GRIGORIY ISMAILOV

Quando aveva sette anni, Grigoriy Ismailov guardò il cielo stellato sopra la sua testa e disse a suo padre, con un tono serio e profetico: «Io un giorno lì sarò felice.»

Grigoriy Ismailov era sempre stato attratto dalle stelle, dai pianeti, da tutto ciò che era lontano e galleggiante nel buio dello spazio. Guardava i puntini luminosi incastonati nel cielo e si meravigliava quando suo padre gli raccontava che quello che agli occhi degli uomini sono piccoli diamanti incastrati nella volta celeste, in realtà sono oggetti astronomici di immense dimensioni, in continuo movimento. Era certo che la sua vita era destinata a inseguire quei corpi celesti e a scoprirne tutti i segreti.

In trentadue anni di vita, nulla lo aveva affascinato come l’astronomia e nessuna persona aveva conquistato il suo cuore. Grigoriy Ismailov aveva deciso di consacrare la sua vita al cielo, ma aveva sempre desiderato di scoprire anche cosa fosse l’amore. Quando con il suo telescopio osservava le stelle, desiderava avere qualcuno a cui indicare le costellazioni, narrare le storie dietro ai loro nomi, raccontare i propri sogni. Grigoriy Ismailov aveva cercato fin dall’adolescenza una persona che facesse nascere in lui lo stesso fuoco di passione che gli si accendeva quando parlava di pianeti e di navicelle spaziali, ma in trentadue anni di vita non gli era mai successo. Eppure, aveva a lungo cercato con attenzione, in innumerevoli parti del mondo. A diciott’anni abbandonò il suo piccolo paese nella Russia occidentale per trasferirsi a Mosca e iniziare l’università. Dopo la sua laurea, andò in Spagna a lavorare per l’ESAC, poi negli USA per collaborare con la NASA e infine si era stabilizzato a Colonia, in Germania, presso l’European Astronaut Centre, dove veniva addestrato per il suo viaggio su Marte.

In tutti questi luoghi, Grigoriy Ismailov, oltre alle stelle, aveva cercato l’amore, fallendo ogni volta. Guardava le persone intorno a lui e non provava nulla. Nessuna emozione nasceva in lui, non sentiva alcuna attrazione, anzi, quasi provava un senso di repulsione per gli esseri umani. Non riusciva a trovare bello nemmeno se stesso, nonostante tutti i complimenti che gli venivano rivolti. Aveva passato infinte ore a guardarsi allo specchio, forzandosi di trovare qualcosa di affascinante. Odiava la sua barba: i suoi baffi, folti e ben curati, erano l’unico modo in cui Grigoriy Ismailov riusciva a sopportare quella peluria inutile sul suo volto. I suoi denti bianchissimi gli sembravano innaturali, considerava le narici due grotte oscure e umide, le dita dei piedi e delle mani erano per lui simili a dei tentacoli corti, che non appartenevano al suo corpo. Degli esseri umani, non riusciva nemmeno a sopportare il carattere. La maggior parte di loro gli sembrava vuota; tutti rincorrevano qualcosa di effimero: bellezza, soldi, fama. Sprecavano la loro vita a cercare qualcosa che avrebbe concesso loro un frammento di felicità. Gli esseri umani, agli occhi di Grigoriy Ismailov, erano strani. Passano tutta la loro vita a inseguire il miraggio della perfezione, finendo per dimenticarsi della realtà, ritrovandosi improvvisamente vecchi e tristi perché tutto ciò che hanno fatto nella loro vita era correre verso il nulla. Quasi tutti gli uomini, secondo Grigoriy Ismailov, erano alghe: esseri viventi che vengono sballottati in ogni direzione dal vento e dall’acqua. Grigoriy Ismailov era convinto che dovesse esistere qualcuno simile alle stelle, che trovano in se stesse l’energia e la luce che le fa brillare in mezzo a miliardi di detriti.

Dopo trentadue anni senza amore, Grigoriy Ismailov aveva rinunciato a quella parte della sua vita. Forse gli esseri umani non sono capaci di amare realmente, forse lui non apparteneva alla Terra, forse lui era un alieno sul suo stesso pianeta.

Aveva deciso di consacrare la sua vita alla sua carriera, l’unica cosa che avesse mai amato. Il suo lavoro riempiva le sue giornate e gli regalava qualche goccia di serenità in quel mare in tempesta che era il suo cuore. Si preparava per il suo grande viaggio, quello che sognava fin da bambino, il viaggio che lo avrebbe reso finalmente felice. Mentre controllava tutti i comandi della sua navicella spaziale, si sentiva elettrizzato. Quando invece della calotta azzurra a cui era abituato vide il nero dello spazio, pianse per la gioia. Per la prima volta nella sua vita esclamò: «Che paesaggio meraviglioso!» Si sentì finalmente a casa. Aveva sempre saputo che apparteneva a tutto ciò che era esterno alla Terra e adesso ne aveva la conferma. Avrebbe voluto dire al piccolo Grigoriy Ismailov di avere pazienza, che un giorno sarebbe riuscito a trovarsi nel posto giusto.

