Esofago

Ma perché non parla? Si chiedevano.

Forse è timida, provavano a rispondere.

No no, ma che timida, quella è tutta scema.

Lei li guardava e sorrideva. Si divertiva a vederli congetturare sui suoi silenzi. Si capisce molto delle persone quando cercano di classificarti e tu, anziché mostrarti, ti metti in ascolto.

E lei lo faceva, accidenti se lo faceva. Era il florido ritratto della dabbenaggine muta: sguardo perso, sorriso ebete, mani contorte e un leggero rossore sulle gote.

Non una parola. Solo qualche respiro appena più forte che, a ben guardare, tradiva la stancante acutezza di pensiero. Ma nessuno si dava pena di guardarla così e lei poteva ingannare tutti, persino sua madre.

Era a disagio sua madre a portarsela dietro. Avvertiva negli altri, in apparenza affabili e gentili, la sprezzante consapevolezza di essere migliori, di avere, grazie a Dio, figli “normali”.

Lo vedeva chiaramente il biasimo nel suo sguardo, così le sorrideva provando a spiegarle con gli angoli della bocca in su e gli incisivi grossi tra i denti da latte, che la vergogna è un sentimento fallace che toglie la voce e la compassione. Lei lo sapeva bene perché era proprio nella vergogna che inciampavano e annegavano le sue parole. Si ricacciavano in gola con la stessa veemenza con cui avevano provato a venir fuori. E non c’era verso di farle tornar su. Così, consapevolmente, aveva scelto di pensarle e di affidarle agli occhi e al sorriso, scordandosi delle corde vocali e di tutto quello che produceva rumore. E fatica. E distrazione.

Poi arrivò un uomo, un maestro, che spiegava dannatamente bene la storia, l’italiano e le scienze che lei adorava. Così, davanti all’inesattezza di un suo compagno di classe, non riuscì a trattenersi.

“Esofago” disse. Si voltarono tutti. Sorrise.

“Il tratto che collega la faringe allo stomaco, si chiama esofago.”

“Va avanti” disse lui, “Non fermarti.”

Lei pensò di essersi fottuta da sola per un cazzo di esofago.

Eppure sorrise e continuò.

Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Letto in un soffio, con piacere. La narrazione è pacata, ma non per questo poco efficace. Brava. L’unica cosa, se mi è consentita una notazione personale da lettore, credo che il pensiero della piccola sia un po’ troppo adulto, o forse c’è una contestualizzazione temporale che non ho colto… Tocchi un argomento importante e, a mio modo di vedere, avrebbe meritato un più ampio respiro. Grazie molte per la bella lettura

  2. “Si capisce molto delle persone quando cercano di classificarti e tu, anziché mostrarti, ti metti in ascolto.”
    Ho trovato questa lettura davvero piacevole. Chiara, pulita, diretta e “leggera” ma con verità importanti dentro. Questo passaggio in particolare mi ha subito colpita, in un mondo che fa così tanto rumore ci vorrebbe qualche silenzio in più a volte. Complimenti!

  3. Un racconto ben scritto che, in poche parole, parla senza giudizio di disagio, analizzando il concetto dal doppio punto di vista: di chi lo soffre e di chi osserva. La figura dell’educatore nel finale è molto efficace.

  4. Mi è piaciuto molto questo racconto. È semplice, essenziale, senza troppi giri di parole, e proprio per questo arriva dritto. Sai restituire bene il peso del giudizio, della vergogna subita e della forza silenziosa di chi osserva invece di parlare. Il passaggio del maestro è perfetto, perché dà spazio senza compatire. Quel “va avanti, non fermarti” vale più di mille gesti.

    Davvero bello, grazie per averlo condiviso.