Formiche

Una grossa formica nera percorreva di corsa il palmo della sua mano mentre la ragazza faceva ruotare il polso. Si infilava negli spazi tra le dita, saliva fino alla punta dell’indice e poi riscendeva. Forse cercava ancora l’odore delle compagne. Forse capiva di essere sola.

La rimise a terra e nel farlo sentì la pelle dei polpastrelli bruciare al contatto con l’asfalto rovente. Premette il palmo contro il suolo. Il sollievo fu immediato, come un bicchiere d’acqua fredda dopo una lunga camminata.

Mancava più di un’ora all’arrivo del treno. Si sedette per terra a gambe incrociate e si preparò all’attesa.

Guardò il metallo dei binari che luccicava sotto il sole e pregò che il treno non arrivasse mai. Partire in luglio, in quel momento le sembrò troppo ingiusto.

Nel labirinto della metro, sotto la città, c’era una signora piccola con la schiena curva. Aveva la faccia coperta di rughe e vendeva fiori.

Una volta un uomo in giacca e cravatta le aveva regalato un bocciolo di rosa, pagando cinquanta euro alla signora. Poi era salito sul primo treno, senza voltarsi e senza ascoltare i ringraziamenti.

La signora le aveva preso la mano. “Non puoi mai sapere cosa aspettarti dalla gente”, le aveva detto.

Le formiche procedevano in fila. Tutto quello che dovevi fare, per essere una brava formica, era saper seguire quella prima di te.

Il sole le faceva lacrimare gli occhi e la camicia bianca di cotone le si era appiccicata alla schiena. La pelle delle ginocchia scoperte scottava e cominciava ad arrossarsi.

L’ombra del pollice volò sopra la linea di formiche ignare. Fece cadere la mano e una di loro finì schiacciata sull’asfalto. Un minuscolo puntino nero, un ostacolo, ma facilmente superabile. La fila curvò lievemente a sinistra per evitarlo e proseguì.

L’uomo le si avvicinò abbastanza perché l’odore di vino e abiti sporchi le penetrasse nelle narici. Con quel caldo era quasi insopportabile, ma fece del suo meglio per fingere di non accorgersene. Doveva essere tremendo non avere accesso a una doccia fresca in estate.

Le chiese una moneta, sbiascicando e ondeggiando pericolosamente vicino al bordo del marciapiede.

La ragazza tirò fuori il portamonete dallo zaino e lo vuotò nella mano tesa dell’uomo.

“Meno male che ogni tanto c’è ancora chi ti aiuta.” disse più rivolto a se stesso che a lei “Oggi a me, domani a te. Non sai mai a chi tocca.”

Si voltò per andarsene, ma era troppo incerto sulle gambe. Rinunciò e si sedette a un metro da lei.

“Dove vai?” le chiese.

“Non ci ho ancora pensato.” gli rispose.

L’uomo aveva una casa, ma non ci voleva andare. Preferiva girare da solo. Tanto, diceva, alla fine che stai con la gente o che stai da solo sei solo lo stesso. Almeno se ti fai i fatti tuoi nessuno ti rompe le palle. Fai quello che vuoi. Se vuoi dormire dormi, se vuoi parlare parli, un boccone da mandar giù al giorno lo trovi sempre e il vino al discount non costa tanto. Dalla gente non sai mai cosa aspettarti, almeno così ti eviti le sorprese.

Attenzione. Treno in transito al binario uno. Allontanarsi dalla linea gialla.

La voce automatica interruppe il racconto dell’uomo.

La ragazza guardò l’orologio. L’una e trenta. Molto lontano sua madre stava buttando la pasta e strillando perché qualcuno andasse ad apparecchiare la tavola.

Il telefono nello zaino taceva ancora ma in compenso la voce dell’uomo riprese.

“E’ che a me alla fine mi è andata anche bene, che almeno non devo dar retta a nessuno. Uno deve poter fare quello che vuole. Tu per esempio chi te l’ho fa fare di stare sotto il sole? Perché devi andare al lavoro o a fare non so cosa. Io se sto sotto il sole è perché ci voglio stare, capisci la differenza?”

La capiva, ma non rispose. L’uomo non stava realmente aspettando una risposta.

Tra le assi dei binari spuntavano papaveri assetati, che cominciavano a muoversi leggermente segnalando così l’arrivo del treno, ancora distante.

Attenzione. Treno in transito al binario uno. Allontanarsi dalla linea gialla.

La ragazza si alzò in piedi. Le si erano addormentate le gambe e barcollò per un momento prima di ritrovare l’equilibrio.

“Perché se stai a dar retta a tutti,” stava dicendo l’uomo “alla fine non sei mai contento. Che ti sembra che sono brava gente, poi come ti giri si dimenticano.”

Attenzione. Treno in transito al binario uno. Allontanarsi dalla linea gialla.

“Perché non sai mai quello che ti puoi aspettare dalla gente. Io avevo un amico, che stavamo sempre insieme e faceva amicizia con tutti e che tutti gli volevano bene, che sembrava uno che era impossibile farlo arrabbiare e che qualunque cosa succedeva era sempre contento.”

Attenzione. Treno in transito al binario uno. Allontanarsi dalla linea gialla.

“Però anche se a uno lo conosci bene alla fine non lo sai cosa gli passa per la testa alla gente. E niente questo mio amico alla fine un giorno ha preso la sua roba e nessuno l’ha visto più”

Attenzione. Treno in transito al binario uno. Allontanarsi dalla linea gialla.

“Io pensavo che stava bene, e invece questo aveva tutti i suoi problemi e le cose nella testa che non riusciva neanche a dormire, e non lo diceva mai, e alla fine se ne è andato, andato davvero eh”.

Almeno venti formiche finirono schiacciate sull’asfalto bollente quando la scarpa da ginnastica della ragazza mosse il primo passo. Altri due e il fischio del treno le perforò i timpani. Poi lo stridio dei freni che raschiavano contro i binari. Avrebbe preferito continuare ad ascoltare il racconto biascicato dalla voce raspante dell’uomo.

“Andato, sì. E non se l’aspettava nessuno giuro. Non sai mai a chi tocca. Oggi a me, domani a te.”

I papaveri smisero di ondeggiare. L’uomo aveva finito il suo racconto e si allontanò per contare le sue monete. Le formiche, come sempre, procedevano in fila.

Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Molto bello il tuo racconto Federica. Scritto veramente bene, con un ritmo incalzante, a tratti rallentato dall’immagine delle formiche e della calura estiva. Ottimamente caratterizzato il personaggio maschile grazie al monologo. Mi piace molto come lo fai parlare, cambiando lo stile che diventa colloquiale. Mi piace immaginare che la protagonista su quel treno ci è salita, verso magari qualcosa di nuovo che lei si merita. Brava!

  2. Bel racconto, dal finale aperto alle interpretazioni. Mi è piaciuto come fai accelerare il tempo mentre l’uomo parla in alternanza all’annuncio, sembra proprio di vedere la scena.
    Cosa è successo? Perché? Non ce lo dici, ma ci lasci degli spunti quasi come indizi:
    Le formiche che devono preoccuparsi solo di andare una dietro l’altra; la mamma molto lontano, ma il telefono non squilla.
    Credo che alla fine non importi se la ragazza sia finita sotto il treno o sopra, non importa a nessuno. Si continua ad andare tutti in fila come le formiche.