Azionò il pilota automatico e si concesse il premio che meritava: osservare quell’incredibile miracolo in cui si trovava immerso. La maggior parte degli uomini prova un senso di vertiginoso smarrimento quando pensa all’infinito dell’universo, ma Grigoriy Ismailov trovava la sua reale dimensione in quello spazio senza fine e senza tempo.

L’armonia di Grigoriy Ismailov fu brutalmente interrotta da una luce rossa che iniziò a lampeggiare e dal suono di allarme che irruppe violentemente nelle sue orecchie. Andò subito nella sala comandi e cercò di capire cosa fosse successo alla navicella, senza però riuscirci: era come se l’intera struttura stesse cedendo. Provò a riprendere il controllo della navicella, ma ormai era chiaro che non c’era nulla da fare. Stava precipitando. Non capiva più dove era, ma quando vide davanti a sé il suolo che si faceva sempre più vicino, comprese che si sarebbe schiantato contro di esso e sarebbe morto. Poco prima dell’impatto chiuse gli occhi e sorrise, contento di potere almeno morire nel luogo che riconosceva come casa.

Aprì gli occhi lentamente. Ci vollero alcuni minuti prima che potesse mettere a fuoco la vista. Non riusciva a riconoscere il pianeta su cui era. Si alzò a fatica, sentiva le gambe deboli e molli come burro. Portò una mano sulla fronte per asciugarsi la goccia di sangue che sgorgava da una ferita sull’attaccatura dei capelli. Fece qualche timido passo, guardandosi intorno, e iniziò a piangere. Si dimenticò del buio dello spazio, era nulla in confronto a quello che vedeva ora. Foglie alte cinque metri con la punta arricciata si alzavano dal suolo rosa, avevano striature viola e verdi. Tante piccole abitazioni si ergevano sospese sopra di lui, nel cielo rosso. E vi erano tre, no, quattro lune azzurre. Crollò in ginocchio per la stanchezza e per l’emozione. Non riusciva a smettere di versare le sue lacrime, quell’esperienza estetica invadeva tutto il suo corpo e Grigoriy Ismailov la accettava, la accoglieva felice.

D’improvviso, sentì un rumore. Si voltò di scatto e vide la creatura più bella che avesse mai visto. Era ciò che aveva sempre cercato, ciò che aveva immaginato per anni e che era convinto non avrebbe mai trovato. La figura alta due metri gli si avvicinava con delicatezza. C’era qualcosa di regale nel modo in cui camminava sulle sue tre gambe. La sua carnagione viola era ricoperta di strisce bianche brillanti. Le sue orecchie a punta si congiungevano sopra la sua testa, creando quella che Grigoriy Ismailov paragonò ad un’aureola. La creatura gli rivolse la parola, la sua voce metallica e stridula risuonò nel cuore di Grigoriy Ismailov come la canzone più armoniosa che avesse mai ascoltato. Sebbene non parlassero la stessa lingua, i due riuscirono a capirsi. La creatura si prese cura di Grigoriy Ismailov, lo accolse nella sua comunità e gli offrì un posto in cui stare. Piano piano, Grigoriy Ismailov recuperò le forze e si rimise completamente. Nel suo periodo di convalescenza, imparò la lingua degli abitanti del pianeta in cui era precipitato. Parlava a lungo con Nyx, così si chiamava la creatura che l’aveva soccorso. Entrambi si accorsero presto di amarsi perché specchiandosi nei loro occhi, così diversi e peregrini, ciascuno di loro trovava se stesso. Grigoriy Ismailov scoprì l’amore e si dimenticò della Terra. Aveva trovato il suo posto, quel posto che da piccolo aveva identificato come il luogo che nascondeva felicità nascoste. Grigoriy Ismailov ormai pensava alla sua vita sulla Terra come ad un sogno, da cui finalmente si era svegliato per vivere davvero.

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Discussioni

  1. Un grande viaggio supersonico porta il protagonista lontano, molto lontano, per capire un’unità elementare di significato che era già presente prima del suo viaggio. Ma il percorso narrato per arrivarci è sublime e si tiene saldo su una scrittura rocciosa e concentrata.

  2. Delizioso.
    I mille colori dell’amore…..Grigoriy Ismailov e Nyx hanno trovato il loro, quello che va bene per entrambi.
    A proposito…: Grigoriy Ismailov e Nyx – hai trovato due nomi davvero belli.