Esile vita
Il lampo illuminò il cielo riecheggiando nei pensieri dell’uomo. L’orrore era divampato con lo sfociare delle lacrime fino a svanire. Aveva una figlia maggiore ed una moglie con in grembo un bambino. Accadde tutto il nono mese di gravidanza. Era giunto il momento che nascesse. La donna si sdraiò sul lettino d’ospedale. Sua figlia maggiore era in classe intenta a studiare. Il lampo illuminò il cielo e l’ospedale cadde nel chaos mentre il nascituro diveniva tale. Le fiamme divamparono inviluppando l’edificio in una morsa di orrore. La donna tanto amata dall’uomo divenne cenere nonostante l’intervento dei vigili del fuoco. Il neonato, seme emerso dalle ceneri, crebbe con l’affetto del padre e della sorella. Irrigato dalle amare lacrime della vita. Dal seme della vita emerse esile il ramoscello del neonato quasi utilizzando il terreno del ricordo materno mai giunto. Le lacrime della sofferenza si trasformavano in affetto al tocco del bambino. Sul tavolino, dinanzi alla finestra, era posta la foto della madre intenta ad accarezzarsi il pancione, da quella stessa finestra era possibile vedere un alberello crescere. La madre fu cremata e le ceneri poste in giardino per far germogliare il più bello dei sempreverde. I giorni passarono e spesso il padre vedeva la figlia maggiore in giardino intenta a fissare la piccola pianta crescere. Calde lacrime le sgorgavano dagli occhi e giungendo sul mento, si facevano trascinare al suolo dalla forza di gravità, solo per poter essere afferrate dalla dolce mano del ricordo materno, ciò le causava un esile sorriso in viso.
La ragazza aveva quattordici anni e spesso si fermava in chiesa per pregare la madre ed avere l’esile speranza che ella potesse sentirla. I suoi coetanei non si curavano di questo, in classe veniva emarginata e derisa a causa del suo leggero sovrappeso, a volte addirittura disegnavano un maiale alla lavagna dicendo di averle fatto un ritratto. Sul web non era meglio. I social network tendevano a dar importanza all’aspetto fisico ignorando il resto. Durante l’anniversario del tragico incidente pubblicava dei post contenenti foto con la madre, i ragazzi commentavano con frasi tipo “ti sta aspettando in macelleria”. Lei era forte ma non abbastanza per sopportare tutto questo. Poi giunse quel giorno, il prete le si avvicinò mentre pregava la madre sperando di sentirsi meglio, il padre era caduto preda dell’alcolismo. Il prete la prese per mano e la spinse nel confessionale tappandole la bocca. Sentì le amare mani dell’uomo toccarla ignorando le lacrime e quel giorno se ne andò la sua innocenza. I suoi occhi smisero di emanare la luce della vita, le sue pupille erano spente, non riusciva più a guardarsi allo specchio.
Il piccolo paesino dove vivevano non avrebbe mai creduto alla violenza dunque tacque. I frequentatori della chiesa non erano molto svegli, pensavano che i bambini non battezzati vivessero in tribù nelle fogne nutrendosi di ratti e che la notte emergevano dal sottosuolo per mordere i credenti facendoli divenire atei. Una sera il padre della ragazza disse di averne visto uno dopo l’ennesima sbornia. Il bambino nel frattempo cresceva nella propria innocenza accanto all’albero materno. La notte la ragazza si sedeva dinanzi l’albero rammentando i dolci ricordi della madre, ricordava i suoi abbracci, le sue carezze, il suo sorriso mentre le diceva che fosse bella nonostante il leggero sovrappeso. Di solito quando finiva i ricordi prendeva la lametta, se la passava sul braccio sentendo il gelido metallo farla tremare, prima sentiva i brividi e poi giungevano i tagli. Si asciugava le ferite con le foglie dell’albero materno che come carezze toglievano il sangue, mentre udiva per le strade i seguaci del prete cercare i bambini delle fogne, spesso controllando nelle cucce dei cani rischiavano di farsi mordere.
