Guerra e pace
Guardo fuori, attraverso i vetri della finestra, osservo i vasi dei fiori sul mio balcone. Giorni fa l’azalea era avvolta da una nuvola di fiori rosa. Oggi sono tutti mosci. Molti petali sono caduti. La pianta appare spelacchiata. Ci risiamo – penso – Un altro gavettone di acqua bollente. Il solito dispetto.
Accendo la TV: Lucia Goracci, nota giornalista RAI, parla delle numerose esperienze come inviata nei territori devastati dalle guerre. Pochi mesi fa, a Bucarest, è stata aggredita e sequestrata, mentre intervistava una senatrice, nota per le sue posizioni negazioniste rispetto al covid. Solo grazie a un intervento diplomatico è stata liberata dopo nove ore.
Ripenso poi a Ilaria Alpi, la giornalista assassinata a Mogadiscio nel 94, inviata per il TG 3, con il cineoperatore Miran Hrovatin, ucciso insieme a lei. Attraverso l’inchiesta di cui si stavano occupando, avevano scoperto un traffico internazionale di rifiuti tossici, prodotti dai Paesi industrializzati e riversati in alcuni Paesi africani, in cambio di tangenti e armi.
Mi viene in mente Stepanovna Politkovskaja, giornalista russa, nota per i suoi reportage sulla seconda guerra cecena e per le sue critiche contro Putin, uccisa a Mosca nel 2006, mentre tornava a casa.
Ripenso anche a Teresa Sarti, moglie di Gino strada, deceduta nel 2009, che ha contribuito a creare e a far crescere Emergency, la ONG che ha fornito assistenza medico-chirurgica a milioni di vittime della guerra.
E rivedo il volto segnato di Gino Strada, il suo sguardo provato da tutto lo spargimento di sangue, la carneficina a cui ha dovuto assistere, come medico chirurgo, che ha dedicato gran parte della sua vita per salvare vite umane. Milioni di feriti dalle mine antiuomo, (persino a forma di giocattolo), e da ogni genere di materiali esplosivi. Ripenso alle sue parole contro la guerra, parole dure, profondamente sentite, da chi ha toccato con mano gli orrori provocati dalla follia bellica.
Guerra e pace: sembra che l’umanità sia destinata a non potersi sottrarre a questa alternanza, anche in quest’era di grande progresso scientifico, culturale e tecnologico. L’Europa, finora, aveva trascorso molti decenni (quasi ottant’anni), senza grossi conflitti armati, a parte il massacro dovuto alle guerre civili interne all’Irlanda e alla ex Iugoslavia.
Noi donne e uomini di quest’era e di quest’area geografica, siamo persone che amano la pace, (almeno a parole), che preferiscono una vita comoda e tranquilla. Stressati si, ma solo dai ritmi frenetici che ci siamo imposti (non tutti), per avere più risorse economiche, più agiatezza, più beni di consumo, più viaggi, più vacanze, più case o case più spaziose. Non possiamo essere tutti eroi, avere il coraggio di Gino Strada, di Teresa Sarti, di Ilaria Alpi, di Miran Hrovatin, di Anna Stepanovna Politkovskaja o di Lucia Goracci. Di rischiare tanto non ci sembra il caso. A parte gli operatori volontari, religiosi e laici, che partecipano attivamente, soprattutto nelle ONG, per aiutare i profughi e le tante vittime di guerra, la maggior parte di noi assiste allo scempio della guerra, dal divano piazzato davanti alla TV; oppure dallo schermo di un computer o di un cellulare.
I popoli martoriati dalle bombe, vorrebbero anche loro, se non l’agiatezza, almeno salvare la propria vita, quella dei loro famigliari e dei loro fratelli, in senso lato. Fiumi di persone in fuga, che hanno deciso di abbandonare la loro casa, sia pure modesta, distrutta o danneggiata, prima o poi, dai bombardamenti.
Per la maggior parte di noi è difficile rinunciare alle nostre abitudini, alle nostre sicurezze, al nostro tenore di vita. Per pagare il mutuo della casa, per non andare incontro alla precarietà degli ammortizzatori sociali, siamo disposti a svolgere lavori che non ci piacciono. In certi casi (i più estremi), qualcuno preferisce fornire la sua manodopera per produrre bombe, piuttosto che restare disoccupato a medio o lungo termine. Basti pensare alle proteste dei dipendenti RWM (fabbrica tedesca con sede a Domusnovas in Sardegna), quando è stata prospettata la chiusura.
