben remunerato e i fondi che riceveva dal bilancio dello stato egiziano non dovevano essere rendicontati, così lucrare sugli schiavi era un gioco da ragazzi e a lui piaceva giocare un mondo, anche con i ragazzi. Era anche amante del gioco, oltre l’amante di tante donne amanti semplicemente del suo denaro; a mente fredda direi che a tutt’oggi nulla è cambiato per ludopatici e amanti, amanti del piacere e del denaro. 

Era l’uomo fidato del visir al quale doveva molto perché certe carriere fulminee non dipendono solo dalla bravura. Spesso una parola giusta, al momento giusto, fa la differenza, e quella del visir era stata determinante. Il Viale delle Venti Clessidre era un’opera davvero gigantesca e ingegnosa che soddisfò pienamente il faraone, e di cui, purtroppo, non sono rimaste tracce a testimonianza, mentre diverse leggende sono state tramandate di generazione in generazione superando l’oblio del tempo. Ramses II si complimentò con il visir, che a sua volta si complimentò con il solerte funzionario.Tutto era ormai collaudato e ogni giorno le ore scorrevano lente in quel sottile filo di sabbia che pareva non esaurirsi mai, le rotazioni venivano eseguite con maestria, gli ingranaggi di quella complessa macchina erano ben oleati e giravano a meraviglia, tanto che Neferneferuaton demandava i controlli a funzionari di sua fiducia; ora non si recava più tutti i giorni lungo il Viale delle Venti Clessidre perché tutto sembrava girare per il verso giusto. Sembrava.  

Il faraone odiava le sette, non perché preferisse alzarsi più tardi la mattina, chessò per le otto, è che odiava le sette perché già otto adepti potevano organizzare un complotto e da libero a galeotto il passo era breve. I complottisti si radunavano all’ombra di grandi massi di pietra e granito, quelli utilizzati normalmente per la costruzione delle piramidi, più aumentavano di numero e più avevano bisogno di massi più grandi: di massoni per l’esattezza. Ecco svelata l’origine dei massoni e della Massoneria ben prima del 1717, come datato nella storiografia ufficiale per le prime riunioni segrete avvenute a Londra. Terminate le piramidi, i pochi massi rimasti non bastavano più a coprire tutti i massoni, per questo i complottisti si ritrovarono alla luce del sole per poi scomparire in logge segrete e infine riemergere ai giorni nostri nella loggia “P2” o in quella “Ungheria”, in via Freguglia n.1 nella sede del Tribunale di Milano, guarda caso non molto distante da Viale Ungheria.

Notizie di efferate stragi si stavano rincorrendo in tutto l’Egitto ed erano giunte anche all’orecchio del faraone, purtroppo non so quale. Le scene che si presentavano davanti agli occhi delle guardie in tutti i luoghi delle stragi erano sempre la stesse, e non per questo meno raccapriccianti: teste mozzate e rapate con la scritta G & G. Questa era la firma inequivocabile della setta dei testimoni di Geo & Geo. Credere nella terra rotonda era la loro eresia, convinzione condannata dal faraone e da tutti i sacerdoti perché inconcepibile per le teste “quadrate” degli egiziani; le teste “rotonde” dei complottisti invece erano aperte al cambiamento, non credevano nella terra piatta perché la terra, per loro, era una sfera rotonda come tutte le sfere. O no? 

Serie: Le Venti Clessidre


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Discussioni

  1. Avevo messo solo un like, perché avevo letto la storia velocemente appena uscita perché non potevo aspettare di leggere questo epilogo del prologo. Ho riletto tutto con calma per godere appieno dei tuoi giochi di parole che sono secondo me fantastici… e comunque la seconda vita mer..avigliosa degli schiavi mi ha stesa! 😀

  2. Se fino a qui ho scritto cose poco serie, per te faccio una pausa e ti ringrazio seriamente. Adesso posso continuare tranquillamente col terzo capitolo col mio solito stile e con un giro di parole quasi infinito con grazia.

  3. Ciao. Ero tentata di evidenziare alcune frasi che mi sono piaciute, poi le frasi sarebbero diventate troppe e rischiavo di copiarti quasi per intero; percio`ho rinunciato.
    Di solito i libriCK che leggo mi ricordano qualche film, qualche romanzo o qualche autore famoso. Sai chi mi viene in mente quando leggo i tuoi? Il grande FABIUS P. In futuro, chissa´… qualcuno potrebbe riconoscere il tuo stile in un giovanissimo nuovo autore.