Höllenengel: Il Fantasma del Passato
Londra, ottobre 1953.
La Duchessa aveva ricevuto un telegramma: la parola *Höllenengel*, seguita da una data, un’ora e il luogo dell’incontro. Quella parola era un presagio di sfortuna, un fantasma che riprendeva materia, da cui non poteva nascondersi.
La nebbia dominava lungo lo Strand, accarezzando gli edifici anneriti dal fumo, dove ancora erano visibili i segni della guerra. Le luci fioche dei lampioni tremolavano sui marciapiedi, mentre una Bentley del ’47, laccata di nero ossidiana, si accostava davanti alla sede della Midlands Security Bank. All’interno, una figura femminile avvolta in una pelliccia di zibellino osservava l’edificio con uno sguardo di ripudio, come chi avrebbe preferito trovarsi ovunque, fuorché lì.
La Duchessa di Hamilton non era cambiata dai giorni del Blitz. Gli stessi occhi di ghiaccio. Lo stesso portamento nobile, indifferente al logorio dei decenni. Solo qualche ciocca d’argento in più, ma nessuna ruga fuori posto. Nella Bentley, ad attenderla, sedeva Caligary, un uomo che aveva scambiato il fuoco delle spie per l’odore del cuoio e della benzina, ma che portava ancora negli occhi il riflesso di operazioni non dichiarate.
Accanto a lui, i due Pomerania della Duchessa, Milou e Gilda guaivano piano, quasi percepissero l’odore del passato: un odore di ferro e segreti.
“Vostra Grazia, siamo arrivati” disse l’autista in livrea, senza distogliere lo sguardo dallo specchietto retrovisore.
La Duchessa lo ignorò. Indossò i guanti neri, aprì la portiera e scese, come se il tempo stesso si fosse inchinato al suo passo. Attraversò l’atrio in marmo della banca, dove un portiere dal volto scheletrico riconobbe in silenzio la sua figura.
Nel caveau, il Direttore un uomo magro con i baffi, che odorava di carta timbrata la condusse a una cassetta di sicurezza che non veniva aperta dal 1941.
La Duchessa prese tra le mani la piccola scatola d’acciaio, graffiata e priva di marchi. La fece scivolare nella sua borsa e, dopo aver congedato il Direttore, ritornò verso la macchina.
“Il pugnale dell’aria.”
Non era un’arma. Era una chiave. Una chiave capace di aprire molte porte e, mai come ora, sarebbe stata indispensabile a Caligary. Hess era stato solo l’ignaro postino di quel pacco, nel suo folle volo dalla Germania nazista verso la Scozia. Una pedina in un gioco più grande di lui.
Fu Caligary, allora giovane agente svizzero sotto copertura nella RAF, a recuperarlo dai rottami dell’aereo atterrato o meglio, precipitato nei pressi della tenuta degli Hamilton. E fu a lei, la Duchessa, che lo affidò. Perché solo lei poteva nasconderlo dove nemmeno Churchill avrebbe osato cercare.
Caligary, nella Bentley, fissava l’orologio da taschino.
Quando la Duchessa tornò, l’autista era un omone dai lineamenti latini, aprì lo sportello con la puntualità di un vecchio rituale.
“Ecco. Spero che ne valga la pena” disse lei, sedendosi accanto a Caligary, con le ginocchia elegantemente serrate.
“Non sa quanto, Margareth” replicò Caligary, prendendo l’oggetto per poi farlo scomparire nella tasca interna del soprabito.
Londra, 1941.
L’operazione era classificata. Nessuno sapeva nemmeno di aver portato con sé un documento destinato non alla Gran Bretagna… ma alla Svizzera. Un dossier chiamato *Höllenengel*. Se quel microfilm fosse caduto in mano alleata, la guerra avrebbe cambiato forma. L’MI6 aveva ordinato di distruggere tutto ciò che riguardava la missione di Hess. Ma Caligary, uomo di segreti, non distruggeva mai nulla.
“Abbiamo finito?” chiese la Duchessa.
“Sì” rispose Caligary, con gli occhi velati da un ricordo.
I Pomerania si accoccolarono sulle ginocchia della Duchessa, come a volerla confortare.
“Presto riceverà in deposito la cifra pattuita, più un bonus per il disturbo, sul conto di suo marito presso la Banca del Gottardo. Dovrebbero bastare per riscattare quelle lettere compromettenti che Hess inviò a Stalin, in cui parlava di suo marito come di un ‘compagno amico’.”
“Grazie” rispose la Duchessa.
La Bentley partì, inghiottita dal traffico, diretta verso l’aeroporto privato, dove un aereo senza insegne attendeva il fantasma per portarlo il più lontano possibile da lei.
Dietro, la città tremava ancora di ombre.
Ma un segreto in meno, quella notte, era tornato a dormire.
Ti piace0 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Discussioni