Per qualche oscura ragione di opportunismo, poco comprensibile ai più, qualcuno, di recente, ha sostenuto la candidatura, per eleggere il nuovo inquilino del Quirinale, di un grande amico del personaggio che sta terrorizzando non solo gli Ucraini, ma anche noi occidentali e gli stessi abitanti della Russia. Quest’ultimo venne definito, dall’amico che ambiva alla presidenza della Repubblica italiana, “Un dono del Signore”. Qualcun altro, invece, dichiarava di voler cedere Mattarella, in cambio di mezzo Putin. La lista completa degli elogi pronunciati dai cosiddetti amici, (pentiti e non), sarebbe troppo lunga da elencare.
Ora siamo tutti preoccupati. Ci dispiace tanto per coloro che sono costretti ad abbandonare le loro case; per quelli che verranno uccisi, feriti, fatti prigionieri e torturati. Siamo persone sensibili, ma soprattutto irascibili, e lo saremo ancora di più, quando dovremo pagare un costo molto elevato, per sanzionare i colpevoli di quest’ultima tragedia umanitaria. Non siamo eroi, non siamo temerari e, possibilmente, non vorremmo rinunciare a niente né per i vicini di casa, del condominio o del quartiere; figuriamoci per un popolo che non confina neppure con l’Italia. Tutt’al più facciamo la nostra piccola offerta con un SMS, o magari con una chiamata da rete fissa, a favore degli sfollati; così la nostra coscienza è a posto. Non perderemo l’appetito e non ci imporremo di mangiare meno. Il Papa aveva chiesto un giorno intero di digiuno e di preghiere. Chissà quanti, tra milioni di cattolici praticanti, hanno messo in pratica seriamente, questo piccolo sacrificio. Qualcuno, probabilmente, ha fatto il furbo. Solo liquidi: un cappuccino dopo l’altro, con tanto zucchero e schiuma e magari un biscottino, che si sciolga bene nel latte e diventi liquido. Le preghiere per il popolo ucraino sono state sicuramente più numerose; tanto chiedere non costa niente.
Non rinunceremo ad acquistare ciò che ci pare e piace; finché possiamo, anche a costo di fare debiti. Le donazioni più cospicue a favore dei profughi le lasciamo ai ricchi. Loro qualche volta le fanno, per farsi pubblicità, per avere sgravi fiscali o perché, ogni tanto, un lavaggio di coscienza, con l’ammorbidente, ci vuole. Se non riusciremo a dormire sereni, pensando alla guerra, sarà soprattutto per la paura dovuta alle minacce di eventuali offensive con armi nucleari.
Noi donne e uomini e non solo cittadini italiani, non abbiamo una grande capacità di tolleranza o di indulgenza verso il prossimo; però vorremmo la pace. Per questo motivo partecipiamo spesso alle marce, alle manifestazioni in piazza, alle proteste civili contro i conflitti armati.
Ci scagliamo spesso, quasi quotidianamente, a torto o a ragione, contro qualcuno che ci ha scavalcato o tagliato la strada. D’altro canto, il rispetto delle regole, necessario per una pacifica convivenza civile, è considerato spesso, non un obbligo morale, ma un’opzione facoltativa, per i più “fessi”. Perdiamo le staffe facilmente per la presunta lentezza degli impiegati addetti a svolgere un servizio pubblico. Usiamo toni alti, se non il turpiloquio, a ogni piè sospinto. La gentilezza, la pazienza e l’empatia, non sono beni di largo consumo: sono diventati beni extra lusso; però vorremmo la pace.
Disarmare è uno dei verbi più pronunciati di questi ultimi giorni. Se l’impresa non fosse, purtroppo, ancora un’utopia, non basterebbe comunque. Anzitutto i trattati non sempre vengono rispettati. Nel 2019, l’accordo per l’abolizione dei missili a media e lunga gittata, è diventato carta straccia.