Un giorno il padre decise di adottare un cane, il piccolo cucciolo lo teneva impegnato impedendogli di gettarsi troppo sull’alcool. Si chiamava Willy e veniva portato a spasso ogni sera, si addormentava accanto al padrone ogni notte e dava quel minimo di felicità possibile nella casa. L’albero materno li scrutava dal giardino. Il cane crebbe e ben presto divenne lui a portare a spasso il padrone. Un giorno, mentre portava a spasso Willy, sentì delle urla e vide il prete a terra dinanzi la chiesa. Dall’autopsia sembrò chiaro che fosse morto a causa di un tragico incidente. Inciampando in un tombino aveva sbattuto il cranio contro un idrante fracassandoselo. I seguaci del prete diedero la colpa alla cosiddetta “setta di bambini non battezzati” dicendo che lo avessero spinto muovendo il vento attraverso qualche strano rituale satanico. Ben presto crescendo la ragazza smise di farsi del male e trovò l’amore. Sfociò in una calda giornata d’estate. Il suo sguardo s’intersecò con quello di un ragazzo, davanti il supermercato del paese. Il cuore le batté all’istante facendola arrossire in viso. Lui, alto e moro, con uno sguardo glaciale. Lei, ferita all’interno, con tanto amore da concedere. I due iniziarono a frequentarsi e ad ogni abbraccio sentiva una ferita svanire. Il ragazzo le riaccese l’anima e le asciugò le lacrime dei vecchi dolori. I due animi s’intersecarono provocando la rinascita del cuore di lei. La faceva sentire bella come quando la madre le sorrideva aggiustandole i capelli.
Il bambino cresceva accanto alla madre, il padre uscì definitivamente dall’alcolismo e la sorella era finalmente viva. Una sera d’inverno il padre si addormentò con Willy in braccio. Sognò di portarlo a spasso. Sognò di accarezzarlo. Sognò di giungere con lui dalla moglie deceduta. Sognò di portarlo a spasso con lei. Willy invece sognò semplicemente di stare accanto al suo amato padrone. Il padre della ragazza aveva serrato le palpebre per l’ultima volta e Willy lo aveva seguito, voleva guidare il padrone verso l’amata perduta così come l’uomo si era preso cura di lui nella vita.
La ragazza partecipò al funerale con il proprio amato accanto, lui l’abbracciava ma lei sentiva solo le lacrime fuoriuscirle dagli occhi. Due giorni dopo scoprì di essere incinta e mesi dopo partorì, mentre il fratellino cresceva accanto all’albero materno. Si sposarono e dopo qualche settimana avvenne l’impensabile. Un automobile investì l’uomo uccidendolo. La ragazza crebbe il figlio da sola con il fratellino minore e l’albero materno. Ben presto giunse il momento di mandare il figlio alle scuole elementari. Dopo qualche anno scoprì che le maestre legavano il bambino alla sedia a causa delle proprie movenze femminili. Era effemminato e ciò dava urto alle maestre. Gli altri bambini, istigati dai genitori, lo prendevano ingiro emarginandolo. Un giorno tornò a casa da scuola con dei lividi, le maestre avevano alzato le mani. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Lo ritirò da scuola e se ne andò con il figlio, lasciando il fratellino a crescere con l’albero materno. La sera dopo, mangiando in un ristorante, morì sofficata a causa di una lisca di pesce.
Il bambino fu affidato ad una giovane coppia in un altra città, crebbe felice e giunto all’età di diciotto anni gli diagnosticarono una malattia terminale. Dopo innumerevoli ricerche giunse con il fidanzato nella casa dove aveva vissuto la madre. Il fratellino della madre biologica era ancora intento a crescere accanto all’albero della nonna. Cresceva poiché non poteva far altro, morto nell’incendio era stato cremato ed ora cresceva accanto alla madre, due alberi illuminati dal sole. Seme emerso dalla cenere divenendo un esile vite.
I due passarono settimane in quella casa, innamorati e senza vergogna. Poi una mattina il fumo avvolse tutto. I due alberi stavano prendendo fuoco assieme alla casa. A causa della malattia terminale non riusciva a muoversi ed il compagno si era slogato la caviglia inciampando nel mezzo del fumo.
I due si diedero un ultimo bacio piangendo e sorridendo.
Piangevano poiché il loro amore sarebbe finito quella sera, sorridevano poiché finalmente si sarebbe liberato da quell’atroce malattia terminale. I due si baciarono e dandosi il respiro a vicenda terminarono di vivere. I genitori adottivi fecero cremare i due corpi insieme e dalle loro ceneri emerse un esile alberello. Con il passare degli anni, guardando l’albero, sentivano sempre più la sensazione che l’amore esistesse per davvero, poi quella sensazione terminò con il calare della notte sulla coppia che aveva adottato il bambino. Un terremoto scosse la terra ed il paese dov’erano morti i due giovani sprofondò nelle tenebre.
Dopo qualche settimana una famiglia comprò la casa dei due genitori adottivi del bambino e sedendosi dinanzi l’albero, diedero nuovamente vita all’ennesima storia, breve ma tragica. La storia dell’ennesima esile vita.
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