La corsa agli armamenti, (anche in Europa), con stanziamenti in continua crescita, è stata, negli ultimi tempi, sempre più sfrenata. Uno dei pochi Paesi al mondo che non dispone di un esercito (da più di settant’anni), è il Costa Rica. Molti altri piccoli stati affidano la difesa alle forze armate di altre nazioni. Persino la tanto declamata neutralità della Svizzera, non manca di una strategia difensiva. Se davvero vogliamo la pace nel mondo, ciascuno di noi dovrebbe imparare ad avere più stima verso se stesso (considerando che ognuno si qualifica per ciò che fa), più rispetto per i nostri famigliari, per i nostri colleghi, per i nostri vicini…
La guerra e la violenza tra le mura domestiche avviene spesso senza fucili, né pistole. Le risse in strada sono all’ordine del giorno. I dispetti e le vendette tra condomini fanno parte della guerriglia urbana quotidiana.
La mia azalea sul balcone è una delle vittime minori di questa malvagità. La mia reazione sarà inevitabile, puntuale e quasi immediata: cercherò di metterla al riparo, poterò i rami più danneggiati dall’atto vandalico, verserò qualche fertilizzante naturale, la bagnerò con acqua fresca di sorgente e aspetterò, con pazienza, che rifiorisca.
Mentre mi muovo per andare verso il terrazzino, mi viene da cantare “Mettete dei fiori nei vostri cannoni…” – poi non so come continuare – ma subito dopo, mi vengono in mente altre parole: “ma note musicali, che formino gli accordi, per una ballata di pace”. Una vecchia canzone di Sanremo del 67, interpretata da I Giganti, che si intitolava “Proposta”. Mi sembra ancora una buona idea. Io intanto, continuerò a curare i miei fiori: il loro profumo si diffonderà nell’aria, anche verso i balconi più in alto e verso chi, tante volte, ha provato a bombardarli, con l’acqua bollente.
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Purtroppo siamo ancora dominati da quel piccolo cervello primo primigenio che per primo si è sviluppato al nascere della nostra razza: quello rettiliano. Non c’è vero, arte, bellezza, che possa metterlo a tacere definitivamente.
Siamo soliti dimenticare che tutto può succedere e che a tutto dovremo prestare attenzione. Fino a poco tempo fa, l’Ucraina era consigliata da molti come paradiso per trascorrere una serena vecchiaia (complice il carovita). Dovremo fare più attenzione al mondo, e mettere davvero quei fiori nei cannoni
Mi è scappato un “primo di troppo ” 😉
Dopo molti secoli di progresso che ha prodotto e costruito, piu´ o meno quanto ha distrutto, sembrerebbe arrivata, per dirla con le parole di Mauro Corona(titolo di un suo vecchio romanzo), “La fine del mondo storto”.
Ma forse ancora qualcosa si puo´ fare: bisognerebbe invertire la rotta, accettare serenamente la decrescita felice e puntare di piu´ sullo sviluppo spirituale. Non in senso religioso, ma semplicemente umano. I gesti, le parole e l’esempio di genitori, insegnanti, Maestri vari e anime “illuminate”, puo´ fare molto. Se qualche diavolo d’ uomo in carne ed ossa ce ne lascera´ il tempo.
Ciao.🙏
Una riflesisone molto interessante, un’accusa alle contraddizioni della nostra società, non si riesce a convivere serenamente con il nostro vicino, come sarà possibile immaginare un mondo di pace e fratellanza? Forse è solo una sogno er sciocchi, ma io sono un sognatore e cerco di fare ogni giorno la mia parte, prima o poi saremo la maggioranza, no ?
Grazie Alessandro per il tuo commento e per la condivisione di intenti. Spero, per tutti noi, che la parte di umanità non violenta, che vuole la pace e cerca di diffonderla, riesca ad evitare “La fine del mondo storto”, come lo aveva chiamato Mauro Corona, in un suo libro del 2010.
Bella riflessione. Ho apprezzato particolarmente la descrizione della nostra società.
Grazie. In realta’ temevo che qualcuno potesse sentire offeso. La mia intenzione non era tanto quella di puntare il dito, quanto quella di invitare tutti ( me compresa), a fare del nostro meglio, ora e sempre.
Vista la cronaca degli ultimi giorni mi sembra di assistere alla TV:
“Scherzi a parte” per l’inimmaginabile invasione,
“I nuovi mostri” per il principale responsabile,
“La Corrida” per i troppi politici “dilettanti allo sbaraglio”,
“Bolle and friends” per le piroette a 180° fatte da alcuni politici per far dimenticare quanto affermato finora.
“Guerra è Pace’ mi è piaciuto davvero.
Grazie, credo che i nostri punti di vista siano spesso piu’ convergenti che divergenti.